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Perché il Food Systems Summit 2021 ci riguarda da vicino

Il vertice sui sistemi alimentari mondiali prepara il terreno a un nuovo organismo, un “IPCC del cibo” che ricalca la piattaforma sotto egida ONU dedicata al cambiamento climatico. Ecco perché questa mossa è molto criticata

Food Systems Summit 2021: verso un IPCC del cibo?
Foto di NickyPe da Pixabay

Domani si tiene il Food Systems Summit 2021 dell’ONU

(Rinnovabili.it) – Il 23 settembre si terrà l’atteso Food Systems Summit 2021, il vertice internazionale sui sistemi alimentari globali. Annunciato dal segretario generale dell’ONU Antonio Guterres nell’ottobre di due anni fa, il summit serve per rilanciare l’azione globale e trasformare il modo in cui produciamo il nostro cibo.

Ma l’evento può gettare le basi per un altro sviluppo: la creazione di una piattaforma “ufficiale”, internazionale e legata a doppio filo all’ONU, che detti la linea sulla direzione futura. L’idea è quella di dare vita a una sorta di “IPCC del cibo”, un organismo analogo al Panel intergovernativo sul cambiamento climatico che raccoglie, analizza e sintetizza il consenso scientifico attorno al climate change. Un ente le cui posizioni deciderebbero, in una certa misura, cosa metteremo nei nostri piatti in futuro e con quale impatto sul clima.

I temi del Food Systems Summit 2021

Come molti incontri del genere, il Food Systems Summit 2021 è il punto di arrivo di un processo più lungo. Quello del vertice sui sistemi alimentari mondali è iniziato un anno e mezzo fa e ha mobilitato 148 paesi, scienziati, decine di organizzazioni industriali e – in misura molto minore – la società civile e le comunità indigene. Proprio per questo sbilanciamento, il summit è molto criticato da ong e nativi: dare la parola all’industria su come cambiare la produzione globale di cibo, sostengono, non porta da nessuna parte, anzi peggiora solo la crisi alimentare e climatica in cui viviamo.

La parte del vertice che finirà di più sotto i riflettori, comunque, sarà un’altra: gli annunci dei singoli Stati con gli impegni che si assumono per raddrizzare le politiche alimentari e le filiere. Sono iscritti a parlare più di 85 capi di Stato e di governo, che spiegheranno le iniziative che il loro paese porterà avanti per contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 dell’ONU.

Al Food Systems Summit 2021 dovrebbero poi vedere la luce alcune iniziative e coalizioni globali tematiche. In dettaglio, ci si aspetta qualche annuncio sulle mense scolastiche e pasti per ogni studente, sulla lotta allo spreco alimentare verso l’obiettivo zero rifiuti, e una “missione di innovazione dell’agricoltura per il clima”.

Un IPCC del cibo?

L’annuncio con l’effetto più profondo sul sistema alimentare mondiale, però, potrebbe arrivare su un altro fronte. Nel 2015 l’IPCC aveva suggerito di creare un organismo analogo che si occupasse del cibo a livello globale. Un’idea che si è fatta strada pian piano e che potrebbe fiorire proprio al Food Systems Summit 2021, almeno in una forma embrionale.

Anche questa mossa è finita presto sotto una tempesta di critiche, e la gestione del summit da parte delle Nazioni Unite non aiuta a rasserenare gli animi. Questo IPCC del cibo viene rigettato da buona parte delle organizzazioni della società civile attive in questo campo come una interfaccia inutile e pericolosa tra scienza e politica.

Il rischio? Dare voce solo a tecnici, nominati dai governi, lasciando fuori dalla porta quella fetta di portatori di interesse che vanno dai piccoli agricoltori alle ong alle comunità indigene. In pratica, gran parte di coloro che praticano modelli di agricoltura sostenibile distanti da quelli intensivi e industriali. Punti sottolineati anche in un intervento su Science da alcuni scienziati, che temono che il nuovo IPCC del cibo – ricalcando alcuni punti deboli dell’IPCC originario – faccia troppo affidamento su tecnologie sperimentali e molta meno attenzione a riforme politiche ed economiche di portata strutturale. Esattamente come, quando si tratta di climate change, l’industria oil&gas spinge per le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 per “compensare” le emissioni (che non vogliono abbattere).

Chi decide cosa mangiamo?

Quanto è fondato il rischio lo possiamo intuire da una piccola anteprima emersa nei giorni scorsi. Il Food Systems Summit 2021 presenterà dei position paper, cioè dei documenti tematici che riassumono la “posizione comune” dei portatori di interesse su una certa questione. A loro volta, questi documenti diventano i binari lungo i quali si muove il summit (e le iniziative successive).

Ma queste posizioni riflettono gli interessi di chi le prepara, come si vede dal documento sulle traiettorie future degli allevamenti: al tavolo erano seduti solo organismi legati all’industria globale della carne, e il risultato è che vi si sostiene che servono più allevamenti intensivi (con l’aggiunta di nuove tecnologie) per combattere sia il cambiamento climatico sia l’insicurezza alimentare. Una posizione che fa a pugni con l’impronta di carbonio della bistecca: proprio dall’allevamento arriva il 14% delle emissioni globali e il settore del food è quello dove si registrano meno progressi.