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Il legame tra conflitti e insicurezza alimentare

«Conflitti e fame sono strettamente intrecciati. Come in ogni crisi, sono i più poveri e vulnerabili ad essere colpiti più duramente, e nel nostro mondo globalizzato, l’impatto di questa guerra si ripercuoterà su tutti i continenti». La preoccupazione del presidente dell’IFAD è purtroppo reale, perché i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa importano da Russia e Ucraina più della metà delle loro forniture di cereali

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Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

(Rinnovabili.it) – Conflitti e insicurezza alimentare sono due facce della stessa medaglia che danno origine a un problema globale che si chiama crisi umanitaria. Oggi ci troviamo davanti alla tragedia più imponente che si sia verificata in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale.

La guerra in corso in Ucraina sta provocando un’impennata dei prezzi delle materie prime e una carenza delle colture di base come i cereali.

Di questa situazione, unita all’incerto approvvigionamento di materie prime energetiche, sta facendo le spese il mondo intero: che ci piaccia o no, è un effetto della globalizzazione.

Tuttavia, come sempre gli effetti più drammatici ricadono sulle popolazioni più vulnerabili.

Russia e Ucraina sono i principali fornitori globali di cereali e di altre materie prime. La Russia è leader per i fertilizzanti (già prima del conflitto, l’aumento del prezzo dei fertilizzanti aveva determinato l’aumentato dei prezzi degli alimentari del 30%).

Il blocco delle esportazioni sta mettendo in crisi i mercati mondiali dal punto di vista economico, industriale e alimentare.

La situazione dei Paesi in via di sviluppo

Nei Paesi in via di sviluppo – per i quali l’impatto del Covid e dei cambiamenti climatici costituiscono un bagaglio pesantissimo da sopportare – l’aumento dei prezzi delle materie prime aumenterà il loro debito.

Questo limita automaticamente le prospettive di crescita, oltre ad accrescere ulteriormente i livelli di insicurezza alimentare.

I conflitti, quindi, generano effetti a catena: inflazione, povertà, insicurezza alimentare, migrazioni e instabilità sociale.

L’OCSE stima che la guerra in Ucraina avrà gravi effetti sull’economia globale. Nel 2023 la crescita economica globale sarà inferiore di almeno un punto percentuale rispetto alle previsioni e l’inflazione globale potrebbe aumentare di altri 2,5 punti percentuali.

Attualmente una persona su dieci nel mondo non ha abbastanza da mangiare. Il Covid e il cambiamento climatico hanno precipitato nella povertà e nella fame milioni di persone.

È evidente che questo conflitto – che è una tragedia per le persone direttamente coinvolte – sarà catastrofica per il mondo intero.

Garantire l’accesso alle risorse

Come si è già visto durante la pandemia, è importante garantire alle persone l’accesso immediato a risorse che permettano loro di essere resilienti davanti agli sconvolgimenti del mercato.

L’IFAD, ad esempio, si è subito attivato per proteggere i piccoli agricoltori e fare in modo che possano seminare per la prossima stagione e quindi garantire l’immediata sicurezza alimentare della comunità.

Inoltre, lavora per sostenere le comunità che accolgono i rifugiati: in pochi giorni sono arrivati milioni di profughi nei Paesi vicini all’Ucraina, un numero destinato a crescere se la guerra non finirà.

Con FARMS (Facility for Refugees, Migrants, Forced Displacement and Rural Stability) si occupa delle opportunità di sostentamento attraverso l’agricoltura per i rifugiati e le comunità di accoglienza.

L’azione dell’IFAD è ad ampio raggio: infatti sta intensificando il lavoro per ridurre le perdite post-raccolto, migliorare lo stoccaggio degli alimenti e rafforzare i mercati alimentari locali e regionali.

Gli effetti mondiali del conflitto

Ci sono aree del mondo in cui gli effetti del conflitto saranno particolarmente drammatici e non potranno far fronte a shock alimentari di lunga durata. I Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa importano da Russia e Ucraina più della metà delle loro forniture di cereali. Un esempio per tutti è l’Egitto, che importa l’85% del grano.

Il presidente dell’IFAD, Gilbert F. Houngbo, esprime grande preoccupazione: «Conflitti e fame sono strettamente intrecciati, quando uno si intensifica, l’altra di solito segue.

Come in ogni crisi, sono i più poveri e vulnerabili ad essere colpiti più duramente, e nel nostro mondo globalizzato, l’impatto di questa guerra si ripercuoterà su tutti i continenti.

Siamo molto preoccupati che un conflitto esteso in Ucraina possa limitare l’offerta mondiale di colture di base come grano, mais e olio di girasole, con conseguente aumento vertiginoso dei prezzi alimentari e della fame.

Ciò potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza alimentare globale e aumentare le tensioni geopolitiche».