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Donne e agricoltura, binomio vincente

Donne agricoltura
via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Le imprese agricole italiane condotte da donne sono più di 200.000 e rappresentano il 28,5% del totale delle imprese attive. Sono presenti in tutto il territorio italiano con diverse percentuali, tutt’altro che irrisorie: la regione con il maggior numero di imprese femminili in assoluto è la Sicilia (con 25.167 imprese corrisponde al 12,2%), ma sul podio salgono anche Puglia e Campania, che vantano rispettivamente 23.546 e 21.439 imprese. Le donne imprenditrici agricole spaziano dall’allevamento alla coltivazione di frutta e verdura, dal florovivaismo all’agriturismo.

In un settore tradizionalmente considerato prerogativa maschile, le donne si sono fatte largo a forza di impegno, innovazione, attenzione alla sostenibilità e alla responsabilità sociale. Le imprenditrici agricole hanno rivoluzionato positivamente il settore introducendo attività di educazione ambientale e alimentare dedicate alle scuole come le fattorie didattiche. 

La rivoluzione positiva delle imprenditrici agricole

Le donne in agricoltura hanno saputo rispondere meglio di altri alle sfide imposte dal mercato coniugandole con il rispetto dell’ambiente. Merito probabilmente del numero di giovani imprenditrici agricole. Secondo i dati di Coldiretti, in Italia quasi 14mila aziende agricole sono guidate da donne under 35. In questo gruppo si rileva un tasso di innovazione molto alto: l’uso della tecnologia è il loro pane quotidiano, l’agricoltura di precisione non ha misteri, il controllo delle stalle da remoto è la normalità, le prenotazioni online per gli agriturismi sono scontate, la presenza sulle piattaforme di e-commerce per conquistare nuove fasce di consumatori è una consuetudine. 

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Oggi l’agricoltura è donna, tante sono le opportunità offerte da un comparto importantissimo per l’economia italiana in termini di Pil e di occupazione. Non si deve dimenticare l’enorme lavoro svolto da tutta la filiera in questo lungo anno segnato dalla pandemia per assicurare ai consumatori la fornitura di cibi.  Floriana Fanizza, leader delle imprenditrici agricole di Coldiretti sottolinea che «riuscire a coniugare in forma responsabile attività produttiva e servizi alla persona, impresa privata e bene comune, sviluppo economico e solidarietà, lavoro e famiglia è l’obiettivo delle donne che ogni giorno si impegnano in Italia nelle attività agricole».

Per Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, sono state «apprezzate le misure a sostegno dell’imprenditoria femminile inserite nella Legge di bilancio, ma manca ancora il “Comitato impresa donna” e ci spiace che, all’interno dei piani strategici e di sviluppo definiti nel PNRR, effettivamente poco venga destinato alle imprese condotte da donne». Le donne di Confagricoltura chiedono «un concreto impegno per l’imprenditoria femminile. Vorremmo che le risorse stabilite sulla carta fossero realmente operative, semplici e fruibili, magari riutilizzando il meccanismo della legge 125, che già in passato ha supportato le imprese femminili attraverso il sistema del contributo a fondo perduto, del credito agevolato e del credito d’imposta. Serve un effettivo cambio di passo importante e necessario per superare, in questo anno difficile, le difficoltà strutturali e il divario rispetto agli altri Paesi».

Leadership femminile e sicurezza alimentare

Sarà impossibile sconfiggere fame e carestie e la ripresa dalla pandemia sarà segnata dalle disuguaglianze a meno che più donne nelle aree rurali e urbane occupino posizioni di leadership e abbiano maggiore potere decisionale nelle politiche dei diversi Paesi. Questa in sintesi è la posizione delle agenzie alimentari delle Nazioni Unite. Nel mondo ci sono 1,1 miliardi di ragazze di età inferiore a 18 anni che potrebbero diventare le future leader per costruire un mondo migliore. Ancora troppi vincoli ostacolano lo sviluppo del loro potenziale creativo. «Le donne e le ragazze possono svolgere un ruolo cruciale nella risposta alla pandemia da COVID-19 e in particolare nella trasformazione dei nostri sistemi agroalimentari. Dobbiamo tutti lavorare insieme per innescare i cambiamenti necessari per responsabilizzare donne e ragazze, in particolare quelle che vivono nelle aree rurali» ha affermato QU Dongyu, direttore generale della FAO

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Più donne in posizioni di leadership è una visione che QU Dongyu condivide con Gilbert F. Houngbo, presidente dell’IFAD: «Investire nella leadership delle donne rurali e coinvolgerle maggiormente nella creazione del nostro futuro post-COVID è fondamentale per garantire che le loro prospettive e le loro esigenze siano adeguatamente considerate, in modo da poter ricostruire sistemi alimentari migliori in cui vi sia parità di accesso a cibo nutriente e mezzi di sussistenza dignitosi». 

Le donne rappresentano la metà della popolazione mondiale, non è più possibile pensare di non coinvolgerle nei processi decisionali a tutti i livelli se vogliamo che si traducano in processi di sviluppo. Come ha rimarcato David Beasley direttore esecutivo del World Food Programme, «quando le donne e le ragazze hanno un migliore accesso alle informazioni, alle risorse e alle opportunità economiche, e sono libere di prendere le proprie decisioni, il tasso di fame diminuisce e l’alimentazione migliora non solo per se stesse ma anche per le loro famiglie e le loro comunità».

Il 60% delle donne nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana lavora nell’agricoltura, ma ha meno accesso alle risorse e ai servizi rispetto agli uomini, compresi terra, finanza, formazione e attrezzature. Oltre al lavoro agricolo, le donne sono sovraccaricate dal lavoro domestico e di cura (un fardello che ha pesato anche sulle spalle di tante donne nel mondo occidentale), compiti aggravati dal Covid-19. La pandemia ha avuto sulle donne gli impatti sociali ed economici più pesanti: in tutto il mondo, con la pandemia le donne ha perso mezzi di sussistenza e redditi personali. Anche in Italia i dati Istat sul lavoro fanno rabbrividire e impongono azioni rapide e incisive: su 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne. 

La disuguaglianza di genere si batte con l’istruzione

La disuguaglianza di genere e l’insicurezza alimentare, specie nei paesi più svantaggiati, iniziano presto. In molti paesi i ragazzi mangiano per primi, ricevono più cibo delle sorelle, fanno meno lavori domestici e si sposano più tardi. L’incubo dei matrimoni precoci e non la frequenza scolastica domina l’infanzia delle bambine. Per il World Food Programme il raggiungimento dell’uguaglianza di genere passa per l’istruzione, ragione per cui si impegna per sostenere la frequenza scolastica delle ragazze: maggiore è il livello di istruzione, minore è il rischio di matrimoni precoci e di altre forme di violenza di genere. Un modo concreto per migliorare la qualità della vita delle ragazze e aumentare le loro opportunità di leadership future.

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Non si tratta solo di uguaglianza di genere: attuare politiche che diano il giusto e dovuto spazio alle donne vuol dire innalzare i livelli di produzione, di occupazione e di reddito in ogni settore per intere nazioni. Per rimanere nell’ambito dell’agricoltura, secondo una ricerca della FAO se le donne coltivatrici avessero lo stesso accesso alle risorse produttive degli uomini, potrebbero aumentare i raccolti dal 20 al 30% e la produzione agricola totale passerebbe dal 2,5 al 4%, sollevando dalla fame da 100 a 150 milioni di persone. Facciamoci due domande, non è difficile trovare le risposte.

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