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FiberX, la fibra invisibile per una dieta più sana

Foto di Robert Owen-Wahl da Pixabay

(Rinnovabili.it) – I ricercatori del Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT) hanno scoperto il modo per aggiungere fino al 20% di fibre negli alimenti, senza che sia possibile rilevarne la presenza da una variazione del colore, del sapore o della consistenza. Questa sostanza, denominata FiberX, si può ricavare da amidi che altrimenti diventerebbero rifiuti agricoli.

La fibra è un elemento insostituibile delle diete sane

I nutrizionisti riconoscono da tempo il valore della fibra nelle diete sane. Ad esempio, la fibra ha un ruolo importante nella prevenzione dell’obesità, del diabete di tipo 2 e di alcune malattie cardiovascolari. Inoltre è determinante nello stimolare la buona funzionalità intestinale.

RMIT ha sviluppato la nuova fibra “invisibile” FiberX in collaborazione con Microtec Engineering Group.

Aggiungere la fibra invisibile agli alimenti può essere una scoperta significativa per potenziare il valore nutrizionale di alcuni cibi. Ad esempio, si può aggiungere una dosa extra di fibra a cibi come il pane bianco – o altri alimenti di base, largamente consumati – senza modificarne il gusto, la morbidezza o l’aspetto, cosa che in realtà rappresenta molto spesso uno dei principali problemi degli integratori di fibre attualmente disponibili sul mercato.

Oltre ad essere completamente invisibile, FiberX non ha il sapore di un normale additivo e quindi non è percepibile al gusto, anche per questo rimane in un certo senso “nascosta”.

Dalla modificazione chimica a quella naturale

Il team di ricercatori, grazie a trattamenti chimici, ha modificato la struttura molecolare di amidi come la manioca, il grano o il mais, li ha trasformati in alimenti altamente digeribili che causano rapidi picchi glicemici e si comportano come la fibra alimentare naturale. Alla prova di assaggio i ricercatori hanno visto che aggiungendo una percentuale di fibre variabile dal 10 al 20% non si percepisce alcuna differenza.

I test di laboratorio sugli amidi trasformati hanno evidenziato che è possibile convertire chimicamente oltre l’80% dell’amido in fibra alimentare. Attualmente i ricercatori stanno lavorando sugli enzimi per ottenere lo stesso risultato, ma “chemical free” e con un minore impatto ambientale.

I ricercatori del RMIT stanno ragionando anche in un’ottica di economia circolare: è nata una collaborazione con Fight Food Waste Cooperative per recuperare gli amidi e le fibre di scarto della produzione. Poter disporre di una maggiore quantità di fibra sostenibile apre anche la strada alla commercializzazione.

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