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Il Rating di Foodinsider: i menù scolastici sono equilibrati?

Foodinsider
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di Isabella Ceccarini

(rinnovabili.it) – Foodinsider – l’osservatorio sulle mense scolastiche che si impegna per la promozione di un’alimentazione sana e sostenibile – ha presentato il VII Rating dei menù scolastici. A ospitare il resoconto dell’indagine alla Camera dei Deputati è stata l’on. Rossella Muroni, da sempre attenta alle tematiche ambientali e della salute tanto più se correlate alla sostenibilità delle abitudini alimentari.

Alla presentazione, svolta da Claudia Paltrinieri, presidente di Foodinsider, ha preso parte anche la vicepresidente, Francesca Rocchi.

L’indagine di Foodinsider parte da un questionario sviluppato dalla ASL 2 di Milano. L’obiettivo della ricerca è misurare quanto i menù delle mense scolastiche in Italia siano corretti da un punto di vista dietetico, studiare come in questi anni i menù si siano indirizzati verso pratiche più salutari e individuare le mense più virtuose.

Mense scolastiche e cambiamento sostenibile

In sostanza, i menù scolastici sono dieteticamente equilibrati? Viene fornito cibo di qualità? Attraverso i menù scolastici si riesce a diffondere nei bambini e nelle loro famiglie una reale consapevolezza del valore del cibo? Le mense scolastiche possono diventare veicoli di cambiamento sostenibile?

L’analisi di Foodinsider ha preso in esame un campione di 55 menù delle scuole primarie (che rappresentano circa il 30% del servizio di ristorazione scolastica) in tutta Italia.

Per quanto riguarda il Sud, va rilevato che le mense scolastiche sono meno presenti che nel resto d’Italia.

Due novità nel Rating di quest’anno: l’aggiunta dei comuni di Ascoli Piceno e Rieti e un campione di menù dei convitti, che abbondano di cibi gratificanti come patatine fritte, merendine e dolci. L’impatto sulla salute dei ragazzi è importante, dato che coprono dall’80% al 100% dell’apporto nutrizionale.

Il rispetto dei Criteri Ambientali Minimi

Due buone notizie: alcuni istituti stanno valutando di riportare la cucina all’interno delle scuole abbandonando l’affidamento a catering esterni, e il 30% delle scuole esaminate ha intrapreso delle iniziative che rispondono ai CAM, i Criteri Ambientali Minimi approvati nel 2020.

Questo significa che le scuole hanno adeguato le nuove gare d’appalto adempiendo alle disposizioni di legge in vigore dal 2020.  

Cosa vuol dire questo in concreto? Che la dieta è stata riequilibrata diminuendo i cibi processati, nei menù c’è meno carne rossa, sono aumentati i legumi, i cibi biologici e quelli legati alle tradizioni del territorio. Inoltre, sono state eliminate le monoporzioni nei vassoi di plastica.

Complessivamente, si può affermare che nei menù scolastici si registra una crescita di sensibilità verso i temi della salute e del suo rapporto con l’ambiente. Il menù si inserisce in un discorso complessivo che comprende energia e ambiente, e modifica i comportamenti individuali e collettivi.

Informazione e comunicazione

Importante la fornitura di un kit per gli insegnanti, che genera una sorta di “miglioramento circolare”.

Dato per certo che informazione e comunicazione sono alla base del cambiamento, insegnanti consapevoli trasmettono consapevolezza ai bambini, che a loro volta ne parlano in casa con la famiglia.

Tuttavia, va rilevato che ai genitori è ancora vietato l’ingresso in mensa per effettuare controlli.

In molti casi i menù hanno introdotto cibi nuovi, come il miglio: una coltura che ha bisogno di poca acqua (quindi sostenibile anche dal punto di vista ambientale) e si può usare sia come ingrediente delle polpette che al posto del cous cous.

La spia di un disagio

Se il voto degli insegnanti ai menù delle mense scolastiche segnala un miglioramento, il 40% valuta il servizio ancora insufficiente.  

Dei bambini, solo il 7% mangia tutto, il 46% la metà della porzione, il 47% meno della metà. Addirittura l’80% dei bambini di I e II elementare lascia il vassoio intonso.

Come sottolinea Paltrinieri, il problema evidentemente non va ricercato nella qualità ma bisogna esplorare un evidente disagio.

Emerge una diffidenza verso il cibo che, se non affrontata in maniera adeguata, può sfociare in disturbi alimentari gravi come anoressia e bulimia, che dal Covid in poi hanno registrato una crescita preoccupante.

D’altra parte va fatto anche un ragionamento in termini di spreco e di produzione di rifiuti, che sono l’altra faccia della medaglia di una corretta gestione dell’alimentazione.

Chi non mangia placa la fame abbuffandosi di merendine, ed ecco che si affacciano i problemi di salute correlati alla cattiva alimentazione che partono dal sovrappeso e porteranno gli adulti a soffrire di numerose patologie cosiddette non trasmissibili (obesità, diabete, problemi ossei e cardiocircolatori). L’alimentazione diventa così un problema sanitario.

L’omologazione del cibo

Nel tempo il cibo ha perso valore (quanti conoscono il lavoro che c’è dietro alla produzione di cibo?), stagionalità (tutto è sempre disponibile, non c’è più l’attesa di un cibo e la soddisfazione di consumarlo), tutto è omologato.

Foodinsider ha fatto un discorso a parte per la pasta in bianco. Piace ai gestori delle mense perché è facile da preparare e costa poco, piace ai bambini che difficilmente la lasciano nel piatto.

Tuttavia è un piatto che manca di nutrienti completi e soprattutto non educa i bambini a mangiare – fosse anche solo assaggiare – cibi diversi, a sperimentare sapori nuovi.

Salto di qualità

Il Rating di Foodinsider registra quest’anno un miglioramento nel 42% dei menù scolastici esaminati, ma in tre casi c’è un vero e proprio salto di qualità.

Lo scorso anno Aosta era in fondo alla classifica con un menù fatto di bastoncini di pesce, tonno, pasta e riso in bianco o al pomodoro. Quest’anno ha riequilibrato i menù apportando cambiamenti significativi.

Roma ha guadagnato 12 posti in classifica: ha riequilibrato alcuni nutrienti, puntato al biologico e promosso l’acquisto delle forniture in un raggio di 300 chilometri. Nella merenda di metà mattina c’è la spremuta di frutta e il menù prevede ben cinque varietà di pesce, tra cui la spigola fresca. Una dimostrazione che dove ci sono le cucine interne alle scuole (a Roma sono più di 400) si possono elaborare ricette sane e appetitose.

Una menzione speciale va a Lecce, che nei suoi menù incarna i valori della dieta mediterranea proposta attraverso i piatti tipici del territorio. Il SIAN (Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) redige i menù con il preciso obiettivo di combattere l’obesità infantile che qui raggiunge tassi superiori alla media nazionale (oltre il 40%).

I menù sono equilibrati e valorizzano la cucina e i prodotti locali; tra questi si segnala la patata dolce, di cui Lecce è uno dei presidi italiani (insieme al Veneto e all’Agro Pontino). Una scelta importante a sostegno di una produzione che altrimenti finirebbe per scomparire.

Combattere lo spreco

Un’esperienza significativa per combattere lo spreco alla radice (è proprio il caso di dirlo!) è quella del Comune di Sesto Fiorentino: quando c’è una sovrapproduzione di alcuni prodotti, le scuole cambiano menù per adattarli alla disponibilità del mercato agricolo così non si butta via niente.

Dal Rating di Foodinsider emerge un allargamento della forbice tra i menù virtuosi e quelli non sani: la causa è da ricercare in una cattiva gestione del servizio e nell’assenza di governance dell’Amministrazione locale.

Come spingere l’adozione di menù scolastici sani e sostenibili? Una delle proposte emerse è quella di sanzionare chi non applica i CAM e premiare chi invece li assume come criterio guida e misura la carbon footprint del menù.

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