Uno studio tedesco ha quantificato i reali costi ambientali della nostra alimentazione. Quanti gas serra portiamo in tavola?
Dalla valutazione dei costi ambientali dei prodotti alimentari emergono grandi differenze tra le macro categorie
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Si è detto spesso che il settore agricolo e quello zootecnico sono i principali emettitori di gas serra. Una interessante ricerca apparsa sulla rivista “Nature” – Calculation of external climate costs for food highlights inadequate pricing of animal products, di Maximilian Pieper, Amelie Michalke e Tobias Gaugler – ha calcolato il costo delle esternalità ambientali e sociali del cibo (sia convenzionale che biologico) che portiamo in tavola prendendo in esame il contesto della Germania.
Dalla valutazione dei costi ambientali dei prodotti alimentari emergono grandi differenze tra le macro categorie di alimenti: su ogni chilo di carne dovremmo applicare un sovrapprezzo del 146%, sui prodotti lattiero-caseari il 91%, sui prodotti vegetali biologici il 6%. Considerare l’enorme incidenza dei costi ambientali esterni assoluti del settore agroalimentare deve costituire un motivo di riflessione sull’impatto reale della nostra alimentazione.
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I costi ambientali derivati dall’emissione di gas serra non rientrano nel computo dei costi né degli agricoltori né della catena di produzione e distribuzione; pertanto il loro onere ricade sui consumatori e sull’ambiente, quindi in ultima analisi sulle prossime generazioni. Per l’Onu dovrebbe vigere il principio che chi inquina paga; di conseguenza, per colmare il divario tra prezzi di mercato e costi ambientali e sociali si dovrebbe quantificare il costo delle emissioni di gas serra da caricare sui prodotti più inquinanti o adottare misure di politica economica in grado di compensare i costi di una produzione alimentare non sostenibile, ad esempio dando maggiori incentivi all’agricoltura sostenibile e ai piccoli produttori per incoraggiarli a ridurre il loro impatto ambientale. Allo stesso modo, i consumatori sarebbero disincentivati da prezzi maggiorati a consumare prodotti più inquinanti.
Esistono stime diverse sui costi dei gas serra. Per questo gli autori della ricerca hanno inteso fornire un metodo per quantificare e monetizzare le emissioni di gas serra di diversi prodotti alimentari e pratiche agricole provando a evidenziare la differenza tra prezzi alla produzione e costi reali. L’esperimento è svolto nel contesto tedesco, ma il metodo è applicabile ovunque. Uno degli strumenti utilizzati riguarda la valutazione del ciclo di vita, utile per esaminare gli impatti sociali e ambientali di un prodotto in tutto il suo ciclo di vita: dalla produzione (ad esempio le emissioni dovute all’uso eccessivo di fertilizzanti azotati), all’utilizzo allo smaltimento (compreso il compostaggio), fino alle emissioni indirette dovute al trasporto.
In estrema sintesi, il gruppo di ricerca vuole focalizzare l’attenzione sul nocciolo del problema: porre attenzione a quello che si mangia, alle pratiche agricole e zootecniche, e mettere in campo incentivi per le pratiche virtuose si tradurrà in condizioni di mercato più eque e in una evidente mitigazione dell’impatto ambientale.