(Rinovabili.it) – Coldiretti lancia l’allarme per la ristorazione e di conseguenza per tutta la filiera agroalimentare dopo l’ultimo DPCM che impone la chiusura di bar, ristoranti, pub e pizzerie alle 18,00: una condanna a morte per molte attività della ristorazione. Dispiace constatare che la chiusura indiscriminata andrà a colpire gli esercenti che si erano dimostrati più ligi alle regole per quanto riguarda il distanziamento, le modalità di servizio e la regolare sanificazione dei locali. Probabilmente un controllo più severo degli assembramenti scriteriati di cui tutti abbiamo visto, con grande preoccupazione, le immagini avrebbero scongiurato la necessità di questo nuovo provvedimento.
I nuovi limiti di orario determinano la perdita del 63% dei clienti, ovvero 6 persone su 10, su un comparto già duramente provato dal lockdown della primavera scorsa. Questi sono i numeri che, dalle stime di Coldiretti, indicano quanti almeno una volta al mese amano mangiare fuori casa. La maggior parte delle attività di ristorazione trovano una sostenibilità economica solo con il lavoro serale; mancando questo, molti locali hanno deciso di non aprire affatto. La pausa pranzo, che prima del Covid-19 garantiva un buon volume di affari anche grazie alla clientela abituale, adesso è un rito praticamente scomparso: da un lato il lavoro da remoto ha quasi azzerato il numero dei clienti, dall’altro non ci sono più abbastanza turisti per giustificare le aperture.
Leggi anche La pandemia cambia la spesa alimentare
L’impatto sulla filiera alimentare è drammatico. Per il mese di chiusura imposto dal decreto Coldiretti stima la perdita in oltre un miliardo di euro di fatturato che non risparmia nessuna categoria: carne, pesce, vino, olio, frutta, verdura, formaggi, salumi. Per il settore ittico e per quello vitivinicolo la ristorazione è il canale di commercializzazione principale per fatturato.
Per avere un’idea dei numeri, in tutta Italia ci sono circa 330mila tra bar, mense e ristoranti. L’onda lunga della chiusura si abbatte anche su 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera, ovvero quelle che garantiscono le forniture: il tutto si traduce in 3,8 milioni di posti di lavoro a rischio.
Non sono tranquilli nemmeno gli operatori agrituristici, titolari di 24mila realtà diffuse sul territorio nazionale (secondo i dati di Campagna Amica). Si tratta in gran parte di strutture familiari – spesso situate in zone isolate – con pochi posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto: caratteristiche che dovrebbero facilitare il rispetto delle misure di sicurezza.
In questo scenario, Coldiretti chiede un adeguato e immediato sostegno economico per tutta la filiera ed incentivi all’acquisto di prodotti alimentari italiani.