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I costi nascosti dei sistemi alimentari

I costi dei sistemi alimentari non riguardano solo coltivazione, imballaggi, conservazione a trasporto fino agli scaffali del supermercato. Ci sono costi nascosti che non leggiamo sullo scontrino, ma che stiamo pagando tutti: assistenza sanitaria per patologie da malnutrizione, costi ambientali dovuti all’inquinamento, riduzione della biodiversità, emissioni di gas serra

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Via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Sappiamo davvero quali sono i costi del cibo che mangiamo? Quanti elementi concorrono a totalizzare il prezzo che leggiamo sugli scontrini? I costi ai quali normalmente pensiamo riguardano la coltivazione, i materiali per l’imballaggio, la conservazione e il trasporto fino agli scaffali del supermercato dove facciamo la spesa.

La prima azione parte dal piatto

Il prezzo però comprende anche i costi dell’assistenza sanitaria per i tanti milioni di persone che si ammalano per patologie legate a diete scorrette, i costi ambientali dovuti all’inquinamento generato dal sistema alimentare, la riduzione della biodiversità e le emissioni di gas serra. Questi costi non compaiono sullo scontrino, ma li stiamo pagando tutti.

Questa affermazione che Danielle Nierenberg, presidente di Food Tank, e Roy Steiner, vice presidente senior di The Rockefeller Foundation Food Initiative, hanno fatto nell’articolo Climate action can start with each meal merita qualche riflessione in più perché apre una prospettiva diversa da quelle a cui siamo abituati.

Partire da un approccio di sistema

Prendiamo l’esempio degli Stati Uniti, che spendono 1,1 trilioni di dollari l’anno per il cibo; secondo il Rapporto True Cost of Food della Rockefeller Foundation la cifra reale è esattamente tripla, se contiamo anche i costi esterni relativi alla salute umana e ambientale.

Affrontare i costi nascosti del sistema alimentare con un approccio di sistema potrebbe aiutarci a migliorare l’alimentazione globale, risparmiare le spese sanitarie dovute alle malattie da malnutrizione e affrontare l’emergenza climatica che sta diventando sempre più grave e non risparmia nessun angolo del globo.

La trasformazione del sistema alimentare non è un problema soltanto agricolo, ma prima di tutto politico e finanziario. Cambiare i modelli di produzione potrebbe intervenire sui costi dei programmi pubblici, come i pasti delle mense scolastiche (diete più sane sarebbero più sostenibili anche dal punto di vista economico).

Nessuno può chiamarsi fuori

Queste riflessioni arrivano al momento giusto, a margine della COP26. Nonostante si sia ancora lontani da scelte pienamente condivise, molti governi stanno cominciando a considerare seriamente i costi esterni dovuti ai sistemi alimentari e a mettere in atto azioni innovative.

Pur portando la riflessione sui costi ambientali e sanitari degli attuali sistemi alimentari, Nierenberg e Steiner concordano sulla necessità di considerare che sono le comunità indigene e più povere a sopportare i maggiori costi del sistema. Sta alla politica individuare eque politiche di sostegno per aiutare queste comunità ad affrontare la transizione verde.

Il vero cambiamento deve coinvolgere tutti gli attori, dalla politica alle imprese, dalle associazioni ai cittadini, dalla ricerca alla finanza. Tutti mangiamo, se non altro per sopravvivere, quindi nessuno può chiamarsi fuori dalla ricerca di una soluzione.

L’emergenza climatica ha un impatto drammatico in tutto il Pianeta e l’agricoltura paga un prezzo altissimo: attuare la trasformazione dei sistemi alimentari è un dovere verso le generazioni future, ma in primo luogo verso noi stessi per tradurre in realtà quel diritto alla salute che deve essere un diritto umano fondamentale di tutti.