In Italia come nel mondo, il problema dello spreco alimentare richiede azioni concrete sia da parte dei consumatori che da parte delle aziende. Crescono a livello nazionale consapevolezza e sensibilità sul tema
Istituzioni e associazioni insieme per sensibilizzare i cittadini-consumatori sul tema dello spreco alimentare
(Rinnovabili.it) – Promossa in Italia dalla campagna Spreco Zero con il patrocinio dei ministeri dell’Ambiente, della Salute e degli Affari Esteri, la VII Giornata nazionale contro lo spreco alimentare mira a sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini–consumatori. Un appuntamento divenuto ormai “fisso” (la prima giornata fu celebrata nel 2014), durante il quale, in tutta la Penisola, istituzioni, associazioni e consumatori organizzano insieme manifestazioni ed iniziative di sensibilizzazione.
I risultati non si sono fatti attendere: sensibilità e consapevolezza dei cittadini riguardo al problema sono infatti cresciute negli anni. Oggi, stando al rapporto diffuso dall’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, lo spreco alimentare domestico è calato del 25%. Gli italiani sono più attenti a quello che comprano, leggono l’etichetta degli alimenti, attuano buone pratiche per evitare di gettare il cibo. A migliorare è stata nel tempo anche la consapevolezza da parte dei cittadini delle conseguenze – non solo in termini economici ma anche ambientali – derivanti dagli sprechi. Ciò nonostante, come evidenziato da Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, nelle case degli italiani si gettano ogni anno 27,5 kg di cibo.
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C’è ancora molto da fare: lo spreco alimentare rimane un problema tutt’altro che risolto, in Italia come nel Mondo, con più di un miliardo di tonnellate di cibo che ogni anno finisce nel cassonetto. La maglia nera spetta in questo caso agli Emirati Arabi Uniti, seguiti da Bulgaria e Russia (dati Food Sustainability Index), ma ci sono anche esempi virtuosi come quello della Francia, dell’Olanda e del Canada.
Guardando a quest’ultimi esempi, le strade da percorrere per l’ottenimento di risultati positivi e concreti sembrerebbero due: bisogna lavorare con i consumatori, ma anche con chi quotidianamente si occupa di fornire loro i prodotti alimentari di cui necessitano. La Francia è stata per esempio il primo paese a vietare ai supermercati di gettare il cibo in scadenza, che adesso viene invece donato ad enti benefici e ad associazioni umanitarie. Si devono al contempo promuovere ed incentivare atteggiamenti responsabili come quelli di una spesa oculata (complici le offerte 3×2, in molti, italiani compresi, acquistano più di quello che effettivamente consumano), del riciclo dei i rifiuti organici e, in questo caso ne va anche della salute dei consumatori, diete più salutari (la Francia, ancora, è tra i Paesi con una quota di obesità tra le più basse al mondo).
Le buone pratiche riguardano il singolo e la comunità tutta, così come l’Italia e l’intero pianeta. A livello internazionale, le Nazioni Unite si sono prefissate nel programma “Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile” degli obiettivi da raggiungere nel prossimo decennio, tra cui il garantire modelli di consumo e produzione sostenibili. Uno degli scopi prefissati è quello di dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura. Bisogna fare in fretta: con uno spreco alimentare in crescita del 25% stimato entro il 2030, le previsioni per il futuro non sono delle migliori…
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