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Florovivaismo: incentiviamo le energie rinnovabili

Florovivaismo
via Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Fiaccato da due anni di pandemia, il florovivaismo sta vivendo un’emergenza infinita da cui stenta a risollevarsi. Appena stava provando a ripartire, ecco che arriva la stangata energetica.

Il florovivaismo destina quindicimila ettari alle colture in serra, che rappresentano quasi il 50% della superficie totale del settore.

Il florovivaismo ha bisogno di energia

Il caro energia, aggravato dall’invasione russa dell’Ucraina, ha fatto schizzare il prezzo delle bollette del 50%: risultato, i costi di produzione superano i prezzi di vendita e un’azienda florovivaistica su tre è costretta a ridurre le produzioni.

Il costo della spesa energetica potrebbe compromettere anche il raffrescamento, necessario nei mesi più caldi, che incide fino al 15% sui consumi totali.

Nel florovivaismo ci sono coltivazioni particolarmente energivore: le orchidee, ad esempio, hanno bisogno di almeno 14 ore al giorno di energia per illuminare le serre e riscaldarle a 20-22 gradi. Altri fiori, come rose, gerbere o tulipani, serve una temperatura fissa di almeno 15 gradi.

Spiega Coldiretti che per una serra di mille metri la perdita netta è di 1.250 euro: due le alternative, la chiusura o la riconversione dell’attività e, come illustrano i dati dell’indagine Coldiretti/Ixè, il 68,8% delle imprese sta facendo l’impossibile per mantenere le produzioni.

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Rincari insostenibili

Il caro energia non riguarda solo il riscaldamento delle serre, ma anche il carburante per la movimentazione dei macchinari e per il trasporto delle merci (l’85% viaggia su gomma).

Sul fronte dei fertilizzanti (torbe e prodotti fitosanitari) le cose non vanno meglio, con aumenti che in alcuni casi hanno superato il 140%. I prezzi crescono anche per gli imballaggi (plastica, vetro e carta), con i tempi di consegna che si allungano anche di cinque volte.

La primavera è in arrivo, e potrebbe ridare slancio al florovivaismo, ma in queste condizioni non sembrano esserci grandi prospettive.

Se prima le serre erano un fattore di competitività, ora bisogna fare i conti con il cambiamento climatico e la crisi economica.

Accelerare verso le rinnovabili

Cia e Florovivaisti Italiani spingono perché anche nel florovivaismo si faccia uno scatto in avanti: bisogna incentivare subito lo sviluppo e la diffusione delle energie rinnovabili per la gestione colturale e climatica.

Si guarda alle interessanti potenzialità dell’agrivoltaico come a tutti gli interventi per l’efficientamento energetico.

Ovviamente il processo di transizione verso sistemi energetici più efficienti e meno impattanti sull’ambiente è complesso.

Ma è «una sfida che si può vincere grazie anche al PNRR, per abbattere, nel lungo periodo, importanti costi di produzione e salvare un settore strategico per i servizi ambientali, eco-sistemici e per il benessere della collettività», ha dichiarato Mauro Di Zio, vicepresidente di Cia-Agricoltori Italiani.

Obiettivo comune, la neutralità climatica

Il presidente di Florovivaisti Italiani, Aldo Alberto, sottolinea che si deve «lavorare insieme a istituzioni, ricerca e scienza per ridurre sempre di più la dipendenza energetica dall’estero e contribuire all’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.

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Il florovivaismo italiano, uno dei settori più specializzati e con maggior numero di addetti per superficie, merita una vera regolamentazione e, quindi, il Governo concluda velocemente l’iter del disegno di legge dedicato».

Coldiretti, numeri alla mano, invita a sostenere un settore cardine dell’economia italiana che vale 2,57 miliardi di euro: 27mila aziende florovivaistiche che danno lavoro a 200mila persone.

La chiusura dei vivai italiani, inoltre, favorisce l’importazione dall’estero di fiori coltivati sfruttando i lavoratori: una concorrenza sleale da parte di chi non gioca con le nostre stesse regole.

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