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UE, la direttiva sulle emissioni industriali esclude le stalle

Il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sulle emissioni industriali da cui sono state escluse le stalle. Rivisti i limiti rigidissimi proposti dalla Commissione che avrebbero portato alla chiusura gli allevamenti medio-piccoli. A settembre inizieranno i negoziati per trovare una mediazione

direttiva sulle emissioni industriali
Foto di Alexa da Pixabay

Direttiva Emissioni Industriali, fumata bianca da Strasburgo

(Rinnovabili.it) – Non solo la Legge Ripristino Natura. Il Parlamento Europeo ha adottato a larga maggioranza anche la posizione sulla direttiva sulle emissioni industriali (IED) e sulle discariche di rifiuti (396 voti a favore, 102 contrari e 131 astensioni) nonché sul portale delle emissioni industriali (563 voti a favore, 51 contrari e 18 astensioni).

Si tratta di due norme per ridurre l’inquinamento e per favorire la transizione verde dei grandi impianti agroindustriali.nQuesto significa estendere la direttiva sulle emissioni industriali agli impianti dell’industria estrattiva e alle installazioni di grandi dimensioni che fabbricano batterie. La direttiva sulle emissioni industriali, una volta adottata definitivamente, obbligherebbe tali impianti a ridurre ulteriormente l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.

Cos’è la direttiva sulle emissioni industriali

La direttiva sulle emissioni industriali stabilisce norme per la prevenzione e il controllo dell’inquinamento prodotto dalle emissioni dei grandi impianti agroindustriali nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Queste emissioni possono causare problemi di salute (asma, bronchite, cancro) che ogni anno provocano centinaia di migliaia di morti premature nell’Unione Europea.

L’esito della votazione relativa alle batterie e all’industria estrattiva era abbastanza scontato. Quello che invece era oggetto di accesi dibattiti era l’inquinamento derivato dagli allevamenti.

A questo proposito, i deputati hanno votato per mantenere le norme in vigore che coprono gli allevamenti di suini con più di 2mila posti per la produzione di suini (oltre 30 kg), o con più di 750 posti per scrofe, e quelli di pollame con più di 40mila posti, nonché le aziende agricole con almeno 750 unità di bestiame (UBA).

Il Parlamento non si è espresso a favore di estendere il regime anche agli allevamenti di bovini, come proposto dalla Commissione (che inizialmente aveva proposto una soglia di 150 UBA per tutto il bestiame).

L’esclusione delle stalle

Grande soddisfazione è stata espressa dalle associazioni di agricoltori. Questa norma, ha commentato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, «avrebbe portato alla chiusura di gran parte delle stalle. Paragonare le stalle alle fabbriche avrebbe portato alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti medio-piccoli, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi», dove finora le regole sono molto meno rigorose. Per questo è importante che i deputati abbiano anche sottolineato la necessità di garantire il rispetto degli stessi requisiti anche per i produttori non UE.

Anche Prandini è contrario agli allevamenti intensivi: «Per allevamenti intensivi intendo quelli da 160mila bovini in una sola azienda realizzata disboscando la foresta amazzonica o concentrando decine di migliaia di suini nei grattacieli in Cina».

L’impegno degli agricoltori per la sostenibilità

Gli fa eco Giovanni Garbelli, presidente di Confagricoltura Brescia: «Non si considerava il forte impegno del mondo zootecnico nel dare risposte alle sempre maggiori richieste di attenzione all’ambiente; le emissioni di ammoniaca e gas serra negli ultimi 30 anni si sono ridotte rispettivamente del 24% e 12%».

Soddisfatto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini: «Il Parlamento Europeo riconosce che la zootecnia non è assolutamente equiparabile a settori altamente industrializzati, correggendo una proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali che appariva totalmente scorretta e ingiusta».

Fini evidenzia le buone pratiche degli agricoltori europei, «continuamente impegnati a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività con pratiche sostenibili, tanto che oggi in Europa l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%. Ancora meglio fa l’Italia, dove le emissioni di CO2 della zootecnia rappresentano appena il 5,2% del totale».

Verso una mediazione

Il Parlamento ora avvierà i negoziati con il Consiglio e la Commissione sul testo definitivo della legge, che inizierà a settembre, per trovare una mediazione.

Il Consiglio ha proposto di innalzare il limite a 350 bovini adulti; con buone probabilità si arriverà a stabilire un limite di 450 capi, un numero che garantisce una buona redditività e permette di investire per aumentare la sostenibilità.

Al termine della votazione, il relatore Radan Kanev ha dichiarato: «L’innovazione è la chiave per arrivare a un inquinamento pari a zero e per questo abbiamo bisogno di un settore industriale europeo più competitivo. La politica dell’UE deve essere realistica, economicamente possibile e non deve minare la competitività.

La nostra posizione offre un po’ di respiro alle imprese, dando loro ragionevoli periodi di transizione per prepararsi ai nuovi requisiti, procedure più rapide per le autorizzazioni e flessibilità per sviluppare tecniche all’avanguardia».