Rinnovabili

Il costo dell’energia pesa sull’agroalimentare

costo dell’energia
via depositphotos.com

Tra l’inizio e la fine del 2021 il costo dell’energia è aumentato del 120%. Il prezzo del gas è cresciuto da settembre ma la sua ascesa continuerà nel 2022, il costo del metano è quasi triplicato.

Sarebbe già abbastanza per trovarsi in difficoltà se non ci fosse anche un generale rincaro delle materie prime, fertilizzanti in testa, che sono aumentati del 150% in sei mesi.

Sostegno indispensabile per la tenuta del settore

Le principali associazioni di categoria non nascondono la loro preoccupazione per la tenuta del settore e per gli effetti sull’intera filiera agroalimentare, a fronte di aumenti diventati ormai insostenibili.

Pertanto richiedono un intervento del Governo a sostegno del settore, sia per contrastare il rincaro dell’energia sia per garantire la continuità degli strumenti creditizi nel momento in cui le aziende sono in grave difficoltà.

Tutti i settori sono in affanno, i primi effetti si sono già palesati. Gli imprenditori del florovivaismo, ad esempio, stanno abbandonando le coltivazioni in serra; stessa sorte per l’orticoltura e le primizie coltivate in serra che lasciano spazio a un ritorno alla coltivazione a freddo.

In sofferenza anche gli allevamenti, il prezzo dei cereali è schizzato come non mai.

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Le incertezze di un mercato globale

Le sementi di grano duro, dichiara Coldiretti, hanno subito un rialzo superiore al 35%, il grano tenero è a +15%. Sommando questi numeri al rincaro dell’energia, la produzione di grano costa agli agricoltori 400 euro in più a ettaro.

Poiché nel bene e nel male si deve ragionare in ottica globale, una ulteriore preoccupazione è data dalla situazione degli altri Paesi produttori, come il Canada: se ad esempio dovessero aumentare i raccolti, le quotazioni del grano – attualmente salite a 50 euro al quintale, eppure non coprono i costi di produzione – diminuirebbero, peggiorando la situazione dei nostri produttori.

Secondo Unaprol-Consorzio Olivicolo Italiano i rincari per i produttori di olio extravergine d’oliva sono nell’ordine di +12% dei costi medi di produzione. Sul settore olivicolo, al rincaro del prezzo del carburante si somma il costo dell’energia, del vetro (+15%) e della carta (+70%) indispensabili per l’imbottigliamento e il confezionamento.

Non va meglio per il pomodoro, una produzione che subisce anche i ritardi nella definizione di un accordo quadro tra produttori e industriali: senza intesa sui prezzi, le imprese agricole non possono programmare l’avvio delle colture.

Spingere verso le energie rinnovabili

Serve quindi «responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle, anche combattendo le pratiche sleali nel rispetto della legge che vieta di acquistare il cibo sotto i costi di produzione», ribadisce Coldiretti.

«Un maggiore impulso alle energie rinnovabili avrebbe attenuato gli effetti dei rincari delle bollette. Potenziare e accelerare gli interventi per l’installazione di rinnovabili nelle imprese agricole è quanto mai necessario oggi, a partire dall’autoconsumo e con particolare attenzione alle aziende che hanno maggiori consumi di elettricità e gas» sottolinea Confagricoltura.

Il sistema agroalimentare è il primo settore economico italiano, con un fatturato di oltre 540 miliardi di euro e 3,6 milioni di addetti. Il rallentamento o addirittura il blocco dei cicli produttivi in alcune filiere di trasformazione sono segnali da non trascurare: abbiamo visto durante la pandemia quanto sia di primaria importanza la tenuta dell’intero settore, che ha lavorato duramente per assicurare rifornimenti regolari ai consumatori.

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