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Allarme tra gli allevatori italiani per la peste suina africana

peste suina africana
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(Rinnovabili.it) – La peste suina africana è una malattia virale che colpisce i suini domestici e i cinghiali selvatici di qualsiasi età e sesso. Nell’Africa sub-sahariana la peste suina africana è endemica, e lo è stata anche in Sardegna per alcuni decenni. Dal 2007 ha iniziato a diffondersi in alcuni Paesi dell’Europa orientale e da lì è arrivata rapidamente nell’Unione Europea, tanto che nel 2019 era presente in nove Paesi UE.

Importante segnalare i casi sospetti ai Servizi Veterinari

Nel 2020 l’EFSA ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per tentare di arginarne la diffusione.

L’Unione Europea ha stabilito misure di prevenzione e controllo da applicare nei casi in cui si verifichino casi sospetti o casi confermati di peste suina africana in allevamenti o tra i cinghiali selvatici.

I sintomi sono apparentemente simili a quelli della peste suina classica, per avere la certezza che si tratti di peste suina africana è necessario fare una diagnosi di laboratorio.

Non esistono vaccini contro il virus, che è molto contagioso per gli animali (ma fortunatamente non per le persone) e quindi in grado di provocare una mortalità elevata. I ceppi più aggressivi uccidono l’animale in pochi giorni, è evidente pertanto il timore degli allevatori nei confronti di una malattia che ha conseguenze economiche gravi.

Ora la peste suina è arrivata in Italia: è stata segnalata al confine tra Piemonte e Liguria. La conferma arriva dal Centro di Referenza Nazionale per le Pesti suine dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche “Togo Rosati”.

È importante contrastare il fenomeno e limitare i danni, ma soprattutto bisogna informare correttamente i consumatori per evitare speculazioni: infatti sono già arrivate da diversi Paesi le prime sospensioni delle importazioni dall’Italia di carni suine e prodotti derivati, avverte Confagricoltura.

Confagricoltura si è già attivata per valutare le richieste da presentare al Governo e in sede europea per la salvaguardia delle imprese, nonché per chiedere agli istituti di credito una maggiore attenzione verso gli allevatori in difficoltà.

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Come si diffonde la peste suina africana

«Una situazione critica che, con tutta probabilità, avrebbe potuto essere evitata con l’azione di contrasto sollecitata da tempo a tutti i livelli nei confronti della proliferazione dei cinghiali», sostiene Confagricoltura.

Dello stesso avviso Coldiretti che lamenta la mancanza di prevenzione nonostante gli allarmi sollevati ripetutamente davanti al moltiplicarsi di cinghiali, che ormai sono arrivati a 2,3 milioni di esemplari.

L’associazione sollecita iniziative comuni a livello europeo perché «è dalla fragilità dei confini naturali che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplari infetti».

Immediato l’intervento del Ministero della Salute che, insieme all’Unità di Crisi Centrale, al Gruppo di Esperti in materia di peste suina africana e ad ISPRA, sta attivando con urgenza le procedure sia per delimitare l’area infetta sia per contrastare l’ulteriore diffusione della malattia.

Le modalità di diffusione della malattia sono la circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata, lo smaltimento illegale di carcasse, il contatto con oggetti contaminati, morsi di zecche infette.

Il virus della peste suina africana rimane vitale per lungo tempo anche dopo la morte dell’animale infetto, e perfino le carcasse sono in grado di trasmettere il virus.

È quindi di cruciale importanza segnalare ai Servizi Veterinari competenti (anche tramite Carabinieri forestali, Polizia provinciale o Polizia locale) il ritrovamento di cinghiali morti, anche se incompleti o in avanzato stato di decomposizione.

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