La Camera ha approvato il cosiddetto ddl sulla carne coltivata. L’approvazione è stata salutata positivamente dai produttori agricoli. L’Italia è il primo Paese in Europa a introdurre questo divieto e il ministro Lollobrigida si augura che il nostro esempio sia seguito da altri
L’Italia è il primo Paese a introdurre il divieto
(Rinnovabili.it) – Il discusso ddl sulla carne coltivata ha avuto il via libera della Camera. Il disegno di legge (“Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”) che vieta di produrre e vendere in Italia la carne coltivata è stato approvato con 159 voti favorevoli, 53 contrari e 34 astenuti.
L’Italia è il primo Paese in Europa a introdurre questo divieto, ma non è autorizzata la vendita né negli Usa né nei Paesi UE. Attualmente è in vendita solo a Singapore; in Israele la propongono i ristoranti, ma prima del consumo fanno firmare una liberatoria.
Il ddl prevede anche il divieto di denominazioni ambigue come ad esempio hamburger o prosciutto veg, bistecca di tofu, bresaola di seitan perché possono confondere i consumatori.
Salute dei cittadini e patrimonio agroalimentare
Il ddl, nello specifico, vieta la produzione e la commercializzazione di «alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali».
Il ddl non vieta la ricerca: all’Università di Roma Tor Vergata è in corso la sperimentazione per ottenere la carne con la stampante 3D.
L’obiettivo è tutelare la salute dei cittadini, nonché «preservare il patrimonio agroalimentare italiano, come insieme di prodotti che assumono una rilevanza strategica per l’interesse nazionale».
L’approvazione ha raccolto il plauso dei rappresentanti di Coldiretti, che vi vede un impegno a difesa della dieta mediterranea e della naturalità del cibo, perché «i prodotti nascono in campagna e non in laboratorio».
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La raccolta di firme promossa da Coldiretti
L’associazione di agricoltori aveva promosso lo scorso anno una raccolta di firme contro la carne coltivata raccogliendone oltre due milioni.
Ugualmente favorevoli più di 2mila Comuni e Regioni, con un sostegno politicamente trasversale e un’ampia alleanza di varie associazioni dell’agroalimentare tra cui Fondazione Qualivita, Federbio, Fondazione Univerde, Italia Nostra, Kyoto Club, Acli, Naturasi, AssoBio, Cia-Agricoltori, Codacons.
«Tuteliamo il nostro cibo, il nostro sistema di alimentazione, per mantenere il rapporto tra cibo, terra e lavoro dell’uomo che ci ha accompagnato per millenni, garantendo la qualità che l’Italia esprime e che è l’espressione della sicurezza alimentare per tutto il Pianeta. Il cibo sintetico, coltivato, lontano dalle nostre tradizioni, non garantisce questo principio. Dobbiamo proteggere i nostri lavoratori, i nostri imprenditori agricoli e i nostri cittadini che hanno diritto a mangiare bene», ha commentato Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. «Auspichiamo che l’esempio italiano venga seguito a livello europeo, con lo stesso modello con il quale si scelse di evitare gli Ogm».
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La standardizzazione del cibo non è sicurezza alimentare
Il ministro è notoriamente un sostenitore della bontà e qualità dei prodotti italiani: «Sostenere che la sicurezza alimentare si possa garantire attraverso la standardizzazione del cibo significa dire che non si vogliono dare alimenti di qualità a tutti. Non ci arrendiamo all’idea che ci sia un mondo nel quale un’élite possa continuare a mangiar bene e miliardi di persone siano costrette a nutrirsi con prodotti alla stregua di un carburante per sopravvivere».
Al di là del merito, sorge un dubbio: se l’Europa dovesse autorizzare la carne coltivata o altri alimenti prodotti in laboratorio, quale sarebbe il valore della legge italiana?
Infatti si tratta di un divieto preventivo per qualcosa che in Europa non ha ancora avuto il via libera definitivo dell’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare). In caso di semaforo verde dell’UE, il divieto italiano dovrebbe cadere in quanto contrasterebbe con il principio di libera circolazione delle merci.
Sia il ministro che Coldiretti si augurano invece che avvenga l’esatto contrario, ovvero che la posizione italiana apra una riflessione più approfondita in Europa. «Questo cibo attualmente non è consentito in Europa e non è stato testato e sperimentato adeguatamente. Siamo ottimisti sul fatto che l’Unione Europea respingerà la possibilità di produrlo, importarlo e commercializzarlo. Il Parlamento europeo attualmente ha respinto con i voti trasversali dei parlamentari UE qualsiasi emendamento che aprisse a queste procedure», ha dichiarato Lollobrigida.