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Quanti danni fanno le etichette ingannevoli sul clima?

La maggior parte di queste etichette, che pretende di vendere alimenti climaticamente neutri, si basa sul carbon offsetting. È un approccio “brucia ora, paga dopo” che immette subito CO2 in atmosfera ma ci mette decenni per rimuoverla. Sempre che i progetti di rimozione del carbonio raggiungano i risultati previsti

Etichette ingannevoli sul clima: l’Ue le metta al bando
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Il dossier dell’organizzazione europea dei consumatori BEUC sulle etichette ingannevoli sul clima

(Rinnovabili.it) – Sugli scaffali dei supermercati ci sono più credenziali verdi che reali tagli alle emissioni. Una proliferazione di etichette “prodotto CO2 neutrale” che in molti casi non hanno corrispondenza nella reale impronta di carbonio dell’alimento. Oltre ad essere un’espressione volutamente vaga. E quindi ingannevole. Una pratica, quella delle etichette ingannevoli sul clima, che l’Europa dovrebbe mettere al bando senza pensarci due volte.

Lo chiede il BEUC, l’organizzazione-ombrello che riunisce dal 1962 46 enti per la tutela del consumatore indipendenti. In un rapporto pubblicato di recente, passa in rassegna le etichette ingannevoli sul clima che si trovano comunemente in 10 paesi europei e sostiene che facciano “più male che bene”.

I punti deboli delle etichette ingannevoli sul clima

La ragione principale? Si basano sul carbon offsetting, la compensazione di emissioni di carbonio. Ma spesso senza alcun rigore scientifico. Un modo per inquinare adesso con la promessa futura di rimuovere tali gas serra. “Questo approccio “brucia ora, paga dopo” non affronta la durata di vita del carbonio emesso, che può rimanere per centinaia di anni, mentre gli schemi di compensazione del carbonio, che spesso si basano su progetti forestali, non hanno alcuna garanzia di permanenza”, sottolinea il rapporto.

E c’è poi il problema dello sfasamento temporale. Le emissioni derivate dalla produzione dell’alimento entrano in atmosfera adesso, mentre i progetti di carbon offsetting le rimuoveranno solo nell’arco di alcuni decenni. “In un momento di emergenza climatica, la sfumatura è significativa”, puntualizzano gli autori.

Le etichette ingannevoli sul clima mettono poi i consumatori di fronte a una falsa scelta ecologica. Comprando un prodotto perché “buono per il clima”, gli acquirenti contribuiscono invece all’aumento delle emissioni. E rallentano altri cambiamenti che sarebbero invece indispensabili per raggiungere gli obiettivi climatici. Come i cambiamenti nella dieta individuale, preferendo le diete più a base di vegetali invece di carne e latticini. Un punto ribadito anche dall’ultimo rapporto dell’Ipcc sulla crisi climatica e gli stili di vita sostenibili (AR6 WGIII).