Formazione per un’agricoltura sostenibile
(Rinnovabili.it) – Il nocciolo, come altra frutta secca a guscio, sta vivendo un periodo molto favorevole. La domanda è in crescita e le coltivazioni si vanno estendendo in zone diverse da quelle tradizionali.
I distretti tradizionali per la coltivazione del nocciolo sono Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia. La ricerca ha selezionato nuove cultivar più produttive e soprattutto più resistenti agli effetti del cambiamento climatico. Questo ha permesso l’impianto di nuovi noccioleti anche in Umbria, Toscana, Veneto e Basilicata. Come spesso avviene in agricoltura, la produzione del nocciolo è a carattere familiare. Tuttavia, anche in questo settore è venuto il tempo di aprire le porte all’innovazione, che vanno dall’acquisto di nuovi macchinari a nuove tecniche di coltivazione che permettono una maggiore sostenibilità.
La formazione necessaria
Questo nuovo scenario pone la questione, tutt’altro che secondaria, della formazione: oggi l’agricoltura, specie nel caso in cui subentrano i giovani, non può più accontentarsi della tradizione ma deve coniugarla con l’innovazione tecnologica. A colmare questo vuoto ha pensato il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università di Perugia istituendo il Master di I livello Gestione agronomica, ecologica e sostenibile dei noccioleti da frutto.
Il Master, di durata annuale, si articola in 60 crediti formativi. L’obiettivo è fornire le conoscenze scientifiche necessarie per formare la figura professionale del consulente tecnico nel settore della gestione agronomica, ambientale ed economica dei noccioleti da frutto. Le conoscenze e le capacità teorico-pratiche che si acquisiranno al termine del corso saranno utili alla gestione della produzione del nocciolo secondo le tecniche più innovative, ma nello stesso tempo sarà dedicata la massima attenzione alla sostenibilità ambientale ed economica.
La coltivazione del nocciolo è in espansione
Negli ultimi anni la coltivazione del nocciolo è molto aumentata. Le superfici coltivate sono passate (a livello mondiale) da 600mila ettari a più di 1 milione; il potenziale produttivo è passato da 850mila a 1,1 milioni di tonnellate. La Turchia è il primo produttore (2/3 della produzione mondiale), seguita da Italia, Stati Uniti e Azerbaijan, ma l’aumento della richiesta sta portando altri paesi, come il Cile, a impiantare coltivazioni di nocciolo.
Secondo i dati Istat, in Italia le coltivazioni sono cresciute di oltre 20mila ettari negli ultimi dieci anni, ma la produzione interna ha coperto il fabbisogno di una quota che va dal 53% all’89%. Quindi dipendiamo dall’import. Circa il 95% della produzione è destinato all’industria agroalimentare, la quota rimanente è per le vendite al dettaglio. Le previsioni dell’andamento climatico allarmano i produttori, dato che il nocciolo è una pianta molto sensibile agli eventi climatici avversi, un fattore che rende la produzione piuttosto altalenante.
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Gli strumenti per affrontare i cambiamenti climatici
È quindi importante disporre di nuovi strumenti, sia tecnologici che gestionali, che mettano i coltivatori in grado di affrontare scenari diversi: ad esempio, il fabbisogno irriguo del nocciolo, l’adattamento a nuovi areali di produzione, la gestione delle patologie. Contenimento dei costi di gestione, miglioramento della qualità del prodotto, soluzione di problemi agronomici e fitosanitari sono alcuni dei fattori che possono compromettere la produttività del settore e che avrebbero bisogno delle figure professionali per la consulenza tecnica e gestionale. Il Master ha un massimo di 25 posti disponibili, il termine per la presentazione delle domande è il 25 marzo. Per consultare il bando con tutte le informazioni utili clicca qui.