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“Bluefishers”, sostituire le cassette di polistirolo con quelle riutilizzabili

A sei mesi dall'avvio del progetto “Bluefishers” più di 35mila cassette di polistirolo non sono finite in mare. Per conseguire questo importante risultato è stata cruciale la partecipazione dei pescatori, consapevoli che solo la tutela dell’ecosistema può assicurare una reale prospettiva alla loro attività

I pescatori di Viareggio hanno aderito al progetto
Foto Marevivo – I pescatori di Viareggio hanno aderito al progetto “Bluefishers”

“Bluefishers”, no alle cassette di polistirolo che inquinano il mare

Più di 35mila cassette di polistirolo non sono finite in mare nei primi sei mesi di “Bluefishers”, la campagna nazionale attivata dall’associazione ambientalista Marevivo nell’inverno del 2024.

L’iniziativa è partita da Viareggio allo scopo di combattere l’inquinamento del mare causato dal polistirolo e promuovere un modello di economia circolare.

Com’è ovvio, i pescatori sono l’anello fondamentale di questa catena del riciclo. Infatti, hanno aderito al progetto 70 pescatori e 58 imbarcazioni della Cittadella della Pesca di Viareggio, la struttura che raccoglie le sei cooperative della pesca presenti sul territorio che rappresentano circa il 90% della marineria viareggina.

I pescatori e la tutela dell’ecosistema

«I pescatori di Viareggio lavorano da anni per rendere sempre più sostenibile il loro lavoro, consapevoli che solo la tutela dell’ecosistema può assicurare una reale prospettiva alla loro attività. È una vera e propria rivoluzione culturale che impegna ogni giorno i pescatori a mettere in discussione modalità di lavoro consolidate da decenni, per garantire un futuro a se stessi e alle generazioni future, con la speranza che tutti quelli che vivono in mare e del mare possano incamminarsi su questa strada», ha dichiarato Alessandra Malfatti, presidente della Cittadella della Pesca.

I pescatori hanno sostituito i vecchi contenitori con 2.300 cassette di polipropilene riutilizzabili, acquistate grazie al contributo della Tuscany Environment Foundation che ha sostenuto l’iniziativa “Bluefishers”. La fondazione raccoglie fondi per sostenere i progetti di protezione e valorizzazione ambientale degli ecosistemi toscani.

I risultati a sei mesi dal lancio di “Bluefishers”

Nei primi sei mesi di attività del progetto “Bluefishers” è stato raggiunto un risultato ambientale ragguardevole: più di 35mila cassette di polistirolo non sono finite in mare.

Il polistirolo è uno dei rifiuti inquinanti più presenti in mare, in spiaggia e lungo le coste. Probabilmente perché viene abbandonato in modo volontario o involontario, ma anche perché è un materiale fragile che si disgrega facilmente e che ha un basso tasso di riciclo.

Una ricerca del Dipartimento di Scienza, della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche ha messo in evidenza anche un altro aspettoche rende il polistirolo ancora più nocivo per l’ambiente: tra i rifiuti plastici analizzati, è il polimero in grado di assorbire e veicolare il maggior numero di contaminanti.

Come ridurre l’inquinamento marino da cassette di polistirolo?

In Italia, ogni anno, il comparto ittico usa 50 milioni di cassette di polistirolo (circa 14mila tonnellate) per il trasporto e la vendita del pescato: una quantità enorme per un altrettanto enorme inquinamento del mare.

L’obiettivo di “Bluefishers”, pertanto, è promuovere una legge che vieti l’impiego di cassette di polistirolo usa e getta, limiti il ricorso agli imballaggi in plastica monouso e promuova il loro riuso e riciclo.

Laura Gentile, coordinatrice del progetto “Bluefishers” per Marevivo, ha sottolineato l’importanza di queste azioni per proteggere la salute del mare e quindi la nostra: «“BlueFishers” ha raggiunto un primo importante risultato per il mare, con il supporto degli stessi pescatori che hanno compreso il valore di questa iniziativa.

Con questo progetto non si vuole solo contrastare l’impiego del polistirolo nel comparto ittico, ma anche valutare azioni strategiche di tutela e di conservazione dell’ambiente marino attraverso l’adozione di buone pratiche».

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