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Caffè sostenibili, conversazioni su agricoltura e alimentazione

caffe sostenibili

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Qual è il nuovo rapporto tra agricoltura e alimentazione? Alla Maker Faire 2020, che quest’anno per la prima volta si è tenuta online, Rinnovabili.it ha invitato nei Caffè Sostenibili esperti del mondo della cultura e della scienza, che in modi diversi ruotano intorno al mondo dell’agroalimentare, a esprimere il loro punto di vista sulla sostenibilità nel settore individuando le esigenze principali a cui rispondere.

Il primo appuntamento con Nicola Pirina, amministratore delegato dello startup studio Kitzanos. Secondo Pirina, esperto in gestione dell’innovazione e in progetti innovativi applicati ai territori, bisogna partire da una divisione dei compiti tra pubblico e privato. Al pubblico spetta la tutela della salute pubblica, dei territori, di acqua, strade, aria, boschi; dovrebbe fornire le infrastrutture necessarie allo sviluppo, come la fibra, ma soprattutto dovrebbe garantire formazione e semplificazione normativa. A livello privato, le imprese fanno ancora fatica ad avere comportamenti responsabili nell’uso delle risorse e ad attuare processi innovativi: c’è un po’ di resistenza al cambiamento, dovrebbe passare il concetto che tutto è possibile, ricordando sempre che al centro devono esserci le persone, il loro benessere e la loro capacità di fruizione dei territori. Pirina richiama alla necessaria sinergia tra pubblico e privato, all’interazione tra le persone. Il più grande giacimento che abbiamo in Italia è l’intelligenza delle persone: riunite attorno alle grandi visioni e alle opere da realizzare possono cambiare territori.

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Francesco Giardina, coordinatore responsabile dell’Associazione Nazionale dei produttori biologici di Coldiretti, ha messo in evidenza quello che è un punto dolente della discussione sull’innovazione in agricoltura. Il biologico spesso ha messo dei blocchi all’innovazione ritenendola incompatibile con i propri principi, confondendola spesso con l’ingegneria genetica. Il biologico in realtà è di per sé rivolto al futuro e aperto alle innovazioni. La tracciabilità delle filiere, la blockchain, l’intelligenza artificiale, la meccanica applicata all’agricoltura, l’agricoltura di precisione… Tanti sono i modi per declinare l’innovazione in agricoltura, ma non se ne può parlare se non si torna al senso di comunità, se manca l’integrazione tra i diversi attori. Il futuro è una partita che imprese, ricercatori, istituzioni e comunità dovranno giocare insieme.

Francesco Capozzi, ordinario di Chimica generale e inorganica nel Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna, dirige il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale nel Settore Agroalimentare ed è l’inventore della foodomica, la scienza che lega alimentazione, nutrizione e salute. «Il settore agroalimentare fatica a recepire l’innovazione perché associamo la tradizione alla qualità. Invece l’innovazione è il passo che rende più sostenibile la nostra tradizione». L’innovazione non è un optional, è necessaria che va studiata, interpretata e applicata nel modo giusto. Lo spreco è vietato e lo sarà ancora di più in futuro: non solo l’avanzo che finisce nella pattumiera, ma anche non mettere a disposizione dell’uomo quello che la natura offre. Il nesso tra alimentazione, nutrizione e salute deve poggiare su ingredienti resi più consumabili e conservabili, che non significa l’aggiunta di sostanze artificiali. «Tutto è chimica, anche l’aria che respiriamo», afferma Capozzi. La natura ci mette a disposizione sostanze chimiche benefiche, come dimostra una ricerca sullo scarto delle bucce di arancia dell’industria conserviera. Una materia naturale che verrebbe scartata ma che, grazie alla chimica, trova una nuova vita tra gli alimenti.

Una professionalità maturata in più di 20 anni nel settore ristorativo/alberghiero, collaborazioni con alcuni college statunitensi e il lavoro di docente all’IPSEOA (Istituto Professionale per i Servizi Enogastronomici e dell’Ospitalità Alberghiera) Tor Carbone di Roma hanno convinto Felice Santodonato che la chiave di volta per raggiungere la sostenibilità sia nella formazione, nella cultura e nel rispetto per il consumatore. Quanti sanno che in Italia possiamo commercializzare più di 1200 specie ittiche, ne conosciamo solo 60 ma nei nostri piatti ne finiscono appena 30? Viviamo in un Paese ricco di biodiversità: cerchiamo la qualità dei piccoli produttori, che possono investire in innovazione e mantenere produzioni non intensive rispettose di territorio e ambiente se diamo loro fiducia. Per Santodonato alimentazione fa rima con inclusione: nella sua scuola le persone speciali seguono i percorsi con gli altri studenti, perché devono vivere con noi nel mondo reale.

«La sostenibilità è un tema di fondamentale importanza, che finalmente è al centro delle politiche europee», ha esordito Paolo Cassola, ex-direttore del Parco Nazionale del Circeo ed esperto nella gestione delle aree protette. Non si può parlare di sostenibilità escludendo l’economia o si rischia di percorrere strade nuove in modo schizofrenico, e serve dare una formazione manageriale ai dirigenti pubblici.

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Bisogna entrare nell’ordine di idee che senza una strategia di rete che unisca agricoltori, associazioni di categoria, istituzioni non sarà possibile attuare interventi su prodotti, filiere e territorio che siano realmente incisivi. L’Agro Pontino, ad esempio, è molto importante dal punto di vista agronomico e rurale ma il biologico in agricoltura è ancora troppo poco: ci sono esperienze interessanti a macchia di leopardo che andrebbero messe in rete fare sistema. Lavoriamo sulla ruralità e sulla storia dei territori per capire quali sono gli interventi possibili, quali prodotti certificare e valorizzare per metterli in una vetrina che non sia solo vendita ma promozione del territorio. Si può creare un network che possa fare un tipo di business coerente con i temi della sostenibilità.

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