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Grano, l’Italia paga un deficit strutturale

L’agricoltura è uno dei settori in maggiore crisi, soprattutto in Italia dove si scontano improvvisamente un deficit strutturale e una politica miope che affondano le radici nel passato. Oggi, nel pieno della crisi ucraina, sono a rischio gli approvvigionamenti di grano, mais, oleose e fertilizzanti. Bisogna aumentare le produzioni per fronteggiare l’emergenza, ma gli agricoltori hanno bisogno di sostegni

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Foto di Bruno /Germany da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – L’Ucraina è uno dei principali esportatori di grano e mais. Russia e Ucraina, insieme, rappresentano il 29% dell’intero commercio mondiale di grano, il 19% del mais per l’alimentazione animale e l’80% delle forniture di olio di girasole. La drammatica guerra che sta dilaniando l’Ucraina sta causando un pericoloso effetto domino sulle economie mondiali.

Si pagano gli errori del passato

L’agricoltura è uno dei settori in maggiore crisi, soprattutto in Italia dove si scontano improvvisamente un deficit strutturale e una politica miope che affondano le radici nel passato.

Per inseguire una linea attenta solo al profitto immediato, molte aziende hanno preferito acquistare grano e altre materie prime sul mercato mondiale perché i prezzi erano più bassi, senza nemmeno curarsi se le tecniche di coltivazione fossero ricche di pesticidi vietati in Italia. Oggi l’Italia importa il 53% del mais, il 64% del grano tenero e il 90% circa della soia.

Negli ultimi dieci anni si è perso quasi mezzo milione di ettari coltivati, come sottolinea Coldiretti, che sostiene gli accordi di filiera tra produttori agricoli e industrie per scoraggiare pratiche sleali e una diversa politica dei prezzi per garantire la sostenibilità finanziaria dei produttori.

Ad esempio, agli allevatori sono riconosciuti 38 centesimi per litro di latte, ma loro ne spendono 46 (dati Ismea): quanto potranno durare?

Manca un piano strategico nazionale

Nello scenario che si sta delineando – gravissimo, perché si sommano il caro energia, la mancanza di fertilizzanti e la crisi climatica – produttori e associazioni di categoria esprimono una forte preoccupazione in merito alla disponibilità di materie prime agricole. Le crescenti difficoltà, inoltre, scoraggiano i giovani agricoltori che rischiano di dover abbandonare le produzioni.

La guerra in corso in Ucraina ha fatto emergere in modo prepotente la necessità di un piano strategico nazionale che metta al primo posto gli investimenti per la produzione di materie prime agricole in Italia.

L’emergenza, tuttavia, è anche europea. La Commissione Europea intende attivare il meccanismo europeo di reazione alle crisi di sicurezza alimentare e sono allo studio le misure per aumentare la produzione agricola europea.

Dall’Ucraina l’UE non importa solo grano, ma anche mais, colza, girasole. I porti del Mar Nero, da dove parte la maggioranza dell’export, sono bloccati, i canali interni di logistica sono gravemente danneggiati e in prospettiva la produzione sarà definitivamente interrotta dalla guerra.

Mantenere la stabilità dei prezzi

La Francia ha chiesto il varo di un piano di resilienza per garantire l’aumento delle produzioni agricole e gli scambi a livello comunitario, oltre a scudi economici per mantenere stabili i prezzi nell’UE.

Ma l’aumento delle produzioni confligge con la strategia Farm to Fork, che pone l’accento sulla sostenibilità ambientale e sulla protezione dei terreni più che sul potenziamento delle coltivazioni.

Tuttavia, vista l’emergenza che non si esaurirà a breve, sembra che la sostenibilità ambientale sia messa in attesa a favore di un allentamento dei vincoli per fronteggiare una situazione straordinaria.

Ad esempio, il ministro dell’agricoltura spagnolo ha proposto di aumentare le superfici coltivate a cereali e semi oleosi e quello francese ritiene indispensabile rafforzare la sovranità alimentare per garantire i rifornimenti nei Paesi dell’Unione Europea ed ha annunciato un piano di sostegno per proteggere gli agricoltori.

Produrre cibo è un tema strategico di sicurezza nazionale

Del resto, come sostiene il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, «ci sono le condizioni produttive, le tecnologie e le risorse umane per ridurre la dipendenza dall’estero. La pandemia e la crisi ucraina ci stanno dando un grande insegnamento: produrre cibo è un tema strategico di sicurezza nazionale».

Secondo i pastai di Unione Italia Food, «non è la guerra in Ucraina a mettere in crisi i pastifici, ma l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all’accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati».

Dall’Ucraina arriva appena l’1% del fabbisogno di grano duro (mentre è tra i principali produttori di grano tenero da cui si ricava la farina per pane, dolci, pizza e mangimi per animali), mentre la corsa al rialzo dell’energia «mette a rischio la sopravvivenza del settore della pasta dove lavorano più di 10mila persone».

In più, lo sciopero dei trasportatori «ha costretto alcune aziende a chiudere temporaneamente le proprie linee di produzione per mancanza delle materie prime, o per impossibilità di consegnare il prodotto finito, causando danni per milioni di euro non solo alle imprese ma a tutto il tessuto sociale che ruota attorno a esse».

Due grandi crisi: il clima e la guerra

Per Copa e Cogeca bisogna «coltivare tutta la terra disponibile nel 2022 per compensare il blocco della produzione russa e ucraina. Tutto deve essere fatto per prevenire interruzioni nelle catene di approvvigionamento, che porteranno inevitabilmente a carenze in alcune parti del mondo. È una questione essenziale di sovranità alimentare e di stabilità democratica».

Questa guerra colpisce l’Europa e per diversi anni avrà ripercussioni sulle produzioni a livello mondiale: «Dato che il governo russo sta usando la sicurezza alimentare come arma, dobbiamo contrastarla con uno scudo alimentare.

Come per l’energia, in agricoltura crediamo fermamente che sia possibile rafforzare la nostra autonomia continuando a fare progressi sulla sostenibilità. Mettere queste due dimensioni l’una contro l’altra, come abbiamo sentito a Bruxelles nei giorni scorsi, è improduttivo.

Oggi dobbiamo riarmare la nostra agricoltura per affrontare queste due grandi crisi allo stesso tempo: la guerra in Ucraina e il cambiamento climatico».

Cresce la tecnologia

L’unica nota positiva è l’accelerazione tecnologica nelle campagne. Si investe in droni, robot, gps e software per risparmiare acqua, fertilizzanti e pesticidi, affrontare i cambiamenti climatici e aumentare la produttività, gestire l’azienda agricola da remoto, catturare gli insetti nocivi, tracciare i prodotti e la garanzia dell’origine con la blockchain.

Però, senza l’espansione della banda larga nelle aree interne tante soluzioni resteranno un miraggio.

Proprio a proposito di fertilizzanti, la Russia – che produce più di 50 milioni di tonnellate all’anno di fertilizzanti, circa il 13% della produzione mondiale totale – ha bloccato le esportazioni. Questo genera un problema sul problema: i prezzi sono schizzati alle stelle, ma soprattutto diventa impossibile concimare il grano, sia in Italia che in Europa.

No al protezionismo alimentare, servono azioni comuni

La posizione di Confagricoltura è molto ferma, spiega il presidente Massimiliano Giansanti: «Spetta alla Commissione europea il compito di assicurare il regolare funzionamento del mercato unico. Va respinto qualsiasi tentativo di “protezionismo alimentare” tra gli Stati membri dell’Unione».

Il riferimento è a Paesi come Ungheria e Bulgaria che hanno deciso di sospendere le esportazioni di grano per assicurare i rifornimenti interni e contenere la crescita dei prezzi.

«A seguito dei drammatici avvenimenti in corso in Ucraina, i mercati internazionali delle principali materie prime agricole sono sotto pressione ma vanno respinte le iniziative nazionali unilaterali all’interno dell’UE.

La capacità produttiva di cereali dell’Unione è tale da poter gestire anche questa difficilissima situazione. Serve però un coordinamento della Commissione, alla quale abbiamo già chiesto di rimuovere, in vista dei nuovi raccolti, i limiti all’utilizzo dei terreni agricoli.

Dagli eventi in atto emerge comunque la necessità di verificare se le scelte fatte sulla nuova PAC siano idonee a salvaguardare la capacità produttiva europea e l’efficienza delle imprese che producono per il mercato. Inoltre, tutto il settore agroalimentare va incluso tra quelli destinatari dei provvedimenti allo studio per il caro energia».

Facendo un quadro globale, Giansanti sottolinea da un lato che «la Cina ha autorizzato di recente la ripresa delle importazioni di grano dalla Federazione Russa, bloccate da tempo per ragioni fitosanitarie», dall’altro che «l’UE e gli Stati Uniti saranno chiamati anche a rispondere alla richiesta dei Paesi Terzi, più dipendenti dalle importazioni da Ucraina e Federazione Russa.

La situazione è particolarmente delicata nell’area del Mediterraneo dove, dai dati disponibili, risulta che le scorte utilizzabili coprono il fabbisogno solo fino alla prossima estate».