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La guerra in Ucraina aumenta l’insicurezza alimentare

insicurezza alimentare
Foto di Christine Sponchia da Pixabay

(Rinnovabili.it) – In queste pagine abbiamo più volte messo in luce le ricadute della guerra in Ucraina sull’insicurezza alimentare globale nel lungo periodo. La mancanza di cibo, fertilizzanti ed energia ha ripercussioni importanti sulle economie di tutto il mondo.

Mentre una risoluzione del conflitto sembra purtroppo lontana, gli allarmi delle organizzazioni internazionali non si placano.

I Paesi più poveri, indeboliti dalla pandemia e dagli effetti dei cambiamenti climatici, sono messi ulteriormente in difficoltà dall’andamento della guerra e dal conseguente blocco delle esportazioni di cereali.

L’IFAD ha istituito la Crisis Response Initiative (CRI) che attua interventi mirati: garantire l’accesso a semi, fertilizzanti e carburante; sostenere l’accesso ai finanziamenti per i produttori rurali; investire nelle infrastrutture di piccola scala per migliorare le capacità produttive e ridurre le perdite post-raccolto; facilitare l’accesso ai mercati dei piccoli produttori agricoli.

Bisogni enormi e risorse limitate costringono l’IFAD a dare la priorità alle comunità più povere. Cinque Paesi hanno attualmente la massima priorità.

Yemen

Un conflitto armato che dura dal 2015 ha causato nello Yemen una delle crisi umanitarie più gravi: tre persone su quattro hanno bisogno di assistenza.

Il conflitto ha interrotto le attività produttive, a cominciare da quella agricola, che è la fonte di reddito principale per la maggioranza delle famiglie.

Il tasso di dipendenza dalle importazioni di cereali è del 97%, di cui Russia e Ucraina rappresentano il 42% delle importazioni di grano.

In questa situazione – che fa dello Yemen il Paese più fragile del mondo – ai piccoli agricoltori mancano i beni di prima necessità con cui coltivare il cibo per le loro famiglie e nutrire il bestiame.

L’intervento dell’IFAD mira a ricostruire i mezzi di sussistenza e recuperare la capacità di produzione agricola.

Haiti

Haiti, il Paese più povero dell’America Latina e dei Caraibi, è uno dei 13 Paesi più fragili del mondo. Il tasso di povertà è quasi del 60%, il prezzo del carburante è triplicato e l’inflazione non fa che spingere sempre di più la popolazione nella povertà aumentandone l’insicurezza alimentare.

Con l’aiuto di altri donatori e istituzioni internazionali l’IFAD è in prima fila per sostenere la popolazione haitiana. Investire nella resilienza dei piccoli agricoltori contribuisce a mantenere le forniture alimentari locali e garantire una sussistenza di base.

Somalia

La Somalia è il secondo Paese più fragile del mondo secondo il Fragile State Index.

Instabilità economica e politica sarebbero già abbastanza, ma la Somalia è anche colpita da frequenti disastri naturali come siccità, invasioni di cavallette e carestie.

Il 100% delle importazioni di grano provengono da Russia e Ucraina rende ancora più drammatica l’insicurezza alimentare.

La riposta dell’IFAD consiste nel sostegno a 36mila piccoli agricoltori, produttori, pastori e agro-pastori che si trovano nelle zone più fertili ma più povere della Somalia.

Migliorare l’accesso ai mercati permette a questi agricoltori di produrre un reddito; indirizzare gli investimenti nelle aree fertili ottimizza la produzione locale e migliora la resilienza della Somalia.

Mozambico

Negli ultimi decenni il Mozambico ha fatto dei progressi che rischiano di essere spazzati via.

La dipendenza alimentare dalle importazioni di Russia e Ucraina è limitata. Tuttavia, l’aumento dei prezzi globali di cereali, fertilizzanti e petrolio incidono negativamente su un’economia debole in cui il tasso di inflazione è destinato ad aumentare.

I piccoli agricoltori risentono molto di questi aumenti: le coltivazioni sono in pericolo, il prezzo degli alimenti di base è cresciuto.

Il 60% dei mozambicani vive in povertà, ovvio che l’aumento dei prezzi delle materie prime aggraverà la loro insicurezza alimentare.

L’IFAD ha previsto l’invio di 3 milioni di dollari per interventi immediati per la sicurezza alimentare. Ad esempio, i piccoli agricoltori riceveranno i semi per potenziare la coltivazione di manioca e patata (coltivazioni locali di base). Inoltre, è previsto un finanziamento per l’acquacoltura e per le associazioni di agricoltori.

Afghanistan

L’Afghanistan vive in uno stato di emergenza umanitaria ormai da molti anni. Facile comprendere che la combinazione di Covid-19, cambiamenti climatici e guerra hanno innalzato il livello di povertà e di insicurezza alimentare della popolazione.

La produzione agricola è la principale fonte di reddito per gli afghani che vivono nelle aree rurali. Ma due anni di grave siccità, conflitti multipli, collasso economico, terremoti e, ora, interruzioni nelle catene di approvvigionamento del mercato globale e aumenti del carburante hanno reso quasi impossibile sia la produzione che l’acquisto di cibo. Anche gli allevatori sono in condizioni altrettanto drammatiche.

Da marzo 2022 due afghani su tre sono a livelli critici di insicurezza alimentare (+15% rispetto al 2021), e l’onda lunga della guerra in Ucraina aggraverà la crisi alimentare.

Per l’IFAD l’Afghanistan è una priorità assoluta e sta coordinando le proprie azioni con altre agenzie delle Nazioni Unite e Ong.

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