In occasione del Pre-Food Systems Summit delle Nazioni Unite, è stata inaugurata da Coldiretti la prima Coalizione Mondiale dei Farmers Market alla presenza della vice segretaria Onu, Amina J. Mohammed. I produttori agricoli internazionali riuniti nel mercato di Campagna Amica hanno messo in evidenza il ruolo delle donne per la trasformazione dei sistemi alimentari
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – In occasione del Pre-Food Systems Summit delle Nazioni Unite, è stata inaugurata a Roma, nella sede del mercato Campagna Amica di Coldiretti in via di San Teodoro, la prima Coalizione Mondiale dei Farmers Market alla presenza della vice segretaria Onu, Amina J. Mohammed: «Il cibo collega tutti gli esseri umani, l’agricoltura italiana è leader di un sistema dove si avvicendano le generazioni per migliorare sicurezza, qualità e sostenibilità dei prodotti. Molte sono le sfide per le quali dobbiamo trovare le soluzioni. Gli SDGs hanno delineato un percorso verso la sostenibilità in cui tutti gli Obiettivi sono legati uno all’altro, ma se non raggiungiamo l’Obiettivo 2 (Fame Zero) non raggiungeremo neanche gli altri».
Qual è il senso dei Farmers Market? «Aiutare gli agricoltori a migliorare il proprio reddito e i consumatori ad acquistare prodotti freschi e sani», ha detto Carmelo Troccoli, direttore di Campagna Amica. Secondo l’imprenditrice agricola Valentina Stinga «è importante non solo cooperare tra noi in Italia, ma anche all’estero per condividere le buone pratiche con l’obiettivo di uno sviluppo economico sostenibile». Come testimonia l’imprenditore agricolo ghanese Salom Akhaba, che ha portato la sua farina di manioca, «i Farmers Market sono fondamentali per i consumatori, perché acquistano prodotti tracciati direttamente dai produttori e si crea con loro un rapporto di fiducia».
Al momento, fanno parte della Coalizione Mondiale dei Farmers Market USA Norvegia, Australia, Danimarca, Giappone, Canada, Cile, Ghana, Sudafrica, Georgia, Regno Unito. Come spiega Coldiretti, «i Farmers Market sostengono i redditi degli agricoltori che sono tra le categorie più povere del pianeta e garantiscono ai consumatori la possibilità di acquistare al giusto prezzo cibo sano riducendo gli sprechi. Inoltre difendono la biodiversità in un circuito etico virtuoso con una giusta distribuzione del valore dal campo alla tavola. Senza dimenticare l’impatto positivo sul clima con il consumo di prodotti a chilometri zero».
Empowerment femminile e transizione verde
Elizabeth Nsimadala, presidente di Pan Africa Farmers Organization (PAFO) e di Eastern Africa Farmers Federation (EAFF) è una coltivatrice di banane ugandese che è intervenuta anche al Pre-Summit. Ha voluto sottolineare il ruolo e la responsabilità degli agricoltori che non solo devono sfamare il mondo, ma devono farlo con alimenti sani, nutrienti e sostenibili. Gli agricoltori non sono il problema ma la soluzione per arrivare alla sostenibilità, ha dichiarato Nsimadala insistendo molto sul valore del lavoro femminile in agricoltura. Ha spiegato che «in Africa l’80% della popolazione dipende dall’agricoltura, e di questi il 60% sono donne. L’agricoltura è fonte di reddito e di futuro, ci sono intere famiglie che dipendono dal lavoro agricolo.
In Africa, tuttavia, la società è ancora fortemente patriarcale e ostacola in ogni modo l’empowerment femminile. Le donne non possono possedere la terra, non hanno accesso ai finanziamenti, ai servizi, ai macchinari, alle assicurazioni. Anche il ruolo che svolgono all’interno delle famiglie costituisce un ulteriore impedimento per la loro emancipazione. Vivono confinate in ambienti domestici e non sanno cosa succede all’esterno, invece vanno aiutate a formarsi, a svilupparsi economicamente. L’empowerment femminile è il sistema migliore per trasformare i sistemi alimentari. Impegniamoci per eliminare queste ingiustizie e far sì che le donne possano far sentire la loro voce».
Tradizione e sostenibilità ambientale
Gli agricoltori di tutto il mondo hanno portato a Campagna Amica i prodotti caratteristici dei loro paesi, frutto di tradizioni custodite nel tempo: una forma di resistenza positiva all’omologazione alimentare. L’emergenza sanitaria ha rimesso in discussione l’approccio verso l’agricoltura: si è rivalutato il valore cruciale di sistemi di coltivazione che non danneggino la salute dell’uomo e del Pianeta preservandone la biodiversità.
Campagna Amica ha visto una successione di prodotti che uniscono la tradizione alla sostenibilità ambientale. Ad esempio dalla Danimarca arriva il miele city bee, un prodotto naturale al 100% che nasce sui tetti di Copenaghen, aiuta il verde il verde urbano e stimola la biodiversità grazie all’azione impollinatrice delle api; i produttori danesi hanno portato anche il sidro di Ørbæk, definito antispreco perché si ottiene dai cinque milioni di chili di mele che cadono dagli alberi e vengono abbandonate. Sull’isola di Funen, infatti, da tempo la frutta in eccesso viene consegnata a un’azienda locale che produce il sidro. Molti i prodotti danesi: dai tuberi mandorla rossa alla patata asparagi, fino al formaggio di capra Landrance – una razza autoctona in via di estinzione che pascola all’aperto – aromatizzato con i fiori locali.
Un’altra curiosità gastronomica che viene dal nord, e precisamente dalla Norvegia, è il tipico spuntino estivo a base di carne di capra salata servita con il Rømmegrøt, un porridge di panna acida.
Il viaggio di Campagna Amica continua in Africa. Dal Ghana arriva il cocoyam, un grande tubero di cui si consumano anche le foglie che vengono bollite, fritte o arrostite. Molti conoscono le bacche di karité da cui si ricava un burro vegetale impiegato nei prodotti cosmetici, pochi sanno che gli alberi forniscono fiori commestibili e foraggio per le api. Della noce di tigre non si butta via niente: un tubero dolce che si può consumare crudo e da cui si ricavano oli vegetali, una farina senza glutine e un estratto per preparare il gelato.
Nei Farmers Market in cerca dei sapori dimenticati
A Campagna Amica non poteva mancare una postazione statunitense con il bitter di rafano, il miele open source del Mississippi meridionale – ricco di antiossidanti e sempre più ricercato dai consumatori – e la gelatina e la marmellata di tarassaco realizzate a mano dalla comunità Amish, che rifiuta le moderne tecnologie di lavorazione e di conservazione. Il responsabile USA Richard McCarthy spiega che i Farmers Market sono il luogo di incontro dei produttori indipendenti e dei consumatori che vanno in cerca di sapori dimenticati e di tutti quei prodotti che sono stati lasciati indietro dalle produzioni convenzionali.
I Farmers Market sono in crescita in tutto il mondo, ma negli USA hanno avuto in circa venti anni un incremento di quasi il 400% con un fatturato che ha superato i 12 miliardi di dollari. In Danimara e Regno Unito, invece, sono considerati complementari o alternativi ai canali di distribuzione tradizionali. Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti è convinto che i Farmers Market continueranno a crescere perché «parlano di cibo sano che nasce e viene scambiato sul territorio al giusto prezzo, frutto del lavoro di piccole e piccolissime aziende che senza i Farmers Market non avrebbero futuro».
Gli agricoltori dei Farmers Market garantiscono qualità, sicurezza e sostenibilità, e si battono contro lo spreco alimentare. Al centro ci sono i nuclei familiari, le persone, le donne imprenditrici: un modello replicabile nei tanti paesi che ancora non conoscono la vendita diretta. «Per noi l’uomo è al centro, anche quando lavora la terra. Come ha detto Papa Francesco, non c’è una questione ambientale disgiunta da una questione sociale, sono la stessa cosa».