La stampa 3D di alimenti consente di creare piatti utilizzando impasti semisolidi commestibili
di Daniela Maurizi
Il 2 agosto del 2023 si è celebrato l’Overshoot day. Se questa data non vi dice nulla, sappiate che si riferisce al giorno in cui il Pianeta esaurisce le risorse naturali disponibili per l’intero anno. Considerando questa situazione, è naturale – se non essenziale – rivolgersi alla tecnologia per produrre in modo più sostenibile le risorse necessarie per nutrire noi stessi e salvare il Pianeta.
Negli ultimi tempi, si è parlato molto di cibo sintetico, anche se la parola giusta sarebbe cibo coltivato, suscitando dibattiti accesi e molte polemiche. Un altro approccio forse futuristico alla necessità di nuove risorse potrebbero essere le stampanti 3D? Prima di rispondere istintivamente con un “no”, vediamo insieme come funziona questa tecnologia e quali sono i suoi vantaggi e svantaggi.
Stampa 3D: come funziona
La stampa 3D non è una novità. Ha molti usi nell’industria, utilizzata per la costruzione di oggetti e persino di interi edifici. Inizialmente sviluppata per la plastica, la stampa 3D si è estesa gradualmente a metalli, ceramica, vetro, materiali da costruzione e molto altro. Oggi stiamo esplorando l’applicazione della stampa 3D nel settore alimentare.
Il funzionamento della stampa 3D per il cibo segue lo stesso processo di stampa di qualsiasi altro oggetto: partendo da un modello digitale progettato sul computer, il prodotto viene stampato utilizzando la tecnica FDM, ovvero “Fused Deposition Modeling”. Questo processo prevede la deposizione di strati di materiale uno sopra l’altro, conferendo all’oggetto (o al cibo) la caratteristica conformazione a strati.
Per semplificare, possiamo immaginare la stampante 3D come una grande sac à poche che rilascia il materiale poco alla volta su una base. La differenza è che, mentre la sac à poche è controllata dalla nostra mano, nella stampa 3D è il computer a gestire tutto.
Ciò che rende possibile questo processo è l’estrusione del materiale: la materia prima semisolida viene fatta passare attraverso un foro per creare un prodotto con una sezione costante che assume la forma del foro stesso. Nel caso del cibo, l’impasto semisolido è contenuto in una sorta di siringa e, passando attraverso un piccolo foro circolare, diventa un filamento che viene poi posizionato sul piatto di stampa per creare la forma desiderata digitalmente. In questo modo, il cibo si forma man mano che gli strati si sovrappongono.
Per la stampa 3D di cibo, il materiale semisolido viene ottenuto tramite taglio, triturazione o frullatura della materia prima, a cui vengono solitamente aggiunti degli additivi (idrocolloidi) per gelificare la sostanza e renderla più compatta. Questo è fondamentale affinché il materiale possa garantire stabilità al prodotto appena stampato, mantenendo la forma progettata digitalmente anche durante la stampa.
Alimenti stampati in 3D: i pro e i contro
La stampa 3D di cibo presenta vantaggi e svantaggi, come qualsiasi oggetto stampato in 3D. Tra i vantaggi possiamo citare:
- La possibilità di realizzare forme molto complesse e dettagliate, che sarebbero difficili da ottenere con metodi tradizionali di produzione alimentare.
- La personalizzazione del cibo: grazie alla stampa 3D, è possibile creare cibi su misura per le esigenze di ogni individuo, ad esempio adattando la consistenza o la composizione nutrizionale.
- Riduzione degli sprechi: la stampa 3D permette di utilizzare solo la quantità di materia prima necessaria per creare il cibo desiderato, riducendo gli sprechi di cibo e contribuendo a una produzione più sostenibile.
- Maggiore efficienza energetica: la stampa 3D richiede meno energia rispetto ai metodi tradizionali di produzione alimentare, in quanto non è necessario riscaldare grandi quantità di cibo o utilizzare attrezzature complesse.
- Innovazione e creatività: la stampa 3D offre infinite possibilità di creare nuovi cibi e combinazioni di ingredienti, stimolando l’innovazione e la creatività nel settore alimentare.
Tuttavia, ci sono anche alcuni svantaggi da considerare:
- Costi elevati: al momento, le stampanti 3D per il cibo sono ancora molto costose e non accessibili a tutti. Questo potrebbe limitarne l’adozione su larga scala.
- Limitazioni nella scelta degli ingredienti: la stampa 3D richiede l’utilizzo di ingredienti che possono essere trasformati in una consistenza semisolida, limitando la scelta degli ingredienti disponibili per la stampa.
- Qualità del cibo: la stampa 3D potrebbe non garantire la stessa qualità sensoriale del cibo tradizionale, come la consistenza, il sapore e l’aspetto visivo.
4. Problemi di sicurezza alimentare: la stampa 3D di cibo solleva preoccupazioni riguardo alla sicurezza alimentare, come la possibilità di contaminazione batterica o la corretta conservazione dei cibi stampati.
5. Accettazione sociale: l’idea di mangiare cibo stampato potrebbe non essere accettata da tutti, poiché si tratta di una tecnologia ancora nuova e sconosciuta per molti.
Conclusioni
Probabilmente, il giorno in cui potremo stampare il nostro pranzo dal pc dell’ufficio non è vicino e, almeno per ora, ci tocca ancora portacelo da casa. La tecnologia 3D, tuttavia, sta dimostrando interessanti applicazioni anche nel campo alimentare e vale la pena seguirne gli sviluppi per un futuro più green e sostenibile.