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DOP e IGP, le eccellenze agroalimentari italiane

dop igp
By Nikotota – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=66904170

di Isabella Ceccarini

Per DOP Economy si intende l’economia che ruota intorno alle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane che hanno ottenuto il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita).

DOP IGP

In cosa si differenziano, in sintesi, questi tre gruppi di prodotti? La Denominazione di Origine Protetta è un marchio di tutela giuridica attribuito dall’Unione Europea agli alimenti le cui caratteristiche dipendono dal territorio di produzione.

Perché un prodotto sia riconosciuto DOP le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un’area geografica delimitata. Inoltre i prodotti DOP devono attenersi alle regole stabilite dal disciplinare di produzione; un organismo di controllo indipendente garantisce il rispetto di tali regole.

L’Indicazione Geografica Protetta è un marchio d’origine è un marchio che l’Unione Europea attribuisce a prodotti agricoli e alimentari le cui caratteristiche e qualità dipendono dall’origine geografica.

Almeno una delle tre fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione deve avvenire all’interno di un’area geografica definita. Anche i prodotti IGP devono rispettare le regole stabilite dal disciplinare di produzione e un organismo di controllo indipendente garantisce il rispetto delle regole.

STP, il marchio meno diffuso

La Specialità Tradizionale Garantita è un marchio d’origine con cui l’Unione Europea intende tutelare le produzioni caratterizzate da metodi di produzione tradizionali.

Il marchio STG riguarda prodotti agricoli e alimentari con una produzione o composizione specifica (quindi diversa da quella di prodotti simili) e tradizionale (esistente da almeno trent’anni), ma privi di un vincolo di appartenenza territoriale. Come nei casi precedenti, anche i prodotti STG devono rispettare il disciplinare di produzione.

I prodotti STG possono quindi essere preparati in un qualunque Paese dell’Unione Europea purché rispettino il disciplinare e siano certificati da un organismo di controllo accreditato.

Se il prodotto non rispetta il disciplinare, può essere comunque commercializzato ma senza riportare STG e il termine comunitario. Per queste ragioni il marchio STG è meno diffuso: l’Italia, ad esempio, ha solo tre prodotti ovvero mozzarella, pizza napoletana e amatriciana tradizionale.

La qualità rimane stabile nel mercato

Il XIX Rapporto IsmeaQualivita, che analizza i dati relativi alle produzioni di qualità nel 2020, conferma la loro stabilità nel mercato nazionale e internazionale. Quasi 200mila operatori e 286 consorzi di tutela costituiscono la rete produttiva del patrimonio economico dei territori italiani.

Vediamo i grandi numeri. L’Italia vanta 841 prodotti agroalimentari e vitivinicoli tra DOP, IGP e STG che sul settore agroalimentare pesano per il 19%. Il valore dell’export è di 9,5miliardi di euro che corrisponde al 20% del totale delle esportazioni.

La produzione DOP IGP vale 16,6 miliardi di euro. Nel 2020 ha registrato un calo del 2,0%, ma considerando le difficoltà del periodo a causa della pandemia, si può affermare che il sistema ha tenuto.

I mercati privilegiati per l’export si confermano Germania, USA, Francia e Regno Unito. I prodotti che si mantengono saldamente sul podio sono Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma e Mozzarella di bufala campana.

La ricaduta economica positiva delle filiere DOP IGP

Tutte le regioni e le province hanno una ricaduta economica positiva derivante dalle filiere dei prodotti DOP IGP, anche se la concentrazione maggiore e il valore più alto si registra nel Nord-Est (11 province su 20): Treviso, Parma e Verona superano 1 miliardo di euro.

Nel 2020, stando ai dati del Rapporto, c’è un buon incremento nell’area Sud e Isole rispetto all’anno precedente (+7,5%, con ottime performance per Puglia e Sardegna).

Le prime cinque regioni che superano 1 miliardo di valore economico delle filiere sono Veneto (3,7 miliardi di euro), Emilia-Romagna (3,3 miliardi), Lombardia (2,1 miliardi), Piemonte (1,4 miliardi) e Toscana (1,15 miliardi).

Esaminando le diverse tipologie produttive, nel comparto cibo le prime tre province sono nella “Food Valley” emiliana, per quanto riguarda il vino, Treviso e Verona guidano la classifica seguite da Cuneo e Siena.

Dai formaggi…

I formaggi con 56 denominazioni e 25.830 addetti generano un valore di 4,18 miliardi di euro, pari al 57% del comparto cibo DOP IGP. Il settore ha sofferto la chiusura dell’HoReCa, ma ha mantenuto il livello delle esportazioni.

Le prime cinque filiere per valore alla produzione sono Grana Padano DOP, Parmigiano Reggiano DOP, Mozzarella di bufala campana DOP, Gorgonzola DOP e Pecorino romano DOP (3,7 miliardi di euro).

I prodotti a base di carne – filiera con 43 denominazioni e 3.877 operatori con un valore di 1,87 miliardi di euro – nel 2020 hanno avuto una leggera flessione sia nel consumo interno che nell’export.

Le regioni che guidano il settore sono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, i prodotti di valore sono Prosciutto di Parma DOP, Prosciutto di San Daniele DOP, Mortadella di Bologna IGP, Bresaola della Valtellina IGP, Speck Alto Adige IGP.

…agli ortofrutticoli

Un altro settore importante è quello degli aceti balsamici, che conta 3 denominazioni e 672 operatori; il valore generato è di 368 milioni di euro, che corrisponde al 5% del comparto DOP IGP. Il 92 % della produzione certificata è destinato all’export (corrisponde al 22% delle esportazioni di alimentari DOP IGP) per un valore di 843 milioni di euro.

La produzione è ristretta a una ristretta area territoriale che corrisponde alle province di Modena e Reggio Emilia. Il prodotto di punta è l’Aceto Balsamico di Modena IGP, seguito da Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP.

Gli ortofrutticoli, nel 2020, hanno registrato una crescita ragguardevole (+26,9%). Le 118 denominazioni DOP IGP generano un valore alla produzione di 404 milioni di euro, che corrispondo al 6% del comparto cibo DOP IGP. Anche le esportazioni, con 178 milioni di euro e un incremento del 32,8%, sono andate molto bene. I prodotti di punta sono mele, agrumi, frutta a guscio e frutta estiva.

Le 49 denominazioni dell’olio d’oliva

Contrariamente a quello che si potrebbe credere, l’olio d’oliva – pur contando 49 denominazioni con un valore di 79 milioni di euro – corrisponde ad appena l’1% del comparto cibo DOP IGP.

L’export vale 52 milioni di euro e interessa il 38% della produzione certificata. Le prime cinque filiere per valore sono Toscano IGP, Terra di Bari DOP, Sicilia, Val di Mazara DOP e Riviera Ligure DOP.

In Sardegna e Toscana si concentra più della metà del valore delle carni fresche DOP IGP. 6 denominazioni, 10.293 operatori, 92 milioni di euro di valore (1% del comparto cibo DOP IGP). Il 9% della produzione è destinato all’export con cui realizza 10 milioni di euro.

Tra le altre categorie, le paste alimentari si collocano al quinto posto per valore alla produzione di 240 milioni di euro, trainate dalla Pasta di Gragnano IGP, il nono prodotto del comparto DOP IGP.

Modelli produttivi di qualità con forti legami territoriali

I prodotti DOP IGP si confermano una componente fondamentale dell’agroalimentare italiano. «È necessario salvaguardare e tutelare l’intero sistema produttivo dai rischi che possono generare l’omologazione alimentare, i sistemi di etichettatura fuorvianti come il Nutriscore, le fake news, i tentativi di imitazione sia sui mercati comunitari che su quelli terzi.

Il PNRR, con i contratti di filiera e di distretto, gli incentivi all’innovazione, la digitalizzazione, rappresenta una grande occasione per la crescita delle filiere DOP IGP.

Come MiPAAF ci impegniamo da subito ad accompagnare le imprese in questo delicato momento, con la volontà di metterle nelle migliori condizioni per intercettarne le opportunità e compiere un ulteriore salto di qualità nel mondo e in Europa», ha dichiarato il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Stefano Patuanelli.

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