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Cambia il clima? Ora la frutta tropicale si coltiva in Italia

La tropicalizzazione del clima e gli eventi estremi stanno modificando le colture nel Mezzogiorno. Manghi, banane o avocado coltivati in Puglia, Calabria e Sicilia sono un altro segno tangibile del cambiamento climatico. L’altra faccia della medaglia è la capacità dei nostri agricoltori di essere innovativi e in grado di dare un senso positivo a fenomeni che non lo sono affatto

frutta tropicale

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Nei banchi dei nostri mercati ci sono rivenditori molto soddisfatti di esporre frutta tropicale che in altri tempi era considerata esotica, mentre oggi è targata Made in Italy. C’è davvero da esserne contenti? Trovare manghi, banane o avocado coltivati in Puglia, Calabria e Sicilia sono un altro segno tangibile del cambiamento climatico e di un clima arido che sta portando le campagne del nostro Meridione verso standard africani.

Sarà questa la nuova normalità della nostra agricoltura? Stando ai dati presentati da un’analisi di Coldiretti sembra che il processo si sia ormai avviato ed è stato confermato nel corso degli Stati generali dei florovivaisti italiani sul futuro verde delle città: a Giarre, in provincia di Catania, sono state presentate le prime produzioni di frutta tropicale italiana. Proprio in Sicilia, infatti, i segni della tropicalizzazione sono più evidenti.

Coltivazioni di frutta tropicale moltiplicate in tre anni

In meno di tre anni la produzione di frutta tropicale si è letteralmente moltiplicata: parliamo di oltre mille ettari che hanno cambiato le caratteristiche colturali. Sono ormai comuni piantagioni di manghi, banane, avocado, lime, frutto della passione, litchi, anona e altri frutti tropicali che hanno sostituito gli agrumi e garantiscono raccolti per un consumo totale stimato in 900mila tonnellate.

Comprensibile la conversione delle colture da parte degli agricoltori ai quali il cambiamento climatico lasciava poca scelta, ma ci sentiamo di ribadire che non è un mutamento positivo.

I giovani agricoltori di Coldiretti che hanno scelto la coltivazione di frutta esotica in molti casi hanno recuperato e rivitalizzato terreni abbandonati a causa dei cambiamenti climatici dove prima venivano coltivati arance e limoni.

La scelta degli agricoltori è dovuta anche alle richieste dei consumatori che purtroppo preferiscono i prodotti esotici a quelli nostrani: il 61% degli italiani acquisterebbe volentieri frutti tropicali italiani invece di quelli stranieri (sondaggio Coldiretti-Ixè), il 71% pagherebbe addirittura di più pur di avere la sicurezza della provenienza nazionale della frutta tropicale. Tra i motivi di tale preferenza la maggiore freschezza dei prodotti e la garanzia della loro sicurezza.

Il clima cambierà i consumi?

Il cambiamento climatico è quindi destinato a modificare i consumi negli anni a venire? Anche in questo caso la risposta è dolorosamente affermativa. Il 2021 è stato il dodicesimo anno più caldo dal 1800, ovvero da quando sono iniziate le rilevazioni (dati Isac-Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR).

«Il fenomeno degli alberi esotici in Italia, spinto dall’impegno di tanti giovani agricoltori, è un esempio della capacità di innovazione delle imprese agricole italiane nell’affrontare in maniera costruttiva i cambiamenti climatici nonostante le difficoltà e i danni causati da eventi meteo sempre più estremi che negli ultimi dieci anni hanno provocato oltre 14miliardi di euro di danni al nostro sistema agroalimentare» afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.

Giustissima l’osservazione di Prandini, ma vorremmo coltivare anche la speranza di avere ancora per lungo tempo i succosi e profumati agrumi Made in Italy.