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Greenpeace: le politiche agricole dell’Europa devono ripartire da zero

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(Rinnovabili.it) – La Commissione europea pubblicherà oggi, mercoledì 20 maggio, l’attesa strategia “Farm to Fork”, congiuntamente al programma “Biodiversità 2030”. Entrambi sono componenti essenziali del Green Deal europeo: il primo per la creazione di un sistema alimentare più sostenibile, il secondo per la costruzione di un quadro globale a tutela degli ecosistemi.

In quest’occasione Greenpeace chiede di allineare le politiche agricole dell’UE alla tutela ambientale che riguarda molto da vicino la salute umana. Solo attraverso uno sforzo politico congiunto a livello europeo sarà infatti possibile “cambiare rotta, come spiega Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia, e aiutare “gli agricoltori a produrre alimenti sani e rispettosi dell’ambiente”. Per riuscirci però “è necessario infrangere il tabù dell’aumento di produzione ad ogni costo […]. Questo è il momento per iniziare a produrre e consumare meno e meglio”, cosa di cui anche alcuni europarlamentari sembrano convinti. 

Infatti la Commissione aveva già discusso, a metà maggio, le politiche agricole da mettere in campo per aiutare il settore a riprendersi dopo la pandemia da COVID-19 rendendolo più resiliente e sostenibile nel lungo periodo. Nel corso del dibattito i deputati avevano insistito sul fatto che l’UE dovrebbe concentrarsi principalmente sulla garanzia della sicurezza alimentare. In quell’occasione Stella Kyriakides, Commissario per la salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea, aveva specificato gli intenti del progetto “Farm to Fork” che “è qui per aiutarci a muoverci verso sistemi alimentari più sostenibili”, aiutando anche l’economia “a riprendersi in modo sostenibile”.

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La crisi legata alla pandemia da COVID-19 è stata l’ulteriore prova della necessità di un radicale cambiamento nel sistema economico ed agroalimentare, sia per tutelare il pianeta che per scongiurare nuove epidemie. Numerose ricerche hanno infatti stimato che circa un terzo delle epidemie attuali sono legate all’estensivo uso del suolo e all’invasione umana delle foreste pluviali. Le cause sono rintracciabili in particolare nell’agricoltura e nell’allevamento industriali ed è questo il motivo per cui gli scienziati hanno chiesto più volte di diminuire drasticamente produzione e consumo di carne. Nella sola Europa oltre il 70% dei terreni agricoli viene utilizzato per l’alimentazione del bestiame: come spiega Ferrario, “produciamo troppa carne. Anche in Italia il settore era già in crisi molto prima della pandemia di COVID-19; non a caso parte dei fondi già stanziati dal governo e di quelli che saranno resi disponibili con il Decreto Rilancio sono destinati proprio a far fronte a questa crisi di sovrapproduzione”. 

Greenpeace ha così chiesto, in un documento intitolato “Ricostruire da zero la Politica Agricola Comune”, di “demolire l’attuale PAC […]per costruire un sistema agroalimentare europeo che sia realmente giusto e sostenibile, riscrivendo le regole per l’utilizzo dei miliardi di euro di finanziamenti pubblici disponibili per l’agricoltura”. Le politiche agricole del PAC hanno contribuito infatti al diffondersi di pratiche intensive attraverso lo stanziamento di un terzo dei sussidi totali all’1% delle aziende europee che detengono la maggior parte dei terreni – e facendo così fallire 4,2 milioni di piccoli e medi agricoltori. 

Mai come in questo momento – continua Ferrario – è dunque necessaria una visione ampia e strategica su come utilizzare le risorse, incoraggiando modelli di produzione e consumo ecologici e restituendo dignità a chi lavora sul campo per produrre il cibo che arriva sulle nostre tavole”. Per mettere in atto un sistema agroalimentare europeo ecologico ed equo sarà fondamentale “finanziare gli agricoltori, non gli ettari”, produrre “cibo per le persone, non per gli animali”, consumare “più frutta e verdura” e “investire nella produzione alimentare, non in carburanti e commercio globale”. Le strategie europee che oggi verranno pubblicate “devono affrontare questi nodi” per proteggere la salute umana, l’ambiente e il clima.

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