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Ecco le prove, l’agrochimica trucca gli studi sull’impatto del glifosato

Impatto del glifosato: i big dell’agrochimica hanno truccato gli studi
Foto di Erich Westendarp da Pixabay

Gli studi scientifici sull’impatto del glifosato hanno poco o nulla di scientifico

(Rinnovabili.it) – Gli studi scientifici sull’impatto del glifosato, commissionati dalle stesse aziende che producono e vogliono vendere fitosanitari a base di questa molecola, e utilizzati dall’Unione Europea per decidere le sue politiche in merito, hanno ben poco di scientifico. Sono condotti con metodologie molto discutibili e mancano di rigore scientifico. Di più: uno degli scopi principali degli studi è valutare se il glifosato è cancerogeno, ma chi li ha condotti non ha usato i test più comuni e affidabili per rilevare il rischio legato al cancro.

Chi valuta l’impatto del glifosato?

A scoperchiare il vaso di Pandora dell’affidabilità degli studi delle aziende chimiche è un rapporto di 187 pagine preparato dai ricercatori dell’Institute of Cancer Research della Medical University di Vienna (leggi qui il rapporto, in inglese). Un documento importantissimo perché è riuscito a fare quello che finora, nonostante mille sforzi, era stato impossibile: avere accesso diretto agli studi alla base delle decisioni di Bruxelles. Quelli firmati da colossi dell’agrochimica come Bayer, Monsanto, Dow. Mantenuti gelosamente sotto chiave per anni e inaccessibili a chiunque volesse fornire un parere terzo con questa motivazione: c’è il segreto industriale, impossibile renderli di pubblico dominio.

“La qualità di questi studi, non di tutti, ma di molti di questi studi è molto scarsa. Le autorità sanitarie hanno accettato alcuni di questi studi molto scarsi come informativi e accettabili, il che non è giustificato da un punto di vista scientifico”, ha detto al Guardian Siegfried Knasmueller, prima firma dell’analisi.

Gli studi analizzati dai ricercatori austriaci sono commissionati o direttamente condotti dai big dell’agrochimica come la Monsanto, oggi fusa con Bayer, ma anche Syngenta, Dow, e altre aziende coinvolte nella produzione o nella vendita di prodotti a base di glifosato. Tutti gli studi confermano la posizione delle compagnie, cioè che l’impatto del glifosato sul dna umano – e quindi il rischio di sviluppare il cancro – è inesistente se il prodotto è usato con certe modalità.

Il glifosato nelle istituzioni

Il glifosato è un agente chimico utilizzato nella grande maggioranza dei diserbanti diffusi sul mercato di tutto il mondo. Negli Stati Uniti, il più diffuso pesticida è il Roundup, prodotto dalla Bayern – Monsanto e utilizzato largamente nel settore agricolo, ma anche in quello privato o ricreativo (come ad esempio nei campi da golf). Da anni le ong ecologiste si battono per avere chiarezza e trasparenza, mentre l’agribusiness ha già preparato una molecola per sostituire il glifosato: il dicamba. Ma sull’impatto del glifosato è in corso un braccio di ferro anche in Europa.

Attualmente, l’uso del glifosato in Europa è autorizzato fino al 15 dicembre 2022. La procedura di autorizzazione, l’ultima volta (2017), è stata un calvario. Le autorità politiche cercavano di far passare il sì come una decisione dei tecnici. I comitati tecnici, invece, prendevano tempo aspettando che fosse la politica a dire la parola definitiva. Alla fine l’ok è arrivato. E a metà giugno di quest’anno l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha deciso di far ripartire la procedura per rinnovare l’autorizzazione. Su cosa si baserà stavolta la valutazione dell’impatto del glifosato, resta da vedere.

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