A giugno la Commissione dovrebbe sdoganare le tecniche di gene editing di nuova generazione
(Rinnovabili.it) – L’Europa sbaglia a imboccare la strada della deregulation sul gene editing di nuova generazione. Gli Ogm 2.0 dovrebbero essere oggetti a valutazioni di sicurezza, tracciabili ed etichettati come tali, in linea con quanto richiede il principio di precauzione che innerva i trattati comunitari. E quindi restare soggetti alla direttiva sugli organismi geneticamente modificati del 2001. Come conferma anche una importante sentenza della Corte di giustizia europea del 2018.
50 ong contro le NBTs
A chiedere a gran voce che la Commissione Ue non sdogani le New Breeding Techniques (NBTs), anche note come New Genomic Techniques (NGTs), sono più di 50 associazioni della società civile europea. Che hanno presentato ieri a Bruxelles una petizione con oltre 420mila firme per dire all’esecutivo Ue di fermarsi. Le NBTs consistono nell’inserimento, nelle cellule delle piante, di sequenze genetiche o proteine, di un transgene della stessa famiglia vegetale o di un transgene che ne alteri alcuni tratti per poi essere eliminato. Altra tecnica è innestare su una pianta transgenica una pianta non transgenica. Tra queste tecniche ricade anche la CRISPR-Cas, in grado di modificare i rapidamente (e a costi bassi) una specifica regione del Dna.
“La Commissione europea sembra pronta a giocare d’azzardo con il nostro cibo, ma la sentenza della Corte di giustizia europea del 2018 chiarisce che le cosiddette New Genomic Techniques sono in realtà Ogm e devono rimanere regolamentate dall’attuale legge sugli Ogm”, rimarca Mute Schimpf di Friends of the Earth Europe. La sentenza di 5 anni fa aveva stabilito che i nuovi Ogm devono essere normati come tutti gli altri organismi geneticamente modificati, anche se le tecniche per produrli sono differenti. In Europa, questo significa che vanno messi al bando.
L’Ue vuole aprire al gene editing di nuova generazione
Ma la Commissione due anni fa è tornata alla carica. Le NBTs sono finite nella Farm to Fork. Ad aprile 2021 è spuntato uno studio, commissionato proprio dall’esecutivo Ue, dove si mettono in luce i benefici potenziali dei nuovi Ogm e si sminuiscono le aree poco chiare riguardo agli effetti su salute e sistema alimentare. Ed entro giugno dovrebbe vedere la luce una nuova iniziativa legislativa Ue che li sdogana definitivamente.
“Non c’è consenso scientifico sulla sicurezza di questi nuovi prodotti”, sottolinea Madeleine Coste, responsabile delle politiche di Slow Food Europe. Quindi servono controlli ed etichette che li segnalino come Ogm “per garantire ai cittadini e agli agricoltori la trasparenza dell’intera catena di approvvigionamento”. Senza dimenticare, continua Coste, che sarebbe “necessario condurre maggiori ricerche sui rischi per l’ambiente, la biodiversità e la salute dei nuovi Ogm, sul loro impatto socio-economico per gli agricoltori e il sistema alimentare e sullo sviluppo di metodi di rilevamento”.