Rinnovabili • Piante e riscaldamento globale Rinnovabili • Piante e riscaldamento globale

Il riscaldamento globale fa spostare le piante

Il riscaldamento globale ha un effetto decisivo sulle piante, che sono costrette a spostarsi verso aree più fresche. Quelle che sono già in montagna saranno allora destinate ad estinguersi? Una ricerca condotta nel Cerrado brasiliano ritiene che circa 150 specie perderanno più del 70% del loro areale entro il 2040

Piante e riscaldamento globale
Immagine di Freepik

Come cambieranno i paesaggi naturali?

Come reagiscono le piante al riscaldamento globale? Il cambiamento climatico porta con sé effetti tali da incidere in modo determinante sul comportamento delle piante e quindi sul futuro della vegetazione. In questa corsa per la sopravvivenza ci saranno vincitori e vinti, avverte una ricerca condotta dall’Università di Exeter (Regno Unito), dall’Università Statale di Campinas (Brasile), dal Royal Botanic Garden di Edimburgo e dal Trinity College di Dublino.

La savana tropicale del Cerrado brasiliano

Nella savana tropicale brasiliana del Cerrado, caratterizzata da una grande biodiversità di flora e di fauna, vive il 5% di tutte le specie del Pianeta: il WWF ritiene che sia la savana biologicamente più ricca presente al mondo. Vi si trovano circa 12mila specie di piante da fiore, quasi come la foresta pluviale amazzonica.

Cerrado significa “chiuso”, infatti l’area è coperta da una vegetazione intricata. Si estende in Brasile, Paraguay, Bolivia e in parte della foresta amazzonica.

Il tasso di deforestazione del Cerrado è altissimo per lasciare il posto alle coltivazioni intensive di soia per alimentare il bestiame. La conseguenza logica è anche il depauperamento dei suoli sottoposti a sfruttamenti intensivi e quindi all’uso di pesticidi e fertilizzanti.

Facile capire che, dopo aver messo a repentaglio la biodiversità dell’intera area, la situazione del Cerrado influisce anche sul riscaldamento globale.

Leggi anche “Allarme rosso” per il clima: cosa ci dicono i record di riscaldamento globale del 2023?

L’areale geografico, comfort zone delle diverse specie

Ogni specie animale e vegetale ha un suo areale geografico: una comfort zone dove ha le condizioni migliori per vivere. Il gruppo di ricerca ha preso in esame più di 7mila specie di piante e ha stimato quali potrebbero essere i cambiamenti dovuti al riscaldamento globale entro il 2040.

Le specie vegetali sopravviveranno al riscaldamento globale se avranno modo di spostarsi. Come osservano i ricercatori, quando il clima si riscalda gli areali delle piante si spostano in cerca di zone più adatte. Se in pianura è troppo caldo, le piante tendono a salire in cerca di fresco; ma quelle che già sono in montagna dove andranno? Non potendo salire oltre saranno condannate all’estinzione?

Dalle proiezioni dei ricercatori emerge che circa 150 specie perderanno più del 70% del loro areale, quindi andranno incontro a una drastica riduzione entro il 2040. Diminuirà la diversità vegetale nelle pianure, poiché alcune specie non potranno sopportare le mutate condizioni climatiche. Un grave impoverimento per il Cerrado, e non solo.

Leggi anche Riscaldamento globale, l’Italia chiude l’inverno con +2,19°C

Distruzione diretta della savana e riscaldamento globale

Quello che a noi sembra uno scenario cupo, per gli scienziati è addirittura ottimista perché hanno considerato solo il fattore cambiamento climatico e non hanno analizzato l’interazione tra specie, che potrebbe riservare qualche sorpresa.

A quello che è un processo di cambiamento veloce ma graduale determinato dal cambiamento climatico si aggiunge una concausa altrettanto grave e con soprattutto con effetto immediato: la distruzione diretta della savana per coltivare soia o far pascolare il bestiame. Questa variazione del paesaggio, inoltre, rende anche più complicato spostarsi in altre aree.

Winners and losers as global warming forces plants uphill è il titolo della ricerca riportata da “Science Daily”. Lo studio è finanziato dal WWF, dagli alumni dell’Università di Exeter, dal Natural Environment Research Council (NERC) e dalle agenzie brasiliane di finanziamento della ricerca FAPESP e CNPq.