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Il grano ucraino accende le proteste nell’Est Europa

Le importazioni di grano ucraino – più che raddoppiate dall’inizio dell’invasione russa ¬– stanno suscitando le proteste degli agricoltori dell’Europa dell’Est, che ha deciso di bloccarne il transito. Immediata la reazione di Bruxelles, mentre i Paesi più deboli restano senza forniture indispensabili alla sopravvivenza

grano ucraino
Foto di Melissa Askew su Unsplash

(Rinnovabili.it) – I flussi di grano ucraino sui mercati interni dell’Unione Europea stanno creando problemi agli agricoltori e sollevando questioni a livello comunitario.

L’Ucraina è diventata il terzo esportatore verso l’UE

Stando ai dati definitivi della Commissione Europea, nel 2022 l’Ucraina ha esportato grano verso il mercato comunitario per più di 13 miliardi di euro (6 miliardi in più rispetto al 2021).

Di fatto l’Ucraina è diventata il terzo fornitore di prodotti agroalimentari dell’UE, aumentando complessivamente il volume dell’export dell’88%.

Per quanto riguarda in particolare il grano, l’incremento di valore è del 100%. La nuova crisi del grano avviene per motivi opposti a quelli del 2022: lo scorso anno l’export ucraino era bloccato, adesso se ne esporta troppo.

Tutto è cominciato con l’invasione russa dell’Ucraina, quando l’UE decise di sospendere fino a giugno 2023 i dazi doganali sui prodotti agroalimentari ucraini (è stata già chiesta una proroga fino a giugno 2024).

I prezzi troppo bassi hanno alterato l’equilibrio del mercato

Questa situazione ha alterato gli equilibri dei mercati interni comunitari: l’eccesso di offerta a prezzi troppo bassi (ad esempio, il grano ucraino costa circa il 20% in meno rispetto a quello polacco) ha determinato un crollo dei prezzi negli Stati che confinano con l’Ucraina e la conseguente protesta degli agricoltori locali per i quali la coltivazione non è più sostenibile.

Il primo Paese a vietare l’importazione del grano e di altri prodotti agricoli è stata la Polonia, dove le proteste avvengono sullo sfondo delle elezioni del prossimo ottobre che impongono azioni decise per non perdere voti. È dalla Polonia, inoltre, che transita il 10% dei prodotti agroalimentari in arrivo dall’Ucraina.

Gli altri Paesi dell’Europa dell’Est hanno seguito a ruota la scelta polacca: prima l’Ungheria, poi la Bulgaria, la Romania e la Slovacchia.

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La reazione di Bruxelles

Immediata la reazione di Bruxelles: «La politica commerciale è una competenza esclusiva dell’Unione Europea, azioni unilaterali non sono accettabili.

In tempi così difficili è indispensabile coordinare e allineare le decisioni all’interno dell’UE», che – come ha precisato Josep Borrell, Alto Rappresentante per la politica estera europea – «continuerà a facilitare le esportazioni attraverso le sue corsie di solidarietà».

Confagricoltura ha preso una posizione precisa in merito, riconoscendo la legittimità del parere di Bruxelles ma sollecitando azioni tempestive per gestire una situazione che sta creando gravi disagi ai produttori.

In difficoltà i Paesi che dipendono dal grano ucraino

La questione è estremamente spinosa: è doveroso tutelare gli agricoltori europei, ma anche garantire il transito nei “corridoi di solidarietà” aperti dall’UE per dare un’alternativa alle esportazioni ucraine nei Paesi che dipendono totalmente dalle importazioni.

Le recenti contestazioni della Federazione Russa rendono incerto il futuro dell’accordo che ha permesso di far partire dai porti del Mar Nero il grano ucraino, che al momento arriva difficilmente ai mercati africani e mediorientali.

La FAO sottolinea che quella della sicurezza alimentare nei Paesi più fragili è una partita ancora aperta. Alla difficoltà di inviare le derrate alimentati, si aggiungono l’aumento del debito pubblico e il deprezzamento delle valute locali rispetto al dollaro e all’euro.