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Export agroalimentare da record nel 2022

Nel 2022 l’export agroalimentare italiano potrebbe raggiungere i 60 miliardi: un record, nonostante le molte difficoltà dovute alla situazione attuale, tra guerra, cambiamento climatico e prezzi dell’energia alle stelle. Per un settore portante della nostra economia è necessario che il Governo accompagni gli agricoltori con provvedimenti adeguati

Foto di Raphael Rychetsky su Unsplash

L’export agroalimentare italiano potrebbe raggiungere i 60 miliardi nel 2022: una cifra da record, nonostante le tante congiunture negative con cui devono confrontarsi produttori e consumatori, a cominciare dall’impennata dei costi dell’energia che colpisce in vario modo sia le aziende che le famiglie.

L’export cresce, nonostante le difficoltà

Un’analisi di Coldiretti su dati Istat rileva infatti che fino a ottobre 2022 l’export agroalimentare ha registrato un eccezionale +17,80%, anche se la guerra e le tensioni internazionali sugli scambi hanno creato uno scenario tutt’altro che favorevole a livello mondiale.

Quali sono i principali mercati di sbocco del nostro export agroalimentare? La Germania guida il gruppo dei nostri estimatori superando gli Stati Uniti e la Francia. In netta ripresa (+18%) l’export verso il Regno Unito, che aveva subito una flessione nel primo periodo della Brexit.

Se anche l’export verso la Turchia è in crescita (+25%), guerra e sanzioni hanno segnato un calo di esportazioni verso la Cina e la Russia.

Quali sono i prodotti italiani preferiti all’estero? Il vino è in testa, seguito dai prodotti ortofrutticoli freschi.

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Agire sui ritardi strutturali

«Per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia nazionale serve agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo» dichiara il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.

I fondi del PNRR sono un’importante opportunità per modernizzare la logistica nazionale; come sottolinea Prandini, ogni ritardo reca all’Italia un danno importante in termini di minori opportunità di export.

Prandini rileva inoltre l’importanza di sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati valorizzando il ruolo strategico dell’ICE (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) con il sostegno delle ambasciate.

Se quindi l’agricoltura si conferma un comparto importante dell’economia italiana, pochi sanno che contribuisce al Pil per un valore di 570 miliardi.

I necessari sostegni all’agricoltura

L’indiscussa qualità dei prodotti italiani è oltremodo apprezzata in tutto il mondo, come dimostrano i numeri dell’export.

Un primato da difendere con provvedimenti adeguati, come sottolinea Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura: «Il 2022 è stato un anno difficile: in particolare la siccità, il caro energia spaventano e mettono preoccupazione per l’anno che verrà.

Il nostro settore può crescere ancora, ma se non mettiamo in campo alcune misure urgenti, come ad esempio ha fatto il governo tedesco impegnando 200 miliardi per l’economia, o la Francia, che ha messo un tetto al costo dell’energia supportando l’agricoltura, noi italiani rischiamo più degli altri.

Capisco che le misure che il Governo ha a disposizione sono limitate, ma dobbiamo cercare di spenderle bene per migliorare la nostra posizione, continuando a produrre cibo di qualità».

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Sostenere l’internazionalizzazione

Nel mercato globale l’Italia ha competitor molto aggressivi, pertanto è fondamentale che il Governo sostenga gli agricoltori a rimanere nel mercato con prodotti di qualità che rappresentano il Made in Italy. L’export italiano una presenza da mantenere oggi, ma soprattutto da proiettare nel futuro.

«Le tecnologie e il digitale saranno determinanti per poter raccontare meglio quello che facciamo.

Quindi, da una parte la promozione e l’informazione, dall’altra accordi commerciali che debbano necessariamente chiedere pari livelli di standard qualitativi e produttivi a livello internazionale, perché altrimenti facciamo una competizione impari», ha affermato il presidente di Confagricoltura.