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Effetto Brexit, a rischio export e sicurezza alimentare

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Via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Com’era prevedibile l’effetto Brexit pesa sulla nostra bilancia commerciale. Il Regno Unito è al quarto posto tra i partner commerciali dell’Italia, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. I prodotti agroalimentari più gettonati sono il Prosecco e il vino in generale, i derivati del pomodoro, la pasta, i formaggi, i salumi e l’olio d’oliva.

Da quanto è entrata in vigore la Brexit le esportazioni agroalimentari nel Regno Unito – che ammontano a circa 3,5 miliardi di euro l’anno –­ hanno segnato un calo superiore al 10% per la prima volta da dieci anni a questa parte. Fortunatamente il dato è in controtendenza con l’aumento registrato sul mercato mondiale (+12%).

Il pericolo di riduzione dei controlli sanitari

Un ulteriore elemento di preoccupazione viene da una proposta della Commissione Europea per semplificare l’applicazione del Protocollo sulla Repubblica d’Irlanda e sull’Irlanda del Nord sottoscritto nel quadro della Brexit che porterebbe a ridurre dell’80% (!) i controlli sanitari e fitosanitari delle merci che dal Regno Unito arrivano nell’Irlanda del Nord. Questa è di fatto rimasta nel mercato unico e nell’accordo doganale dell’Unione Europea, in tal modo è stato possibile non ripristinare il confine fisico tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord.

L’intenzione del Regno Unito di rinegoziare il Protocollo potrebbe sfociare in una guerra commerciale. Le posizioni delle nostre associazioni sono ferme ma disposte a sedersi a un tavolo. Quello su cui Coldiretti non intende, giustamente, cedere è che sia messo a repentaglio il sistema alimentare europeo con i suoi controlli.

Sulla stessa linea si esprime anche Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura: «Va assolutamente scongiurato un contenzioso commerciale con il Regno Unito, che è uno dei principali mercati di sbocco per i nostri prodotti agroalimentari. Sono di fondamentale importanza anche l’integrità del mercato unico dell’Unione e il rispetto delle regole europee in materia di sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale».

Finiremo per importare i prodotti italiani contraffatti?

Le proposte della Commissione Europea prevedono una serie di impegni delle autorità britanniche, soprattutto in tema di controllo (sistema di etichettatura, monitoraggio delle catene di approvvigionamento, posti di controllo permanenti). Se però il sistema non dovesse funzionare potrebbero arrivare sui nostri mercati prodotti agroalimentari non conformi alle regole UE.

Dopo Brexit, il Regno Unito sta negoziando accordi commerciali preferenziali con i Paesi terzi (Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Paesi asiatici). Il rischio, ahimè non troppo remoto, è che finiremmo per importare le imitazioni dei nostri prodotti a indicazione geografica e di qualità.

A tale proposito, Coldiretti ricorda le vertenze che in passato hanno opposto l’Unione Europea al Regno Unito per la vendita di falso Prosecco alla spina o in lattina, per non parlare dei kit per produrre in casa finti Barolo e Valpolicella o addirittura Parmigiano Reggiano.

La Brexit e i danni per la salute

A prescindere dal danno esclusivamente economico, ce n’è uno ancora più importante sul piano della salute. In mancanza di controlli sul rispetto delle regole sanitarie, in Irlanda del Nord potrebbero arrivare prodotti vietati nell’UE come il pollo al cloro o la carne agli ormoni, ma invece consentiti in Nord America.

L’allarme di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti è decisamente realistico: «Senza controlli alle frontiere la Gran Bretagna potrebbe diventare il cavallo di Troia per l’arrivo del falso Made in Italy che nel mondo fattura 100 miliardi e che vede tra i maggiori contraffattori gli USA, il Canada e l’Australia».

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