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Chi mette il turbo alla deforestazione per l’agribusiness?

Il rapporto di Global Witness mette in cima alla lista Stati Uniti, Giappone e Cina tra i paesi senza foreste tropicali. Pechino è l’attore che potrebbe ridurre degrado degli ecosistemi e perdita di biodiversità con lo sforzo minore

Deforestazione per l’agribusiness: il ruolo di Cina, USA e Giappone
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Sulla deforestazione per l’agribusiness piovono 70 mld di dollari in 7 anni da Cina, USA e Giappone

(Rinnovabili.it) – Le banche cinesi hanno fatto piovere almeno 22,5 miliardi di dollari in 7 anni su progetti di sviluppo agricolo colpevoli di disboscamento e cambi di destinazione dei suoli che danneggiano gli ecosistemi e aggravano la perdita di biodiversità. Poco meno di quelli forniti dalle banche giapponesi. Gli Stati Uniti arrivano quasi a 25,5 mld di dollari. La deforestazione per l’agribusiness è un affare per gli istituti di credito di Pechino, ma anche per quelli giapponesi e americani, sostiene l’ong Global Witness basandosi sui dati aperti messi a disposizione da Forests & Finance, una coalizione di organizzazioni della società civile.

Finanziamenti che passano attraverso carne, soia, olio di palma, carta, gomma e legname. E che mettono il turbo al disboscamento di vaste aree per far posto alle coltivazioni necessarie. Il ruolo di Cina, Giappone e Stati Uniti è paragonabile a quello dei grandi paesi con foreste tropicali come Malesia e Indonesia. Una classifica, quella dei finanziamenti che promuovono la deforestazione per l’agribusiness, dominata con grande distacco – e senza sorprese – dal Brasile (quasi 90 mld di dollari in 7 anni).

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“I dati mostrano che, nel complesso, le istituzioni finanziarie con sede in Brasile, Malesia, Stati Uniti e Indonesia, paesi che sono tutti i principali produttori di tali materie prime, hanno fornito la maggior quantità di finanziamenti. Tuttavia, se escludiamo gli istituti con sede nei paesi produttori, la Cina è il secondo più grande finanziatore a livello mondiale, subito dopo il Giappone”, si legge nel rapporto di Global Witness.

Gli autori approfondiscono il ruolo di Pechino per un motivo molto semplice: la Cina è l’attore che può ottenere il maggior risultato col minor sforzo. “La Cina è in una posizione unica per ridurre l’impronta di deforestazione globale del suo settore finanziario in modo rapido ed efficace”, spiegano nel rapporto. Questo perché “solo una manciata di banche cinesi ha fornito una quota significativa del finanziamento per le principali aziende che producono e commerciano materie prime a rischio forestale”.

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Sotto la lente finiscono l’Industrial and Commercial Bank of China, la Bank of China, la Bank of Communications. E ancora: l’Agricultural Bank of China e la China Construction Bank. Insieme pesano per il 55% dei finanziamenti forniti nel periodo 2013-2020. Con quali effetti? Il rapporto cita alcuni casi specifici. Tra questi quello dell’olio di palma, che grazie alla “benzina” di Pechino continua a causare deforestazione. Specie attraverso le attività di COFCO (China Oil and Foodstuffs Corporation). Azienda che opera attraverso fornitori ritenuti non affidabili da altri big del settore (come Unilever). E a cui sono arrivati più di 2 miliardi di dollari. O in Brasile, dove l’agribusiness finanziato dal denaro cinese ha causato la deforestazione di almeno 160mila ettari di Amazzonia da ottobre 2017.