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Granchio blu, l’emergenza diventerà un’opportunità?

Il granchio blu sta letteralmente invadendo il Mediterraneo, dove non ci sono predatori in grado di contrastarlo, e sta facendo strage di cozze, vongole, crostacei e uova, compromettendo anche la produzione futura e mettendo in pericolo la sopravvivenza di alcune specie. Molte le idee sul tavolo per affrontare il problema, ma anche in questo caso il cambiamento climatico gioca un ruolo determinante

Image by Thomas Hoang from Pixabay

di Isabella Ceccarini

Granchio blu, un crostaceo vorace senza predatori

(Rinnovabili.it) – L’emergenza granchio blu si è ormai estesa in tutta Italia. Callinectes sapidus è il nome scientifico di questo crostaceo originario delle coste atlantiche delle Americhe, da Nord a Sud. È un crostaceo di grande taglia: può pesare un chilo e arrivare a 15 centimetri di lunghezza e 25 di larghezza. Vive in mare a temperature comprese fra i 3 e i 35 gradi, ma si ambienta facilmente anche in acqua dolce.

Una femmina di granchio blu depone due milioni di uova in un anno

Lungo le coste americane il granchio blu se la deve vedere con i suoi predatori naturali – anguille, razze, squali e pesci persici – mentre nel Mediterraneo non ha predatori in grado di contrastarlo, quindi si sta moltiplicando a dismisura. Per avere un’idea della sua “potenza riproduttiva”, impossibile da tenere sotto controllo, una femmina di granchio blu in un anno arriva a deporre fino a 2 milioni di uova.

Ma il problema principale è la sua voracità: mangia tanto e di tutto, arrivando a distruggere l’ecosistema che lo ospita e a compromettere interi settori di produzione ittica. Nei nostri mari sta facendo strage di cozze, vongole, crostacei, uova. Non si ciba solo di pesci ma anche degli avannotti, mettendo in pericolo la sopravvivenza futura di alcune specie. Possiamo quindi definirlo a tutti gli effetti una specie aliena invasiva in grado di annientare la popolazione ittica autoctona.

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Quanto pesa il cambiamento climatico

La sua presenza nel Mediterraneo pare che sia dovuta all’intervento umano: sembra infatti che sia arrivato con le acque di zavorra (il carico di acqua che serve a stabilizzare le navi durante la navigazione) delle navi mercantili. Il cambiamento climatico, con il riscaldamento della temperatura del mare, ha fatto il resto. Non a caso, i pescatori sottolineano che quando la temperatura è più bassa i granchi sono meno attivi, ma ora il mare rimane tiepido tutto l’anno.

Già nel 2008 il granchio blu era stato avvistato in diverse regioni italiane, ma negli ultimi mesi le segnalazioni si stanno moltiplicando e si sta alzando il livello di allarme. Gli allevamenti di vongole in Veneto ed Emilia Romagna rappresentano oltre la metà della produzione nazionale. Secondo Fedagripesca-Confcooperative, il granchio blu ha causato un danno economico di circa 100 milioni di euro e ha divorato quasi il 90% delle vongole del delta del Po.

Ovvio che cresca la preoccupazione per la produzione del 2023, gravemente compromessa: questo significa mettere a repentaglio l’economia di intere regioni con inevitabili ripercussioni sociali.

Un problema che non si risolve in cucina

Qualcuno ha suggerito di mangiarli, tanto che sono già in vendita sugli scaffali di alcuni supermercati e sono entrati nel menù di qualche ristorante. Non mancano però le perplessità. In Veneto, ad esempio, la granseola fa parte del menù tradizionale locale e alcuni chef non ritengono giusto sostituirla con il granchio.

Come fa notare Gianmichele Passarini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Veneto, è un’illusione pensare di risolvere in cucina un’emergenza di questa portata: la crescente salinizzazione delle aree lagunari, delle foci e degli estuari dei fiumi ha ampliato l’habitat congeniale al granchio blu.

Il Governo ha stanziato 2,9 milioni di euro per finanziare la cattura e lo smaltimento dei granchi blu, e ne ha permesso la pesca a 500 metri dalla costa e vicino alla foce dei fiumi. Ma per il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, non basta: bisogna dichiarare rapidamente lo stato di emergenza, sono già a rischio 1.500 posti di lavoro.

Il business di Blueat

C’è chi ha pensato di commercializzarlo all’estero e di esportarlo addirittura negli Stati Uniti dove ce ne sono tanti, ma la domanda è più alta dell’offerta. È questa l’idea che sta dietro a Blueat, l’azienda creata dalla biologa marina Carlotta Santolini insieme a quattro colleghe. I prezzi sono in crescita: se prima si vendeva a 3-4 euro al chilo, oggi raggiunge i 10 euro. Forte delle richieste del mercato, Blueat ha coinvolto un gruppo di pescatori, che hanno raccolto circa 4 tonnellate di granchi blu al giorno, ma l’obiettivo realistico è arrivare a 14.

In Veneto si sperimenta la produzione di biogas

Coldiretti Veneto, invece ha finanziato un progetto per produrre biogas dai granchi con la digestione anaerobica. Il primo esperimento prevede di trattare una tonnellata di granchi, ma Coldiretti Veneto stima che le aziende che producono biogas potrebbero trattare fino a 100 tonnellate di granchi al giorno. Come abbiamo visto, le idee per affrontare l’emergenza sono diverse. Non è dato sapere chi vincerà, ma di una cosa dobbiamo essere consapevoli: il cambiamento climatico continua a essere il cigno nero presente sullo sfondo.

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