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Fondazione Barilla, Resetting the Food System from Farm to Fork

“Resetting the Food System from Farm to Fork”, forum mondiale sul futuro dell’alimentazione organizzato da Fondazione Barilla in collaborazione con Food Tank ha dato voce ai vari attori dell’agrifood. Su una cosa tutti sono concordi: non ci sono alternative alla sostenibilità

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di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – «Non abbiamo alternative alla sostenibilità. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare, è tempo di agire. Dieci anni ci separano dall’Agenda 2030: credo che siano abbastanza per generare una rivoluzione, e i prossimi cinque anni saranno cruciali. Il futuro dell’alimentazione è nelle nostre mani». Guido Barilla, presidente del Gruppo Barilla, ha dato l’avvio a “Resetting the Food System from Farm to Fork: Setting the Stage for the 2021 UN Food Systems Summit”, il forum mondiale che la Fondazione Barilla e Food Tank hanno dedicato alle nuove prospettive dell’alimentazione in preparazione del Food Systems Summit delle Nazioni Unite che si terrà nel 2021. Nelle parole di Barilla l’esortazione a costituire un’alleanza di tutte le componenti della società per spingere l’acceleratore verso la sostenibilità agroalimentare. A presentare le diverse sezioni Danielle Nierenberg, presidente e fondatrice di Food Tank e Gerry Salole, membro del Board Impact Trust (UK, RSA). Nierenberg ha evidenziato l’impatto ambientale dei sistemi agroalimentari, a cui si deve il 37% dei gas serra. Le scelte alimentari riguardano la salute e l’equità sociale, incidono sul clima e la biodiversità: quindi l’accesso a un’alimentazione sana si traduce in sostenibilità ambientale.

«L’ingrediente più costoso di ogni piatto è il tuo tempo, cucinare è un atto di grande intimità dove ognuno lascia la propria impronta» ha affermato la prima ospite del forum Asma Khan, chef e fondatrice di Darjeeling Express, il ristorante londinese dove “la cucina indiana è preparata con il cuore”. Asma Khan vuole dimostrare che il cibo è sinonimo di cultura e chi gestisce un ristorante non deve limitarsi a cucinare, ma anche opporsi allo spreco di cibo come alle discriminazioni: Asma infatti si batte per dare voce alle donne in un mondo che le tiene in disparte. La pandemia è una lezione che ha riguardato tutti. «Nessuno vive isolato in una bolla, tutti dobbiamo contribuire alla comunità di cui facciamo parte, tutti siamo ugualmente vulnerabili, dobbiamo tornare a rispettare la terra e la stagionalità dei suoi prodotti. Non pensiamo solo al profitto, facciamo qualcosa per gli altri e non ci pentiremo». Asma Khan viene da un Paese dove la gente muore di fame, dove le bambine mangiano meno dei bambini, perfino l’acqua è lasciata agli uomini e ai bambini: «Il diritto al cibo non sia riservato a pochi: riconosciamo il privilegio di poterci nutrire perché a molti è negato, e rispettiamo il cibo che non deve mai essere gettato via».

I piccoli agricoltori nutrono il mondo

I piccoli agricoltori producono il 70% del cibo al mondo, eppure sono tra i gruppi più a rischio di insicurezza alimentare, situazione peggiorata con la pandemia. La transizione verso un’agricoltura sostenibile non potrà prescindere dai piccoli agricoltori, ma avranno bisogno di un sostegno economico che garantisca loro una vita dignitosa e di un giusto accesso alla terra, come emerso nel panel “Gli agricoltori nutrono il mondo” del forum “Resetting the Food System from Farm to Fork”.

«Per Malcom X la terra è alla base di tutte le rivoluzioni in nome di libertà, giustizia e uguaglianza. Parlare di risarcimento per gli agricoltori neri o nativi americani è parlare di terra» ha spiegato Leah Penniman, cofondatrice di Soul Fire Farm, una comune agricola statunitense impegnata a sradicare il razzismo e promuovere la sovranità nel sistema alimentare. «A molti neri e indigeni la terra era stata sottratta, e oggi il 98% dei terreni agricoli è in mano ai bianchi. Quindi parlare di risarcimento è parlare di una necessaria riforma della proprietà agraria: qualcosa si sta muovendo per restituire le terre agli originari proprietari e dare loro una fonte di sostentamento». L’impatto del Covid-19 è molto pesante nelle campagne: sono stati accertati più di 1.500 casi tra gli agricoltori. La metà di essi non ha i documenti per lavorare regolarmente negli USA, e quindi non ha diritto alle cure né a un indennizzo. L’unica cosa positiva, sottolinea Penniman, è che ci si è resi conto di come sono trattati gli agricoltori «da un sistema fondato sullo sfruttamento della manodopera e sulle terre rubate». 

Anche in Africa la situazione è complicata, come ha dichiarato Edie Mukiibi, vicepresidente di Slow Food International. «L’accaparramento delle terre si manifesta in varie forme: come leggi imposte dalle comunità locali per appoggiare gli interessi di potenti corporations o per incoraggiare l’ingresso di grandi investitori stranieri. Per questo motivo stiamo creando un movimento di opposizione formato da giovani e piccoli agricoltori che controlla le leggi relative al possesso della terra e rafforziamo le comunità, che sono alla base di Slow Food».

Seppurecon le dovute differenze, «anche in Europa il primo ostacolo per i giovani agricoltori è l’accesso alla terra», conferma Jannes Maes, presidente del Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori (CEJA), un forum per il dialogo tra giovani agricoltori e decision makers. «Ci sono sfide comuni in tutto il mondo per gli agricoltori, come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità» ha proseguito Maes. Cambiare verso la sostenibilità ha dei costi: è quindi importante che tutti gli agricoltori siano formati e sostenuti in questa transizione.

È giusto che gli agricoltori ricevano dei sussidi? Dipende. In Africa, ad esempio, i sussidi sono sotto forma di concimi e fertilizzanti chimici e semi ibridi che vengono accettati e utilizzati senza capire che comportano una perdita di sovranità alimentare. «Bisogna adottare la bioagricoltura che non danneggia la salute né l’ambiente e preserva la biodiversità», ribadisce Mukiibi. 

Per Janusz Wojciechowski, commissario europeo all’Agricoltura, «i sistemi agroalimentari europei sono tra i più sicuri ed efficienti, l’Europa è uno dei maggiori esportatori di cibo. Nella strategia Farm to Fork è presente una visione olistica e concreta per trasformare le nostre abitudini, che indica tra le priorità strategiche la diminuzione di pesticidi, una transizione verde per una maggiore sostenibilità». Dobbiamo però trasformare le nostre abitudini. Non esiste una soluzione miracolosa, ma con la partecipazione di tutti le pratiche sostenibili possono diventare una realtà. Nessuno può pensare di tirarsi fuori, abbiamo compreso che siamo tutti interdipendenti, nessuno si salva da solo.

Il futuro della ristorazione secondo gli chef

Molto intenso il succedersi di brevi battute tra gli chef Dan Barber, Massimo Bottura, Bobby Chinn, Tanya Holland e Danny Meyer, Fondatore e CEO di Union Square Hospitality Group nell’ambito di “Resetting the Food System from Farm to Fork”. Il Covid-19 li ha messi in pausa, a ripensare come ritrovarsi dopo la pandemia e capire come cambierà la ristorazione. Tutti concordi nel riconoscere il ruolo sociale del loro lavoro: non possono cambiare il mondo ma sicuramente renderlo migliore, ad esempio affidandosi ai produttori locali per ridurre l’impronta ecologica, trasmettendo l’amore per il cibo e insegnando che non va sprecato. «Cominciamo il cambiamento a livello locale, piano piano avrà portata nazionale», impegni non solo etici ma per la salute dell’uomo e del Pianeta. «Cucinare è un atto d’amore, ora è una chiamata all’azione», ha concluso Massimo Bottura, pluripremiato chef dell’Osteria Francescana che in occasione di Expo 2015 ha avviato un meraviglioso esperimento che da temporaneo è diventato stabile e si è diffuso in varie città del mondo: il Refettorio Ambrosiano, un luogo dove oltre al corpo si nutre lo spirito ispirati dalle parole di Papa Francesco contro la cultura dello scarto.

Alimentazione e salute

«Il cibo è centrale nelle nostre vite sotto vari aspetti» ha affermato Jeffrey Sachs, direttore del Centro per lo Sviluppo Sostenibile della Columbia University e del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite (UN SDSN). «Ci nutre, ma allo stesso tempo ci sono miliardi di persone malnutrite o affamate; agricoltura e allevamenti sono grandi inquinatori». Il Pianeta ha suonato un allarme che non possiamo ignorare.

Sara Bleich della Harvard Chan School of Public Health ha rammentato le due facce della medaglia alimentare: una dieta sana può prevenire o talvolta curare alcune malattie, una dieta povera o non equilibrata ci fa ammalare, trovandosi d’accordo anche con i partecipanti al panel “Il cibo come prevenzione”. L’educazione è indispensabile e va iniziata prestissimo, ma non basta, anche se i giovani dimostrano maggiore responsabilità nelle scelte quotidiane. Come esiste l’accesso ai sistemi sanitari dovrebbe essere garantito anche l’accesso ad almeno un pasto al giorno, nel nome dell’inclusione sociale. Quello che serve è un’azione incisiva dei governi nella consapevolezza del legame tra ambiente, agricoltura e salute: «se vogliamo una società sana dobbiamo cambiare il nostro stile di vita». In questo ci può aiutare «l’innovazione tecnologica, ad esempio con l’agricoltura di precisione, preziosa per il risparmio idrico e per ridurre la chimica in agricoltura», ha puntualizzato Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia Romagna. Senza dimenticare il ricorso alla tecnologia blockchain, un registro digitale di dati condivisibili e aggiornabili che ne garantisce l’affidabilità.

«Il cibo è un diritto di tutti, è trasversale a tutti i Goal dell’Agenda 2030: è ambiente, economia, società, cultura, paesaggio. Ha un impatto di sistema su tutta la società, per questo è necessario prestare attenzione a tutta filiera, sostenerla per garantire l’equità e diminuire l’insicurezza alimentare. La dieta mediterranea è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità: recuperiamo la nostra tradizione non solo per orgoglio nazionale ma anche per guidare la ripresa salvaguardando il benessere dei cittadini», ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo messaggio.