Dynamik Space attraverso spazi tecnologici per l’agricoltura indoor vuole stimolare un’interazione del consumatore con gli ingredienti del piatto che ordina e invogliarlo a saperne di più sul suo cibo
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Coltivare i propri alimenti per costruire un sistema alimentare migliore. A Seattle, negli Stati Uniti, lo studio di architettura Dynamik Space progetta spazi per l’agricoltura indoor a forte connotazione tecnologica insieme a 3.14DC. Uno degli ultimi concetti di design si chiama “Where grains & green meet”, una bancarella di micro alimenti touchless (l’utilizzatore non deve toccare lo schermo o la tastiera perché il dispositivo funziona con suoni o movimenti) con un orto interno che fornisce ai clienti gli ingredienti freschi. L’obiettivo è stimolare un’interazione del consumatore con gli ingredienti del piatto che ordina e invogliarlo a saperne di più sul suo cibo: una specie di ristorante con educazione alimentare annessa.
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Melanie Corey-Ferrini, fondatrice di Dynamik Space, nel 2014 ha ideato anche Beam Experiences per educare gli studenti di Seattle attraverso programmi di scienza, tecnologia, ingegneria, arte e matematica (STEAM) esperienziali. L’apprendimento pratico di Beam Experiences l’ha ispirata a utilizzare Dynamik Space e 3.14DC per spiegare agli studenti delle scuole superiori i sistemi alimentari locali e aiutarli a comprendere l’importanza del cibo sano.
Dynamik Space e 3.14DC collaborano inoltre con organizzazioni locali, come Soroptimist Seattle, per insegnare agli adulti come utilizzare gli orti urbani e coltivare il proprio cibo, diventando più autosufficienti dal punto di vista alimentare ed economico. Il Covid-19 ha infatti precipitato nell’insicurezza alimentare circa 2,2 milioni di persone nella sola Washington, coltivare un orto urbano potrebbe essere una forma di sostegno.
Un nuovo concetto di ristorazione
Melanie Corey-Ferrini e Joshua D. Mass hanno partecipato al Foodservice Pioneering Concept (FPC) dove era richiesto di ideare un servizio di ristorazione in luoghi non tradizionali e non attrezzati per la ristorazione, con un accesso all’acqua limitato e senza connessioni per gas e ventilazione. Hanno presentato un progetto per un concetto nuovo di ristorazione, dove il cliente è coinvolto in prima persona dalla colazione alla cena in un menù che diventa un’esperienza green, tra offerte nutrizionali di verdure, cereali ricchi di proteine, latticini: tutto combinabile a piacere.
Il menù non ha bisogno della cappa aspirante, la struttura modulare è composta da box metallici e illuminata a led. In pratica, il cliente fa l’ordinazione utilizzando un’app con cui personalizza la sua ciotola trasparente (completamente compostabile) ricca di sostanze nutritive. Una volta pronta, la ciotola viene messa in un armadietto touchless e pulita dai raggi UV.
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Se prima della pandemia la ristorazione veloce era una necessità dettata dalla vita frenetica, ora il cibo preparato senza contatto diventa un’esigenza igienica. Un’idea da tenere d’occhio, dati i tempi, ma anche scambiare due parole con il ristoratore era un’esperienza umana che forse vorremmo ritrovare.