Gli agricoltori, che rappresentano un settore strategico per l’economia italiana, vogliono essere al centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Le imprenditrici agricole chiedono che il PNRR preveda semplificazione delle procedure, tecnologia e innovazione per incentivare la presenza delle donne in agricoltura
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – La pandemia ha messo ancora più in evidenza il valore strategico del settore agroalimentare, che in Italia è contrassegnato da alti livelli di qualità e di sicurezza. Secondo Coldiretti, l’agricoltura può creare un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni con una decisa svolta verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digitale da sostenere con il Recovery Plan. Anche in questa fase di emergenza, infatti, l’agricoltura ha tenuto nonostante la crisi. Negli ultimi cinque anni, il numero di imprenditori agricoli donne e under 35 è aumentato del 14%, a dimostrazione che l’agricoltura rimane un punto di forza e può offrire prospettive di lavoro a tanti italiani in difficoltà.
Premesso che la base di partenza sono formazione e semplificazione, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha definito alcuni punti strategici per la crescita sostenibile: «digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento e smog in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici e interventi specifici nei settori deficitari e in difficoltà, dai cereali all’allevamento fino all’olio di oliva».
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«Nell’ottica di un’agricoltura più digitale, sostenibile e inclusivaè necessario investire risorse per favorire un reale turn-over tecnologico, per permettere alle aziende di sostenere le sfide green restando competitivi,oltre a riconoscere finalmente la centralità delle aree rurali, con una vera equità territoriale rispetto alle aree urbane, adeguando i servizi socio-sanitari e sviluppando le infrastrutture viarie e informatiche», ha dichiarato Massimo Fiorio di Cia.
L’agricoltura biologica punta su ricerca e digitalizzazione per crescere: motivo per cui Anabio-Cia auspica che siano attribuiti maggiori fondi alla ricerca. La crescita è legata anche all’annullamento del digital divide delle aree rurali che si tradurrebbe in maggiore trasparenza delle produzioni (grazie alla tecnologia blockchain) e semplificazione delle procedure con l’accesso alle reti di logistica e di commercio online. Impulsi di cui si gioverebbe anche l’agricoltura tradizionale per permettere all’intera filiera di centrare gli obiettivi del Green Deal europeo.
Le richieste delle imprenditrici agricole
Se gli agricoltori, che rappresentano un settore strategico per l’economia italiana, vogliono essere al centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), qual è il ruolo delle donne in agricoltura? Lo ha ben sintetizzato Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna: «Le imprese femminili, esattamente come le altre, hanno necessità di digitale, innovazione e sostegno alla filiera agroalimentare. Pur essendo chiaro che l’agricoltura non ha genere, occorre, però, considerare come per le donne sia ancora tutto più difficile: sono doppiamente impegnate, nel lavoro e nel loro ruolo sociale, fondamentale per la collettività. Servirebbe una corsia preferenziale».
In Italia 200mila aziende agricole sono gestite da donne (il 30% del totale), tuttavia il PNRR riserva poca attenzione alle imprenditrici agricole: «Vorremmo che le risorse stabilite sulla carta fossero realmente operative, semplici e concretamente fruibili, magari riutilizzando il meccanismo della legge 125, che già in passato ha supportato le imprese femminili attraverso il sistema del contributo a fondo perduto, del credito agevolato e del credito d’imposta». Inutile ribadire come semplificazione delle procedure, tecnologia e innovazione siano punti di forza per incentivare l’agricoltura al femminile: permetterebbero alle donne «di svolgere più rapidamente le mansioni amministrative e burocratiche necessarie per la gestione aziendale, consentendo di avere maggiore tempo a disposizione per occuparsi anche della famiglia»
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La presidente Pina Terenzi di Donne in Campo-Cia chiede investimenti mirati al miglioramento dei servizi sociali nelle aree interne, dagli ospedali ai presidi territoriali sociosanitari, dagli asili al sostegno ai disabili, fino alla banda larga diffusa: una serie di interventi per agevolare lo sviluppo imprenditoriale femminile in agricoltura, che potrebbero prevedere «attività multifunzionali come gli agri-nidi, le fattorie sociali e didattiche».
È utile ricordare che le imprese agricole a guida femminile sono le più innovative e resilienti: un elemento prezioso se si vuole ragionare in ottica di ripresa sostenibile, di lotta ai cambiamenti climatici, di biodiversità e di cura del territorio, punti chiave della strategia europea Farm to Fork.