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Il benessere animale è fatto anche di rispetto

Un documento di Slow Food si interroga sul significato profondo di benessere animale. Il rapporto con l’animale deve prevedere anche il rispetto nei suoi confronti, ma purtroppo il dilagare degli allevamenti intensivi non lo ritiene una priorità. Intanto le coltivazioni intensive di mais e soia stanno portando l’equilibrio ambientale verso il disastro

Foto di Pfüderi da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Si parla spesso, e giustamente, di benessere animale. Gli animali domestici vivono accanto all’uomo da più di 10mila anni. Un’amicizia ricambiata in cui non si devono perdere di vista diritti e doveri.

Dal benessere animale al rispetto

Quale benessere vogliamo garantire agli animali, domestici e non? Da questa domanda parte Oltre il benessere: gli animali d’allevamento meritano rispetto – Documento di posizione di Slow Food sull’allevamento, che spiega con precisione i vari aspetti che riguardano il rapporto uomo-animale. Non una posizione di pregiudizio, ma un’analisi lucida dei pro e dei contro per quanto riguarda l’alimentazione sana e l’inquinamento ambientale, aspetti di cui il benessere animale è parte integrante.

Se gli animali selvatici sono a rischio di estinzione, quelli domestici sono diventati in un certo senso nostri “prigionieri”. Pensiamo a quello che succede negli allevamenti intensivi, dove vivono milioni di capi, spesso rinchiusi in gabbie, privati della libertà, destinati all’alimentazione umana.

Ci sono leggi che difendono il diritto degli animali a non soffrire e a vivere dignitosamente, ma in realtà «in molti allevamenti del mondo gli animali non hanno diritti».

Secondo il documento di Slow Food non dobbiamo rinunciare ad allevare gli animali, ne risentirebbe l’equilibrio dell’ecosistema, dobbiamo allevarli con rispetto.

Consumi in crescita

I più grandi consumatori di carne del mondo sono gli Stati Uniti, seguiti dall’Europa. Con la crescita demografica è aumentata la domanda di carne: negli ultimi sessant’anni è quintuplicata e crescerà ancora perché dove migliorano le condizioni economiche le diete si “occidentalizzano”. Pensiamo alla Cina, dove il consumo di carne sta crescendo vertiginosamente, o agli altri Paesi in via di sviluppo che stanno seguendo il medesimo trend, seppure in proporzioni inferiori.

Per il 2050 si stima una crescita della domanda di prodotti lattiero-caseari del 74% e di carne del 48%. Secondo la FAO, nel 2030 il 41% delle proteine animali consumate saranno avicole: carne meno costosa e ritenuta più sana. Con queste cifre è evidente che la superficie agricola non sarà sufficiente a nutrire il bestiame. Al momento in circa un terzo dei terreni coltivabili le colture sono dedicate alla produzione di mangimi mentre la crisi climatica ridurrà progressivamente le rese.

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Parola d’ordine: concentrare

Da alcuni anni la parola d’ordine è concentrare, ovvero ridurre il numero delle aziende e aumentare i capi negli allevamenti. È superfluo sottolineare che i piccoli allevamenti sono stati travolti da questo sistema. Per dare un’idea delle dimensioni, in Cina il 40% dei suini proviene da allevamenti con più di 1000 scrofe, e una sola azienda produce più di 30 milioni di maiali all’anno (il 21% di quelli allevati negli USA); il 29% del latte proviene da 25 aziende che allevano circa 68mila capi ciascuna. In Europa tre quarti della produzione viene da aziende di grandi dimensioni che hanno portato alla chiusura di quelle piccole. Negli USA ci sono aziende che allevano animali ma non svolgono attività agricola, ovvero non producono alimenti per il bestiame ma lo ingrassano con mangimi provenienti dall’esterno.

Cosa caratterizza l’allevamento intensivo? Poche razze selezionate per alta produttività e minori costi di produzione, gli animali vivono ammassati, hanno vita più breve, prendono ormoni per crescere più velocemente e antibiotici per evitare il diffondersi di malattie, l’alimentazione altamente proteica è fatta di mais, soia e mangimi di origine animale fatti con scarti industriali. I cereali, le leguminose, il fieno e la paglia spesso provengono da luoghi lontani; mais e soia sono coltivati in monocoltura, spesso Ogm. Il danno ambientale è evidente: deforestazione, alto consumo di acqua, fertilizzanti, erbicidi e pesticidi.

I costi nascosti per la salute umana

Sistema zootecnico e monocolture producono il 14,5% dei gas serra. Ma ci sono i costi nascosti che impattano sulla salute umana. Ad esempio, le zone ad alta densità di allevamenti intensivi – è il caso della Pianura Padana – sono ricche di particolato atmosferico, particolarmente nocivo per l’uomo. Il 60% delle malattie infettive emergenti sono trasmesse dagli animali all’uomo e da 80 anni sono in crescita: gli allevamenti intensivi, specie di polli e suini, sono un luogo di sviluppo e diffusione delle zoonosi.

Il disboscamento, l’estrazione mineraria e l’espansione agricola nelle terre selvatiche causano sconvolgimenti ecologici; l’insicurezza alimentare accresce la richiesta di animali selvatici e aumenta il contatto con l’uomo. Senza arrivare ai tropici, la cattiva gestione degli animali selvatici ha portato la peste suina anche in Italia: non è contagiosa per l’uomo, ma ha gravi conseguenze per gli allevamenti suini.

Foto di Hans da Pixabay

One Health, One Welfare

Il termine One Health indica la correlazione tra uomo, animali ed ecosistema; l’approccio One Welfare, complementare a One Health, enfatizza la necessità di una visione più ampia del concetto di salute per cui il benessere dell’uomo e dell’ambiente sono fondamentali per promuovere il benessere animale.

Il ruolo della terra è indispensabile per la produzione di tutti gli alimenti. Un suolo sano, fertile e ricco di biodiversità influenza positivamente sia la salute umana che quella degli animali, un suolo impoverito ha bisogno di reintegrare la sostanza organica con i fertilizzanti. Un suolo con meno del 2% di sostanza organica (in Italia l’80% dei terreni è sotto questa soglia) è impoverito.

Dopo decenni di agricoltura intensiva, si prevede che entro il 2050 il 90% dei terreni potrebbe essere irrimediabilmente degradato, con evidenti problemi per le coltivazioni; d’altra parte il raddoppio dell’uso dei pesticidi tra il 1990 e il 2019 un segno lo ha lasciato. Il pesticida più venduto al mondo è il glifosato, che l’International Agency for Research in Cancer (IARC) ha classificato come “probabilmente cancerogeno”, e ancora non è chiaro quale sia l’effetto dell’assunzione accumulata nel tempo. Inoltre, le sostanze chimiche di sintesi sono responsabili della moria di api e altri animali impollinatori, che svolgono un lavoro fondamentale per le colture che compongono la nostra alimentazione.

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Il ruolo del pascolo per la salute dell’ecosistema

Un pascolo ben gestito – sia in pianura che nelle aree montane – è importante per un allevamento sostenibile e per la salute dell’ecosistema. I pastori sono custodi del territorio: puliscono il sottobosco, controllano i canali di scolo e gli argini, hanno una funzione di prevenzione per frane e incendi, la rotazione degli animali secondo la disponibilità di spazi e le stagioni contribuisce alla rigenerazione dei terreni e alla biodiversità. Va sottolineata la riduzione dei pascoli e l’aumento degli animali allevati, un disaccoppiamento che il cambiamento climatico aggraverà.

Il documento di Slow Food evidenzia il valore ambientale del pascolo, perché favorisce lo stoccaggio del carbonio (in alcuni casi anche più delle foreste), offrendo un contributo alla soluzione della crisi climatica. Bisogna però ripensare a quali animali allevare, perché non tutte le razze sono adatte al pascolo.

La biodiversità animale

Nei millenni le razze animali si sono adattate al cambiamento di climi e ambienti diversi, ma molte di esse sono a rischio estinzione. La FAO ha censito 7.745 razze locali in tutto il mondo. 594 si sono già estinte, molte sono a grave rischio di estinzione (25% avicole, 83% bovine, 44% caprine, 50% suine). La perdita di biodiversità animale è dovuta alla crescita dell’allevamento intensivo: poche razze, più produttive, facilmente gestibili in stalla con processi meccanizzati e quindi meno forza lavoro. Negli Stati Uniti le aziende industriali allevano tre sole razze (Angus, Simmenthal e Hereford) e il 90% delle vacche da latte sono di razza Frisona. Le razze locali sono ritenute meno produttive e meno redditizie: in realtà i costi di gestione sono inferiori perché hanno sfruttano bene il pascolo, possono stare all’aperto, sono più resistenti, fertili e longeve.

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Gli animali sono esseri sociali

Gli animali hanno bisogno di relazioni sociali intense tra loro e con gli allevatori per vivere in armonia. Il grooming, ossia il prendersi cura uno dell’altro, fa parte di una sana vita all’aperto. Anche la riproduzione dovrebbe avvenire in modo naturale: il ruolo del maschio adulto dà stabilità e protezione al branco. Gli animali allevati all’aperto, inoltre, dimostrano di avere comportamenti più attivi.

Vivere ammassati porta gli animali all’aggressività. Per questo negli allevamenti industriali le mutilazioni (tagliare il becco o la coda, castrare, decornare) sono ritenute necessarie per evitare che gli animali si feriscano. Un allevamento rispettoso del benessere animale dovrebbe cambiare la gestione in modo da evitare le mutilazioni. Per quanto riguarda la castrazione, normalmente avviene chirurgicamente. In alcuni Paesi (non UE) vengono somministrate dosi ripetute di un vaccino che inibisce l’azione degli ormoni maschili, ma non è ancora chiaro quale sia l’effetto nel tempo sui consumatori.

Foto di Marco Massimo da Pixabay

Condizioni di vita

La longevità degli animali cambia a seconda del tipo di vita che fanno: ad esempio, le mucche da latte seguono una dieta iperenergetica per produrre più latte possibile e raramente escono dalla stalla. Le razze allevate con metodi estensivi possono vivere anche 15 anni, quelle degli allevamenti intensivi dopo quattro anni circa vengono macellate. Attualmente nell’UE oltre 300 milioni di animali vivono nelle gabbie, una pratica che in Europa dovrebbe cessare nel 2027, ma rimarrà nel resto del mondo. Negli allevamenti intensivi gli animali giovani e maschi rappresentano un problema. Vengono allontanati dalla madre a poche ore dal parto: per non sottrarre latte alla produzione aziendale sono alimentati con latte in polvere, appositi succhiatoi o vacche balia. I pulcini maschi, che non produrranno uova, vengono direttamente soppressi. La loro carne sarà trasformata in farina per l’alimentazione animale.

Alimentazione

La buona alimentazione degli animali (a base di fieni, cereali e legumi) comincia dalla corretta gestione agronomica dei terreni e dei pascoli. Gli allevamenti intensivi ricorrono a monocolture di cereali con conseguenze devastanti per l’ambiente: basta pensare che in Sudamerica la superficie destinata alla coltivazione di soia è cresciuta di 200 volte dagli anni Sessanta (a costo di una deforestazione selvaggia), e il 75% è destinata all’alimentazione animale.

Il mais, alla base dell’alimentazione umana dei Paesi più poveri in Africa e America Latina, è impiegato per il 63% dal settore zootecnico. La maggior parte di soia, mais e altri prodotti per la zootecnia sono Ogm, ritenuti negli anni Novanta la soluzione contro il cambiamento climatico, i parassiti e l’uso di diserbanti. A distanza di tempo si è visto che la fame non è diminuita, l’uso di pesticidi e diserbanti è aumentato, alcuni insetti stanno diventando resistenti e si perde biodiversità. Infine non è ancora evidente quale sia l’impatto sulla salute.

Antibiotici e ormoni

Il 73% degli antibiotici usati nel mondo è impiegato in zootecnia per curare e prevenire le malattie degli animali. Questo è diventato un problema globale perché i batteri si adattano alle nuove condizioni. Le resistenze si trasferiscono dagli animali agli uomini e gli antibiotici perdono di efficacia. Un rapporto dell’EFSA (The European Union Summary Report on Antimicrobial Resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food) evidenzia che il numero di patogeni resistenti agli antibiotici è in crescita, sia negli allevamenti che tra le persone.

Ogni anno si registrano circa 700mila vittime di infezioni che non è stato possibile curare. Di questo passo, si stima che l’antibiotico resistenza sarà la prima causa di morte nel 2050. Senza un freno stabilito dai governi, l’uso degli antibiotici continuerà a crescere con gravi conseguenze per gli esseri umani. Ma anche migliori pratiche di gestione degli allevamenti ne renderebbero superfluo l’utilizzo indiscriminato. In alcuni Paesi si fa largo uso di ormoni per stimolare la crescita degli animali. L’UE ne vieta l’uso: numerosi studi ne hanno accertato che sono cancerogeni e possono portare a pubertà precoce.

Cosa c’è nei mangimi?

I mangimi industriali “completi” contengono di tutto: materie prime vegetali e animali, residui di macellazione, sottoprodotti industriali, conservanti, farine di pesce, carcasse di animali, perfino residui di deiezioni animali. Tutto debitamente trattato per renderlo commestibile. Le analisi hanno rilevato la presenza di metalli pesanti, micotossine, batteri, diossine. Dopo l’epidemia di BSE (la cosiddetta mucca pazza), l’UE ha vietato alimentare animali con derivati da ruminanti ed ha emanato una direttiva sulle sostanze proibite nei mangimi, ma in molti altri Paesi la situazione non è affatto chiara. Come avviene per gli esseri umani, animali nutriti in modo sano si ammalano più raramente e quindi hanno meno bisogno di farmaci. Pascolare è una fonte di benessere per gli animali, che sanno selezionare le erbe più adatte al loro equilibrio.

La macellazione e il trasporto

Il rispetto per gli animali deve durare dalla nascita alla morte. Nei grandi centri di macellazione – che hanno soppiantato i piccoli macelli locali, collegati ai piccoli allevamenti di razze autoctone – è venuta meno l’attenzione agli animali, sottoposti a stress e sofferenze inutili per rispettare tempistiche e contenimento dei costi. Parliamo di impianti che macellano anche 5 milioni di suini l’anno (Cina) o addirittura 13 milioni (USA). La crescente richiesta di carne, e quindi la sua commercializzazione, fa sì che gli animali siano trasportati – sia da vivi che macellati – su lunghe distanze. Per gli animali il trasporto è un momento traumatico: non sono abituati a viaggiare sui veicoli, stipati in spazi angusti, disidratati e vulnerabili ai contagi. Sarebbe preferibile allevarli e macellarli vicino al luogo di nascita.

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L’etichetta dovrebbe raccontare il benessere animale

Non sempre i piccoli allevamenti garantiscono il benessere animale, ma in quelli intensivi non è una priorità. Il comportamento degli addetti, che devono essere adeguatamente formati, aiuta a stabilire con gli animali una relazione positiva. I consumatori europei sono molto attenti al benessere animale, ma chi lo garantisce? L’etichettatura in Europa ancora non prevede che sia indicata l’origine dei prodotti di origine animale, solo le uova riportano un codice alfanumerico che identifica l’allevamento di provenienza. Le etichette della carne bovina fresca non indicano cosa l’animale ha mangiato, se ha pascolato, che sostanze ha assunto, se viene da un allevamento intensivo. Il marchio del biologico prevede un livello elevato di benessere degli animali.

In Italia, ad esempio, FederBio ha sviluppato uno standard ancora più severo, “High Welfare FederBio”; il marchio di agricoltura biodinamica Demeter richiede anche il rispetto di una filosofia che vede l’azienda agricola come un ecosistema integrato e in equilibrio; il marchio Agricoltura Simbiotica certifica la sostenibilità delle produzioni agricole e delle pratiche zootecniche.

Sarebbe importante arrivare a una visione condivisa a livello europeo. La strategia europea Farm to Fork ritiene l’etichettatura una preziosa fonte di informazioni per il consumatore sia per i prodotti agricoli che zootecnici, ma di fatto ha lasciato libertà di azione ai singoli Stati, e questo non potrà che generare confusione tra i consumatori. Sono necessari strumenti normativi flessibili, perché le regole di un grande allevamento non sono adatte a uno di piccole dimensioni.

Rinunciare alla carne nella dieta?

Una dieta equilibrata deve prevedere anche la carne, fonte insostituibile di proteine. L’importante è che sia di buona qualità e che si integri con pesce, verdure e cereali integrali. Per questioni ambientali si sta sperimentando la carne coltivata in laboratorio, che potrebbe diventare un’opzione nel futuro. Ma la sua composizione è ricca di additivi e di elementi di cui ancora non si conosce l’effetto sulla salute. Le tecnologie evolvono velocemente, le informazioni non altrettanto. La produzione della carne sintetica richiede grandi quantità di energia ed eliminare gli animali comporterebbe conseguenze ambientali e culturali da non trascurare. Non dimentichiamo infine che dietro ci sono potenti corporation che guardano più al profitto che al benessere dell’uomo e del Pianeta.

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Rinnovabili • Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie

Incentivi fotovoltaico, tutti i bonus 2024 per privati e famiglie

Dal reddito energetico ai nuovi incentivi per l’autoconsumo virtuale, dal bonus fotovoltaico al 50% ai contributi regionali. Ecco una guida completa ed aggiornata a tutti gli incentivi dedicati al fotovoltaico in Italia per famiglie e privati

Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie
Guida agli incentivi per il fotovoltaico residenziale 2024

Guida completa e aggiornata agli incentivi statali e regionali per il fotovoltaico 2024

Anche nel 2024, in Italia, i privati cittadini possono dotarsi di un impianto fotovoltaico facendo affidamento su una serie di sussidi dedicati, dai bandi regionali ai contributi statali. Abbiamo raccolto tutti gli incentivi al fotovoltaico 2024 in una guida, per offrire una panoramica completa e aggiornata degli strumenti di agevolazione finanziaria e fiscale attualmente in vigore e delle modalità per accedervi.

Incentivi al fotovoltaico 2024 per privati e famiglie: bonus e contributi statali

Tra fine del Superbonus 110% e nuove configurazioni dell’energy sharing, i regimi incentivanti per il fotovoltaico dei privati cittadini stanno mutando rapidamente. Oggi la tendenza generale è quella di premiare gli impianti solari in autoconsumo e mettere in campo nuovi strumenti contro la povertà energetica. Dagli ecobonus edilizi “rimaneggiati” al pannelli solari gratuiti per le famiglie a basso reddito, ecco come stanno cambiando gli incentivi per il fv residenziale.

Fotovoltaico gratuito, i contributi del Reddito Energetico (ISEE) 

Una delle grandi novità in tema di incentivi statali al fotovoltaico domestico è il Reddito energetico nazionale 2024. La misura permette di ottenere, per alcune fasce economiche della popolazione, pannelli fotovoltaici domestici in maniera gratuita grazie ad un contributo in conto capitale. Con l’obiettivo più ampio di riuscire a realizzare nell’arco di due anni – il 2024 e il 2025 – circa 31mila impianti solari residenziali al servizio di famiglie in condizione di disagio economico. Budget stanziato per il biennio: 200 milioni di euro.

Beneficiari: possono fare richiesta del Bonus Fotovoltaico Reddito Energetico tutti i nuclei familiari con ISEE inferiore a 15.000 euro; oppure inferiore a 30.000 euro ma con almeno 4 figli a carico. L’incentivo è destinato al Soggetto realizzatore dell’impianto.

Tempistiche: le domande per gli incentivi possono essere presentate dal 5 luglio 2024 fino al 31 dicembre 2024, o fino ad esaurimento fondi. Dopo solo 24 ore gli 80 milioni destinati alle Regioni del Sud e le Isole sono andati esauriti. Ad oggi rimangono unicamente quelli per il resto dell’Italia.

Tipologia di intervento: Il bonus Reddito energetico 2024 incentivata i sistemi fotovoltaici residenziali su coperture e/o superfici di edifici con taglia compresa tra 2 e 6 kWp. Il contributo prevede una quota fissa massima di 2.000 euro più una quota variabile di 1.500 euro per ogni kW di potenza installata. Le agevolazioni previste dal Reddito Energetico Nazionale non sono cumulabili con altri incentivi pubblici.

Come fare domanda: L’istanza per il Reddito energetico deve essere inoltrata direttamente dalla piattaforma dedicata del Gse (Gestore dei Servizi energetici), previa iscrizione o identificazione con SPID. L’installazione di moduli fotovoltaici sul tetto va considerata manutenzione ordinaria e pertanto ricade nelledilizia libera che non richiede nessuna autorizzazione o atto amministrativo necessario per procedere immediatamente.

Fotovoltaico gratuito, i contributi del Reddito Energetico (ISEE) 

Bonus Fotovoltaico 50%  

Noto anche come Bonus Casa 50% o Bonus Ristrutturazione, questo contributo permette di portare in detrazione il 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) in caso di interventi di ristrutturazione edilizia. Ma nella lista di lavori rientra anche l’acquisto e l’installazione di impianti fotovoltaici residenziali.

Beneficiari: Possono portare in detrazione le spese sia i proprietari di singole unità abitative, sia i condomìni per le parti in comune.

Tempistiche: le agevolazioni per i pannelli fotovoltaici rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2024 (salvo proroghe).

Tipologia di interventi:  La detrazione fiscale si applica sulla spesa per impianti fv su tetto, balconi e persino le facciate degli immobili, sistemi di accumulo compresi. Coperto anche anche un eventuale ampliamento dell’impianto solare a patto che la potenza di picco resti sotto i 20 kW. Limite massimo di spesa: 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. Questo incentivo permette ancora di optare tra cessione del credito o sconto in fattura, ma unicamente per gli interventi effettuati prime del 16 febbraio 2023, o entro la cui data siano stati stipulati contratti vincolanti. 

Come fare domanda:  La richiesta della detrazione IRPEF deve avvenire tramite la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per usufruire del bonus fotovoltaico al 50% è necessario:

  • il bonifico parlante, 
  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti i requisiti tecnici dei lavori eseguiti,
  • la congruità delle spese con computo metrico,
  • l’APE,
  • l’invio della comunicazione della scheda tecnica all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Per approfondire le modalità di richiesta, leggi Bonus ristrutturazione, cosa accade se il bonifico parlante non coincide con il beneficiario.

Bonus Fotovoltaico 50%  

Superbonus 70% per il fotovoltaico residenziale

Il Bonus fotovoltaico 2024 più famoso in ambito residenziale rimane quello definito “super”. Ma abbandonato una volta per tutte il generoso e complesso 110%, il Superbonus per gli interventi di riqualificazione energetica in edilizia, pannelli solari per privati compresi, scende all’aliquota 70%. Tra tutti gli incentivi al fotovoltaico 2024, questo contributo è in assoluto il più generoso ma presenta anche rigidi paletti.

Beneficiari: possono portare in detrazione le spese i condomìni e le persone fisiche per interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari distintamente accatastate. 

Tempistiche: il Superbonus 70% rimane in vigore fino al 31 dicembre 2024, poi l’aliquota si abbassa al 65%.

Tipologia di intervento: il Bonus Fotovoltaico al 70% copre le spese sostenute nel 2024 per l’installazione di impianti solari, accumuli compresi, anche se i lavori non vengono effettivamente eseguiti nel medesimo anno. Con l’obbligo però di migliorare la certificazione energetica (APE) dell’immobile di almeno 2 classi. Il massimo che può essere detratto è 2.400 euro per ogni kW di potenza fotovoltaica installata, entro un massimo di 48.000 euro. In alcuni casi è ancora possibile chiedere la cessione del credito 2024.

Come fare domanda: Anche in questo caso la richiesta della detrazione IRPEF avviene tramite la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per usufruire del bonus fotovoltaico al 70% è necessario:

  • il bonifico parlante, 
  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti i requisiti tecnici dei lavori eseguiti e la congruità delle spese con computo metrico,
  • l’APE,
  • l’invio della comunicazione della scheda tecnica all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili e l’Autoconsumo Diffuso 

Una forma di incentivi fotovoltaici 2024 molto convenienti è stata introdotta dal nuovo Decreto CACER e premia l’energia generata da impianti solari (ma non solo) e condivisa virtualmente nei gruppi di autoconsumo diffuso e nelle comunità energetiche rinnovabili (CER). Il regime prevede una tariffa premio riconosciuta sull’energia condivisa incentivabile e un corrispettivo di valorizzazione ARERA a rimborso di alcune componenti tariffarie (nel 2023 è stato di 8,48 euro/MWh).

Beneficiari: possono richiedere gli incentivi i condomìni nel caso dell’autoconsumo diffuso, i privati cittadini per le CER.

Tempistiche: la misura è già in vigore e può essere richiesta fino al trentesimo giorno successivo alla data di raggiungimento dei 5 GW incentivati totali; o in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2027.

Tipologia di intervento: Possono essere incentivati unicamente impianti entro 1 MW di potenza unitaria. La tariffa premio per il fotovoltaico delle CER e dei gruppi di autoconsumo varia a seconda della zona geografica e si suddivide in una tariffa fissa, legata alla potenza dell’impianto, e una tariffa variabile in funzione del Prezzo zonale.

Tabella incentivi al fotovoltaico nelle configurazioni di autoconsumo virtuale
Tabella incentivi al fotovoltaico nelle configurazioni di autoconsumo virtuale

Come accedere: L’invio della richiesta di accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso può essere fatto solo dal Soggetto Referente e l’istanza deve essere trasmessa tramite il Portale informatico del GSE “SPC-Sistemi di Produzione e Consumo”. 

Incentivi per l'Autoconsumo Fotovoltaico: CER e autoconsumo diffuso 

Incentivi per pannelli fotovoltaici nel Conto Termico 3.0 

E’ ancora presto per poter richiedere queste agevolazioni ma è opportuno parlare anche della proposta di Conto Termico 3.0, schema che modifica l’attuale regime incentivante per le rinnovabili termiche. L’attuale bozza del provvedimento propone di ampliare gli interventi ammissibili, incentivando accanto alle fonti rinnovabili termiche anche l’installazione di pannelli fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, presso l’edificio o nelle relative pertinenze. A patto di sostituire contestualmente gli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti a pompe di calore elettriche

Beneficiari: La misura è aperta a privati, PA ed enti del terzo settore.

Tempistiche: Il Decreto Ministeriale è in fase di valutazione, dovrebbe entrare in vigore nel 2024 (salvo ritardi).

Tipologia di interventi: L’agevolazione è un contributo a fondo perduto (valore da definire). Attualmente sono in vigore incentivi che variano dal 40% al 65% della spesa sostenuta. Il Conto Termico è cumulabile con altri incentivi di natura non statale.

Come accedere: L’invio della richiesta di accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso può essere fatto solo dal Soggetto Referente e l’istanza deve essere trasmessa tramite il Portale informatico del GSE “SPC-Sistemi di Produzione e Consumo”.

conto termico 3.0

Fotovoltaico, gli incentivi regionali 2024

Non esistono solo gli incentivi statali. Diverse Regioni in Italia offrono oggi delle agevolazioni per i pannelli fotovoltaici, destinate a privati cittadini o comunità. E in molti casi i contributi sono cumulabili con le misure di supporto distribuite a livello nazionale. Vediamo nel dettaglio i bandi regionali 2024 che sostengono la crescita del fotovoltaico residenziale, assieme a tempistiche e modalità per presentare la richiesta.

Gli incentivi al fotovoltaico residenziale del Friuli Venezia Giulia

Il bando del Friuli Venezia Giulia ammette a finanziamento l’acquisto e installazione di impianti fotovoltaici con annessi sistemi di accumulo a batteria, realizzati a servizio di unità immobiliari a uso residenziale con categoria catastale da A1 ad A9 e A11 situati nel territorio regionale.

Beneficiari: Possono partecipare al bando del FVG le persone fisiche residenti nel territorio regionale, ma la richiesta deve essere legata ad un solo immobile.

Tempistiche: il bando regionale è stato lanciato nel 2023 ma le richieste possono essere ancora presentate fino alla fine del 2024.

Tipologia di intervento: gli incentivi sono concessi a fondo perduto nella misura del 40% del costo totale dell’intervento. Per un impianto fotovoltaico di taglia sotto i 800 W (compresi anche i sistemi fotovoltaici Plug and Play da balcone) è ammissibile un costo massimo di 1.720 euro; per un impianto di potenza pari o superiore a 800 W, è ammissibile un costo massimo di 3000 euro al kW (per un totale massimo di 18.000 euro).

Come accedere: la domanda di incentivo deve essere presentata esclusivamente “online” attraverso il sistema “ISTANZE ONLINE” della Regione. L’incentivo è cumulabile con le detrazioni fiscali nazionali e con altri incentivi, purché la somma delle agevolazioni ottenute non superi la spesa complessivamente sostenuta.

Emilia Romagna: Contributi per le Comunità energetiche rinnovabili

L’Emilia Romagna ha lanciato un Bando del valore di 6 milioni euro, per favorire lo sviluppo di CER, in coerenza con la L.R. 5/2022, attraverso la concessione di contributi economici a copertura dei costi per l’installazione degli impianti fotovoltaici di  accumulo dell’energia a servizio delle comunità energetiche stesse e delle relative spese tecniche.

Beneficiari: le Comunità Energetiche Rinnovabili ubicate sul territorio della Regione Emilia-Romagna.

Tempistiche: il bando dell’Emilia Romagna si è aperto il 12 giugno 2024 per chiudersi il 31 ottobre 2024.

Tipologia di intervento: Per ogni Impianto/Unità di produzione deve essere presentata una singola domanda di contributo ed è riconosciuto il 25% dell’importo minore tra: la spesa ammissibile effettivamente sostenuta per l’investimento e  il massimale di spesa ammissibile previsto per l’investimento. La percentuale di contributo riconosciuta per ciascun impianto potrà essere aumentata del 5% qualora la CER sia situata in aree montane ed interne del territorio regionale, oppure vi prendano parte Soggetti economicamente svantaggiati (ISEE fino a 15.000 €), o il progetto sia localizzato nelle aree interessate dall’emergenza alluvione del Maggio 2023.

Come accedere: La domanda di contributo dovrà essere trasmessa alla Regione tramite applicativo web Sfinge 2020. I contributi del bando sono cumulabili con altri aiuti di Stato.

Fotovoltaico residenziale, il bando 2024 della Toscana

Quest’anno la Toscana ha pubblicato il Bando contributi “Casa a zero emissioni” finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria nei 14 Comuni dell’area di superamento “Piana lucchese”. L’intervento stanzia 6 milioni di euro per interventi di dismissione di generatori di calore già installati e a uso residenziale a favore di pompe di calore ad alta efficienza, a cui possono essere aggiunti pannelli fotovoltaici con sistema di accumulo a batterie. 

Beneficiari: possono richiedere gli incentivi al fotovoltaico i cittadini residenti nei comuni Altopascio, Capannori, Lucca, Porcari, Buggiano, Chiesina Uzzanese, Massa e Cozzile, Montecatini Terme, Monsummano Terme, Montecarlo, Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano. Ma le richieste devono riferirsi ad un singolo immobile per famiglia.

Tempistiche: il bando è stato aperto il 15 febbraio 2024 e rimarrà in vigore fino a esaurimento fondi.

Tipologia di intervento: in caso di sostituzione di caminetto a legno o stufa a biomassa, il bando della Toscana permette usufruire di un contributi a fondo perduto fino ad un massimo di 3.000 euro per l’acquisto di un impianto fotovoltaico. Più altri 500 euro in caso di aggiunta di un sistema di accumulo. L’incentivo scende a 2.400 euro massimi in caso di sostituzione di un impianto a gasolio.

Come Accedere: solo online tramite la piattaforma di Sviluppo ToscanaLe agevolazioni sono cumulabili con gli incentivi nazionali del Conto Termico e degli ecobonus edilizi e possono essere incrementate in base all’ISEE.

Fotovoltaico Basilicata, il bonus 2024

Per il 2024 la Regione Basilicata ha messo a disposizione 15 milioni di euro con cui incentivare il fotovoltaico residenziale e altri impianti rinnovabili domestici. Alla cifra si aggiungono 24 milioni di euro per il 2025.

Soggetti beneficiari: proprietari o usufruttuari di immobili in cui gli stessi hanno la residenza.

Tempistiche: Il bonus fotovoltaico della Basilicata può essere richiesto dall’8 aprile fino al 31 dicembre 2025 o fino a esaurimento budget.

Tipologia di interventi: Il regime lucano assegna contributi a fondo perduto valido per impianti fotovoltaici con una potenza non inferiore a 3 kWp (5% di tolleranza). Il sussidio può arrivare fino a un massimo di 10.000 euro compresi i sistemi di accumulo.

Come accedere:  La procedura di prenotazione delle risorse è “a sportello”. Le istanze devono essere presentate attraverso la piattaforma “Centrale bandi” della Regione Basilicata.

Bonus fotovoltaico basilicata 2024

Incentivi al fotovoltaico 2024, il bando della Lombardia

La Regione Lombardia è storicamente uno delle amministrazioni territoriali che più ha incentivato il fotovoltaico residenziale. Dai bonus destinati ai pannelli solari sul tetto a quelli per l’accumulo fotovoltaico passando per i contributi elargiti alle comunità energetiche, la Regione si è sempre distinta. Divenendo non a caso, la prima in Italia per numero di impianti solari in esercizio e per autoconsumo solare. Nel 2024 lo slancio “locale” si è affievolito, per lasciare spazio ai nuovi sussidi statali. Reddito Energetico Nazionale e Bonus fotovoltaico 70% in primis. Ma qualcosa ancora persiste come nel caso del Bando Rifugi Alpini del valore di 5.000.000 euro, finalizzato a supportare interventi di ristrutturazione ed efficientamento energetico.

Soggetti beneficiari: Possono chiedere gli incentivi i gestori o i proprietari di rifugi alpinistici ed escursionistici di Comuni montani o parzialmente montani.

Tempistiche: le domande possono essere presentate a partire dalle ore 10.00 del 10 luglio 2024 ed entro le ore 16.00 del 31 ottobre 2024.

Tipologia di Intervento: Si tratta di una sovvenzione a fondo perduto di massimo 300.000 euro a per singolo rifugio. Gli incentivi supportano tra le altre cose, anche l’installazione di impianti fotovoltaici ed eventuali sistemi di accumulo. Ogni soggetto richiedente può presentare più domande nel limite dell’importo max. complessivo di 600.000 euro.

Come accedere: La domanda deve essere presentata esclusivamente mediante la piattaforma Bandi e Servizi della Regione Lombardia all’indirizzo www.bandi.regione.lombardia.it.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili del MASE è entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 2 luglio 2024. Ecco tutte le norme e la suddivisione regionale della nuova potenza verde

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore
le nuove norme del Decreto Aree Idonee 2024. Via depositphotos

Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Dopo un lungo periodo di rimpalli tra MASE (Ministero dell’Ambiente) e Regioni, il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili ha concluso il suo iter normativo. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2024, il provvedimento ministeriale è entrato ieri formalmente in vigore. Nato con l’obiettivo di fare chiarezza sulle aree da destinare o meno agli impianti eolici e fotovoltaici, il testo finale, tuttavia, non centra a pieno l’obiettivo. Il braccio di ferro innescato da poter centrale e potere locale ha ottenuto come risultato quello di demandare il peso delle decisioni più importanti alle amministrazioni regionali. Senza compiere di fatto quella semplificazione e omogeneizzazione inizialmente sperata.

Ma il decreto in questione è molto di più. Nelle sue pagine sono infatti contenute le nuove quote di Burden Sharing, ossia le ripartizioni regionali dell’obiettivo nazionale per la capacità rinnovabile 2030. Nel dettaglio le 19 Regioni e le due Province autonome di Trento e Bolzano dovranno spartirsi 80 GW di potenza verde attesa per la fine del decennio.

Decreto Aree idonee 2024, cosa contiene il testo

Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è composto da 9 articoli in totale, suddividendo le norme in due capitoli: la ripartizione della potenza fra regioni e province autonome; i principi e i criteri per l’individuazione delle cd. aree idonee.

La disciplina è stata voluta dal decreto legislativo n. 199 del 2021, ma nella pratica avrebbe dovuto rispondere ad un bisogno “storico”. L’obiettivo iniziale era, infatti, quello di ridurre al minimo quegli spazi di dissidio che hanno connotato in passato il rapporto tra livelli di Governo proprio in riferimento al tema delle FER.

Tuttavia il provvedimento risponde anche ad una seconda esigenza, ossia dividere tra i territori quegli 80 GW di potenza verde che il Belpaese dovrebbe installare entro la fine di questo decennio. Nel dettaglio a ogni regione è stata assegnata una capacità minima da raggiungere annualmente, a partire dal 2021. Nel conteggio annuale rientrano tutti i nuovi impianti e i progetti di potenziamento. Sia terra che in mare. Ma vediamo la ripartizione nel dettaglio.

Burden Sharing 2030, le nuove capacità rinnovabile regionale

 Ai fini del calcolo per il raggiungimento degli obiettivi territoriali, il Decreto Aree Idonee Rinnovabili tiene conto della potenza nominale degli impianti nuovi, potenziati, riattivati, ricostruiti integralmente o oggetto di rifacimentoentrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento”. Compreso il 100% della capacità installata in mare.

Per questi ultimi il Decreto prevede, in caso di connessioni ricadenti in regioni diverse da quelle in cui insistono gli impianti offshore, una speciale ripartizione della potenza. Il 20% a carico del territorio  in cui si trovano le infrastrutture di connessione  alla  rete  elettrica  e  il restante 80%, “in via proporzionale rispetto alla reciproca  distanza, tra le altre regioni  la cui costa sia direttamente  prospiciente l’impianto”. 

Ai fini del raggiungimento dei target regionali il nuovo schema Aree Idonee Rinnovabili riconosce per gli impianti geotermici ad alta e media entalpia e quelli idroelettriciuna potenza nominale aggiuntiva pari alla potenza di ogni fonte rinnovabile per il relativo parametro di equiparazione”. Contestualmente il testo affida al GSE il compito di pubblicare i parametri di equiparazione sulla base della producibilità media rilevata da idro e geotermia rispetto a quella da fonte fotovoltaica.

Il contributo maggiore? Sempre quello della Sicilia con oltre 10,4 GW per la fine del decennio, seguita dalla Lombardia (8,7 GW) e dalla Puglia (7,3 GW).

Decreto Aree Idonee 2024, la capacità assegnata alle Regioni

Impianti rinnovabili: aree Idonee, non idonee, ordinarie o vietate

In base al provvedimento Regioni e Province avranno 180 giorni per individuare sul loro territorio con propria legge quattro tipologie di zone:

  • Le aree idonee, caratterizzate da un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a rinnovabili.
  • Le aree non idonee, le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti, sulla base delle linee guida governative già emanate.
  • Le aree ordinarie, ossia aree diverse dalle precedenti in cui si applicano i regimi autorizzativi ordinari.
  • Le aree vietate, zone che in base alle nuove norme introdotte con l’art.5 del DL Agricoltura sono precluse agli impianti fotovoltaici a terra.

Il potere di definire zone “appropriate e non” rimane, dunque, in mano alle autorità regionali e provinciali, ma, in caso di mancata adozione delle legge nei termini previsti e dopo un richiamo ufficiale con nuovo termine, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica adotterà “le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi”.

Decreto Aree Idonee Rinnovabili: Principi e Criteri di individuazione

Il tema è stato uno dei più discussi durante l’iter di approvazione. Dopo una serie di rimaneggiamenti del testo, la formula finale del DM Aree idonee 2024 chiede alle Regioni di prendere in considerazione la massimizzazione delle aree da individuare al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Burden sharing. Dando priorità all’impiego di superfici di strutture edificate, quali:

  • capannoni industriali
  • parcheggi, 
  • aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica.

E verificando  nel contempo l’idoneità di aree non  sfruttabili per altri scopi, come ad esempio le  superfici agricole non utilizzabili.

Alle amministrazioni regionali è lasciata la possibilità di classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto. Tenendo conto “delle aree immediatamente idonee di cui all’articolo 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Nelle aree non idonee entreranno automaticamente tutte quelle zone e superfici ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 

Una delle parti più contestate? Le nuove fasce di rispetto, ossia quelle porzioni di territorio a protezione di elementi sensibili nelle quali le trasformazioni urbanistico-edilizie sono sottoposte a disciplina specifica. In base al nuovo decreto le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto. Con un limite massimo di 7 chilometri. I rifacimenti sono esclusi.

Leggi qui il testo in Gazzetta Ufficiale

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Rinnovabili • Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore

Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore

Con oltre 10mila richieste inoltrate attraverso lo sportello del GSE, le famiglie del Mezzogiorno e delle Isole hanno rapidamente saturato il contingente. Ora restano solo gli incentivi di reddito energetico per le altre regioni

Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore
Il contatore degli Incentivi del Reddito Energetico 2024. Credits: GSE

 In un giorno prenotato l’80% delle risorse del REN 2024

Gli incentivi del Reddito Energetico Nazionale sono stati un successo. Perlomeno nelle Regioni del Sud Italia, dove in appena 24 ore sono andati esauriti gli 80 milioni di euro messo a disposizione dal regime. Lo hanno fatto sapere il 6 luglio, con note stampa separate, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetici (MASE) e il Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Al netto  dei controlli e delle possibili rinunce, il REN 2024 ha mostrato come l’interesse per il fotovoltaico residenziale sia ancora particolarmente attivo. E come la misura, nata nel 2019 come strumento regionale di contrasto alla povertà energetica, abbia seguito il giusto corso.

Il Reddito Energetico ha visto la luce la prima volta nel Comune di Porto Torres, in Sardegna, come un progetto fortemente voluto dal sindaco pentastellato Sean Wheeler. L’obiettivo? Portare avanti un percorso sociale di rilancio economico del territorio, dotando le famiglie in difficoltà di pannelli solari gratuiti.

La bontà dell’iniziativa, dimostratasi fin da subito un successo, ha convinto prima altre regioni a replicare lo strumento e il poi il Governo Conte a studiare un meccanismo applicabile a tutto il paese. Tuttavia per trasformare l’idea in realtà sono occorsi anni, a causa sia del cambio di Governo e del rimpasto delle funzioni ministeriali che del particolare periodo storico.

Oggi appare chiaro che l’intuizione di Porto Torres possa costituire uno strumento interessante per alleviare la povertà energetica (allora, ben lontani dal caro bolletta 2022, si stimava un risparmio per famiglia di 150-200 euro). Un’opinione condivisa dal ministro dell’Ambiente Pichetto secondo cui “lo strumento ha avuto un buon  impatto e si rivelerà molto utile; in chiave economica ed energetica per le famiglie che lo hanno scelto, ma anche più in generale verso i nostri obiettivi di crescita delle rinnovabili sul territorio”.

Ma veniamo ai dati di questo fine settimana. Secondo le informazioni condivise dal GSE, le domande provenienti da Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna hanno saturato il contingente dedicato al Mezzogiorno. Ossia 80 milioni di euro su un totale annuale di 100 milioni.

Da questi territori sono arrivate, infatti, oltre 10.500 richieste di accesso agli incentivi Reddito Energetico 2024 in appena 24 ore, dalle 12.00 di venerdì 5 luglio 2024.

Ma il portale del GSE resterà aperto. In ballo ci sono ancora le risorse destinate alle famiglie con basso ISEE nel resto delle Regioni e Province autonome d’Italia. In questo caso il budget di 20 milioni di euro risulta “prenotato” solo per un quarto (dati aggiornati all’8 luglio 2024). Con 618 richieste pervenute.

Per controllare l’andamento degli incentivi REN 24 viene in aiuto il Contatore del GSE che mostra le risorse residue, suddivise per zona geografica e in funzione delle richieste depositate.

In attesa di capire quando il bando sarà definitivamente chiuso e se il Gestore riaprirà lo sportello nel corso dell’anno per riassegnare le risorse liberate da rinunce ed esclusioni, c’è chi propone di anticipare gli incentivi del Reddito energetico 2025.

“Visto il grande successo, chiediamo al Governo di anticipare il bando di febbraio, che prevede altri 100 milioni di euro, in modo da permettere a tutti coloro che sono rimasti esclusi di poter fare richiesta”, scrive Antonio Trevisi, Senatore del Movimento 5 Stelle. “È fondamentale agire rapidamente per soddisfare le esigenze dei cittadini e sfruttare al meglio le risorse disponibili e per questo motivo lancio un appello per l’apertura del nuovo bando nazionale già a settembre, evitando di aspettare fino al 2025, e sollecito la Regione Puglia a riaprire il bando del reddito energetico per i fondi residui. E non dimentichiamo che il reddito energetico non è solo un aiuto economico per le famiglie italiane, ma rappresenta anche un passo significativo sul piano ambientale, verso un futuro più sostenibile”.

Leggi anche Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie

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