Il voto smonta la ratio della nuova Direttiva emissioni industriali
(Rinnovabili.it) – Nessun controllo sui bovini. Anche se le vacche, da sole, sono responsabili del 69% delle emissioni di metano del settore agricolo nel 2020 tramite la fermentazione enterica. E limiti più rilassati anche su pollame e suini, le altre due grandi fonti di gas climalteranti dagli allevamenti. Lo chiede la commissione Agricoltura del parlamento europeo con un voto che prova a scardinare l’impianto e la ragione stessa dell’inclusione dei bovini in Direttiva emissioni industriali.
La posizione è anche meno ambiziosa di quella sposata da molti paesi membri in seno al Consiglio. La stessa Italia, che aveva votato contro le modifiche alla Direttiva emissioni industriali proprio per l’inclusione degli allevamenti nel monitoraggio delle emissioni di metano, puntava semplicemente a rivedere le quote di capi oltre le quali l’allevamento va assimilato a un’industria e quindi diventa soggetto alle riduzioni emissive.
Perché non includere i bovini in Direttiva Emissioni Industriali?
La ragione per non mettere i bovini in Direttiva emissioni industriali? “Il testo proposto dalla Commissione è controproducente e favorisce una maggiore concentrazione nel settore agricolo”, oltre a comportare un “grande onere amministrativo ed economico per gli agricoltori che allevano polli, suini e bovini”. In pratica, solo le grandi aziende (intensive) avrebbero i mezzi per sbrigare le pratiche amministrative, mentre le medie aziende – il limite per le vacche è fissato in origine a 150 capi – farebbero fatica e sarebbero quindi svantaggiate. La toppa è ben peggiore del buco però: un salvacondotto per tutti gli allevamenti certo non aiuta a tenere sotto controllo le emissioni di metano.
Una proposta che, di fatto, mantiene lo status quo. E che infatti fa esultare soltanto alcune associazioni di categoria, a partire dal sindacato europeo degli agricoltori e allevatori COPA-COGECA, che parla di “messaggio cristallino” inviato alla Commissione. Far passare i limiti emissivi per gli allevamenti nella formulazione di Bruxelles, argomenta il sindacato, “significherebbe obbligare le piccole e medie aziende agricole a rispettare criteri impossibili, rischiandone così la liquidazione o addirittura la concentrazione eccessiva delle aziende esistenti, favorendo così il consumo di prodotti di origine extra-europea”.
Secondo uno studio di Greenpeace del 2020, gli allevamenti in Europa emettono una quantità di gas climalteranti analoga a quella generata da tutte le auto e i furgoni che corrono sulle strade del continente. La revisione della IED è il primo tentativo serio di incidere sul tenore emissivo di questo comparto. In Europa, queste emissioni sono scese del 25% tra 1990 e 2010 ma da allora sono stabili nonostante i fondi della politica agricola comune spesi per tagliarle, accusava la Corte dei conti europea nel 2021.