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La carne verso una rivoluzione verde?

Le mense universitarie di Berlino hanno deciso di eliminare quasi completamente la carne dai loro menù, il pregiatissimo manzo giapponese Wagyu viene stampato in 3D. È in corso una rivoluzione verde anche per la carne? Di sicuro la spinta è arrivata dal basso in entrambi i casi: studenti, consumatori e aziende preferiscono cibi a basso impatto

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Via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Gli allevamenti intensivi sono uno dei grandi imputati dell’inquinamento ambientale. Tuttavia il fronte degli estimatori della carne è ancora molto ampio e sembra destinato ad aumentare ancora.

Qualcuno ha optato per decisioni drastiche, come sta accadendo in Germania.

Gli studenti vogliono mangiare green

Le mense delle università di Berlino hanno intrapreso una svolta vegetariana ed eliminato quasi del tutto la carne dai loro menù. Una decisione motivata dal desiderio di fare qualcosa di concreto per lottare contro il cambiamento climatico nella convinzione che un primo passo parta proprio dall’adottare comportamenti responsabili a tavola.

La svolta verde delle mense berlinesi (sono in tutto 34 locali, tra ristoranti e caffè) è stata richiesta dagli studenti. Proprio a Berlino è nata alcuni anni fa la prima mensa universitaria vegetariana; sulla sua scia molte mense hanno cominciato a offrire opzioni vegetariane (dal 30 al 50% del menù).

Da ora in avanti le mense serviranno la carne una volta alla settimana; il 68% delle portate sarà vegano, il 28% vegetariano e il 2% saranno pietanze di pesce. Gli elementi principali della dieta saranno quindi legumi, cereali e verdure mentre spariranno dalla tavola degli studenti piatti tradizionali come il currywurst (salsiccia grigliata e tagliata a rondelle, accompagnata da una salsa a base di pomodoro e spolverata di curry) e la schnitzel (fettina di vitello impanata e fritta nello strutto).

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Il Wagyu stampato in 3D

Dove invece si sta andando oltre l’immaginabile è in Giappone. Avete presente il pregiatissimo manzo Wagyu, il più costoso del mondo (un chilo di Wagyu può superare i 1000 euro al chilo)? Ebbene l’innovazione tecnologica per renderne più sostenibile la produzione ha fatto passi da gigante anche qui e uno dei simboli della cultura gastronomica giapponese sarà prodotto con la stampante 3D.

Un centro di ricerca di Osaka ha isolato le cellule staminali della carne e le ha utilizzate come modello per stampare un prodotto sintetico che somiglia all’originale: colore, sapore, consistenza e la caratteristica marezzatura che lo rende inconfondibile.

La parola Wagyu è composta da due ideogrammi e significa manzo giapponese. Incroci effettuati nei secoli e metodi di allevamento molto particolare hanno dato origine a determinate razze di manzo giapponese che danno una carne ricca di grasso intramuscolare, molto aromatico e – sembra incredibile – salutare.

Il manzo Wagyu è allevato in diverse aree del Giappone che danno il nome ai bovini, ma può avere il marchio Wagyu solo il bovino nato e cresciuto in Giappone. Il costo esorbitante è dovuto al rispetto di standard rigorosissimi per quanto riguarda area di produzione, qualità, marezzatura, metodo di allevamento e pedigree dell’animale.

Esistono allevamenti anche in Australia, Stati Uniti, Cina e Italia, ma il Ministero dell’Agricoltura giapponese ha stabilito che – seppure di qualità – non è Wagyu, e la sua marezzatura (è più grossolana e quindi non equiparabile alla razza pura giapponese.

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Questa spiegazione, peraltro sommaria, serve per capire quale valore storico e territoriale abbia in Giappone questo tipo di carne. Arrivare a produrla in laboratorio la dice lunga sulla crescente sensibilità ambientale che guida aziende e consumatori a preferire scelte alimentari che abbiano un impatto ambientale ridotto.