di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – La Commissione Europea intende garantire un’agricoltura sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Un impegno concreto: il 40% del bilancio della nuova PAC è destinato ad azioni per il clima, Farm to Fork è la strategia europea nata per guidare verso la sostenibilità dei sistemi alimentari. Gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 sono molto ambiziosi e, nonostante la crisi economica e sociale innescata dalla pandemia, il Green Deal rimane un pilastro centrale della strategia di crescita e di ripresa dell’Europa. Ne parliamo con Massimo Gaudina, Capo Rappresentanza della Commissione Europea a Milano.
Il sistema agroalimentare è sul banco degli imputati per l’emissione di gas serra. Farm to Fork è la prima strategia europea nata per guidare verso la sostenibilità dei sistemi alimentari. Quale impatto si può ragionevolmente prevedere? È una strategia vincolante?
La sostenibilità è al centro della nuova PAC. L’obiettivo della Commissione è quello di garantire attraverso la nuova PAC un’agricoltura sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. È un impegno concreto, testimoniato anche dalla scelta di destinare il 40% del bilancio della nuova PAC ad azioni per il clima.
Assieme alla strategia sulla diversità, la strategia “Dal produttore al consumatore” (Farm to Fork) è il fulcro dell’iniziativa Green Deal e puntano a un nuovo e migliore equilibrio fra natura, sistemi alimentari e biodiversità: proteggere la salute e il benessere delle persone e, al tempo stesso, rafforzare la competitività e la resilienza dell’UE.
La strategia persegue obiettivi ambiziosi da realizzare entro il 2030: ridurre del 50% l’uso e il rischio dei pesticidi chimici; ridurre del 20% l’uso dei fertilizzanti; ridurre del 50% le vendite di antimicrobici per gli animali da allevamento e per l’acquacoltura; destinare almeno il 25% della superficie agricola all’agricoltura biologica.
La transizione verde, realizzabile grazie a tecnologia e innovazione, avrà costi difficili da sostenere per i piccoli produttori. È previsto un supporto – sia economico che di formazione – per accompagnare il cambiamento di agricoltori, allevatori e pescatori?
Sì, tramite la politica agricola comune (PAC) e la politica comune della pesca (PCP) che continueranno a essere strumenti fondamentali per sostenere la transizione verso sistemi alimentari sostenibili, garantendo nel contempo condizioni di vita dignitose per gli agricoltori, i pescatori e le loro famiglie. Verranno inoltre premiati quegli agricoltori, pescatori e altri operatori della catena alimentare che hanno già avviato la transizione verso pratiche sostenibili.
Infine il Fondo InvestEU promuoverà gli investimenti nel settore agroalimentare riducendo il rischio degli investimenti effettuati dalle società europee e agevolando l’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese (PMI) e le imprese a media capitalizzazione.
Nel 2019 la superficie coltivata a biologico in Italia ha raggiunto il 15,8% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) a livello nazionale, un dato che ci pone al di sopra sia della media UE che dei singoli paesi europei. La Commissione Europea ha posto il traguardo del 25% delle superfici agricole coltivate a biologico entro il 2030. Lo ritiene realisticamente raggiungibile?
L’Italia è uno dei Paesi UE con maggiore superficie coltivata a biologico e parte senz’altro avvantaggiata rispetto al traguardo del 25% fissato dalla strategia Farm to Fork. Per raggiungere questo obiettivo, che vale per l’intera Unione Europea, è essenziale garantire lo sviluppo economico sostenibile del settore e promuovere la domanda. La Commissione presenterà nei prossimi mesi un piano d’azione sull’agricoltura biologica per aiutare gli Stati membri a stimolare sia l’offerta che la domanda di prodotti biologici. Inoltre la Commissione intende stimolare la fiducia dei consumatori attraverso campagne di promozione e appalti pubblici “verdi”, ossia basati su criteri di sostenibilità.
Tra gli obiettivi di Farm to Fork c’è anche un’etichettatura per consentire ai consumatori una scelta più consapevole, eppure proprio su questo tema lo scontro è stato durissimo. Quali provvedimenti tutelano il Made in Italy?
Come annunciato nella strategia Farm to Fork, la Commissione intende proporre nel corso del 2022 un’etichettatura nutrizionale armonizzata per i prodotti alimentari. Oltre ai consueti valori nutrizionali, le nuove etichette alimentari informeranno i consumatori sugli aspetti climatici, ambientali e sociali dei prodotti alimentari. La proposta della Commissione terrà conto della consulenza scientifica che verrà fornita dall’Agenzia alimentare UE basata a Parma in materia di sostanze nutritive e di gruppi di alimenti che rivestono un ruolo importante nella nostra salute e nelle scelte alimentari. La nuova etichetta fornirà ai consumatori informazioni importanti e farà chiarezza sui vari sistemi di etichettatura attualmente in vigore, sui quali i vari Paesi UE si sono confrontati anche in tempi recenti. La decisione finale, come sempre, sarà presa dai 27 e dal Parlamento Europeo, sulla base della proposta della Commissione.
Lotta allo spreco alimentare ed economia circolare sono le altre facce della medaglia alimentazione. La pandemia ha modificato le priorità di Farm to Fork?
La strategia Farm to Fork ha proprio l’obiettivo di rendere maggiormente sostenibile la produzione e il consumo di alimenti, grazie a tre tipologie di misure: proponendo obiettivi per ridurre lo spreco alimentare entro il 2030, inserendo informazioni sulla sostenibilità dei prodotti nelle etichette alimentari e infine integrando la prevenzione degli sprechi alimentari nelle altre politiche europee. La lotta allo spreco alimentare e l’economia circolare sono elementi fondamentali per raggiungere questi obiettivi. Ridurre gli sprechi porta vantaggi economici per i consumatori e i produttori e assicura anche una maggiore disponibilità di cibo per tutti. Inoltre, meno sprechiamo e meno avremo bisogno di produrre.
La Commissione Europea ha proposto una strategia di lungo periodo con il Green Deal: rimarrà un pilastro del bilancio europeo 2021-2017 o l’emergenza sociale ed economica costringerà a cambiare rotta?
Le nostre sfide generazionali – la transizione verde e digitale – sono ancora più importanti di prima della crisi. Il Green Deal europeo rimane inevitabilmente la nostra strategia di crescita ed è un pilastro centrale della nostra ripresa. La ripresa economica dovrà andare di pari passo con la transizione verde per contribuire alla costruzione di un’Europa più sostenibile, resiliente e più equa. Lo facciamo per la salute del Pianeta, dei cittadini e dell’economia. È un investimento che facciamo ora per il nostro futuro e per quello delle prossime generazioni.
Almeno il 30 % del bilancio ordinario europeo 2021-2017 e il 37% del Next Generation EU contribuiranno alla transizione verde e digitale. Ciò contribuirà ad avviare rapidamente la ripresa economica dell’Europa e dei suoi Paesi, attraverso un’ampia gamma di strumenti e iniziative che saranno adattati alle esigenze nazionali e regionali. I fondi stanziati nell’ambito di strumenti chiave, come il nuovo strumento per la ripresa e la resilienza contribuiranno a sbloccare gli investimenti nell’efficienza energetica e nella ristrutturazione degli edifici, le energie rinnovabili e le sue catene di approvvigionamento, le tecnologie innovative come l’idrogeno pulito, l’economia circolare e le infrastrutture ambientali.
La sfida ambientale può diventare un’opportunità. Gli obiettivi europei sono ambiziosi, quelli di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite lo sono altrettanto. È ottimista per il futuro?
E come non esserlo? Oggi più che mai, i leader mondiali si concentrano su misure volte a conseguire una crescita inclusiva e sostenibile. Dal canto suo, la Commissione Europea è convinta dell’importanza di costruire meglio a partire dalla crisi, assicurando, tra l’altro, l’effettiva riduzione delle emissioni di gas a effetto serra o attuando l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici.
Non c’è spazio per il pessimismo: lo dobbiamo alle generazioni future e i giovani di oggi ce lo stanno già chiedendo, anzi ci stanno anche dando l’esempio.