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Gli italiani e il consumo di pesce

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Agli italiani piace il pesce? Sì, ma preferiscono mangiare quasi sempre le stesse specie.

Come cambia il consumo di pesce degli italiani

È quanto emerge da una ricerca sull’evoluzione dei consumi di prodotti ittici realizzata da Isnart (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) con il coinvolgimento dei ristoranti che aderiscono al marchio Ospitalità Italiana, il riconoscimento per i ristoranti di qualità delle strutture turistiche italiane ed estere promosso da Unioncamere e Isnart.

La ricerca fa parte del progetto FoodHub realizzato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste e da Unioncamere con la collaborazione tecnico-scientifica di Isnart, BMTI e Italmercati per valorizzare i prodotti che rispettano criteri di sostenibilità.

L’idea di FoodHub è creare una piattaforma che permetta agli operatori della filiera ittica di trovare prodotti ittici sostenibili nei mercati all’ingrosso aderenti con un duplice vantaggio: ridurre la pressione sulle specie pescate nel Mediterraneo e migliorare la sostenibilità economica della filiera ittica.

Sul podio troviamo tre tipi di pesce molto facile da cucinare: l’orata guida la classifica con il 36,5% delle preferenze, il salmone preferito nel 30,8% dei casi e il nasello che si piazza al terzo posto con il 27,2%.

Tra le specie mediterranee più consumate, al sesto posto c’è il polpo (20,1%) seguito dalle cozze (19,2%).

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Le alici in ascesa tra gli over 56

Un prodotto in ascesa, soprattutto tra gli over 56, sono le alici, tipiche della tradizione culinaria italiana. Dal 7,5% del 2021 sono salite al 10,9% nel 2022, probabilmente in virtù del prezzo invitante e di una sicura freschezza del prodotto (sono rapidamente deperibili).

Gli italiani mettono in tavola il pesce convinti che sia un prodotto sano che fa bene (37,8%): un italiano su tre lo consuma regolarmente, per variare il regime alimentare (42%), circa due o tre volte alla settimana.

Il 42,2% mangia pesce solo una volta alla settimana e il 12,2% circa ogni due settimane; solo il 2,5% delle persone intervistate ha dichiarato di non mangiare mai il pesce, più che altro per una questione di gusto.

Il consumo di pesce nel complesso è rimasto stabile negli ultimi due anni per il 67,3% degli italiani, il 18,2% (specie se con redditi elevati) ne ha mangiato di più.

Le preferenze vanno al pesce fresco pescato (32,5% in generale, 36,5% al Sud, 40,9% tra coloro che hanno una capacità di spesa elevata). L’alternativa è il pesce surgelato (32,1%).

I prodotti ittici allevati incontrano il 20,8% delle preferenze, mentre i freschi confezionati e i trasformati sono staccati di molte lunghezze (rispettivamente 5,2% e 4,8%).

Pesce al ristorante? Sì grazie

Calamari, polpo (+17,5 sul 2021), cozze (+13,2%), gambero rosso, lupini e vongole veraci sono tra i pesci più consumati dagli italiani nei ristoranti.

La scelta va alle specialità della casa e del territorio (17,9%) e quindi al pescato del giorno (11%), preferibilmente locale (8,6%). Anche se si guarda al prezzo (14,3%), ci si fida delle indicazioni del ristoratore.

Dalla ricerca Isnart il passa parola ha un’importanza determinante: quasi il 70% degli italiani segue il consiglio di amici e familiari. Importanti, anche se in misura minore (37%), le recensioni sui siti specializzati anche per quanto riguarda il prezzo.

Infine, anche la fedeltà al ristorante di fiducia ha il suo peso nelle scelte (15,8%).

Nei ristoranti si è registrato un incremento importante nel consumo di pesce: se nel 2021 il 13,2% ordinava pesce, la percentuale è schizzata al 40,3% nel 2022. Il consenso al consumo di pesce è salito anche tra i giovani e si attesta al 20,1%.

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Occhio alla sostenibilità

La sostenibilità dei prodotti ittici è un tema centrale sul quale le persone cominciano a riflettere con crescente consapevolezza.

Ad esempio, perché mangiare sempre lo stesso pesce? Per rispettare gli ecosistemi marini il primo passo inizia proprio dal piatto: ci sono specie meno conosciute ma altrettanto buone che hanno un rischio di sfruttamento inferiore.

Il Mediterraneo è un mare molto sfruttato e sempre meno pescoso; si pescano esemplari più piccoli perché i pesci non hanno il tempo di riprodursi e di crescere.

C’è un altro aspetto, grave, che pochi conoscono: molta parte del pescato viene ributtata in mare non perché non sia buona ma solo perché non ha valore commerciale, cioè perché il mercato – quindi i consumatori – non lo vuole.

Rivenditori e ristoratori, chiavi del cambiamento

Per fortuna gli imprenditori ittici più giovani sono più sensibili ai temi della sostenibilità. Un ruolo determinante lo hanno i rivenditori e i ristoratori, che nel consigliare i clienti devono “raccontare” il pesce nel modo giusto per dare valore a ogni piatto.

Perché non provare specie meno conosciute ma ottime per i piatti della dieta mediterranea e di facile reperibilità?

I ristoratori che hanno la fortuna di vivere e lavorare in una località di mare rivolgendosi ai piccoli pescatori artigianali ottengono tre vantaggi: prezzo, freschezza e provenienza sicura, oltre a dare lavoro ai pescatori locali. Altrimenti il pesce surgelato di qualità e di provenienza tracciabile rimane una scelta comunque valida.

A rivenditori e ristoratori spetta combattere gli stereotipi, come quello sul pesce di allevamento che è ritenuto erroneamente di qualità inferiore.

Invece la sostenibilità ambientale e alimentare passa anche da qui: quando il pesce è certificato o biologico ha gli stessi standard qualitativi e nutritivi di quello pescato in mare aperto.

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