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Proteine alternative da un fungo, la nuova rivoluzione alimentare?

Le proteine ottenute dalla fermentazione di un fungo trovato nel Parco Nazionale di Yellowstone hanno aperto nuovi scenari per l’alimentazione del futuro. Il materiale di partenza è versatile e può trasformarsi in tanti prodotti diversi. L’ostacolo principale è il prezzo troppo alto

Proteine da un fungo
Immagine di freepik

Nuove proteine vegetali

La produzione di proteine per l’alimentazione umana è una delle grandi sfide del nostro tempo. La popolazione mondiale aumenta e con essa la richiesta di cibi sani e nutrienti. Cresce anche la richiesta di proteine, ma aumentare ulteriormente gli allevamenti porterebbe al collasso definitivo dell’ecosistema.

La scoperta nel Parco Nazionale di Yellowstone

La ricerca nel campo agroalimentare è in perenne fermento, a caccia di soluzioni efficaci e sostenibili. Poi ci sono scoperte che avvengono un po’ per caso ma che potrebbero avere grandi potenzialità. È il bello della ricerca di base: non sai mai dove porterà.

È quello che è capitato a Mark Kozubal nel Parco Nazionale di Yellowstone (Stati Uniti). Nel 2009 Kozubal era un dottorando che studiava gli estremofili (ovvero gli organismi che sono in grado di vivere in ambienti estremi e ostili alla maggior parte delle forme di vita) nell’ambito di un progetto di ricerca sostenuto dalla National Science Foundation (l’agenzia governativa USA che promuove la ricerca nei campi della scienza e dell’ingegneria) e dalla NASA.

Kozubal ha raccolto campioni da una sorgente calda e acida di Yellowstone e da qui ha isolato il microrganismo del ceppo Fusarium flavolapis pensando che fosse utile per produrre biodiesel. L’incontro con Thomas Jonas ha cambiato la prospettiva: se l’energia è un problema, il cibo lo è altrettanto e la produzione di proteine ancora di più se pensiamo alle sue ripercussioni ambientali.

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Alimenti proteici basati su un fungo

Da questa collaborazione, nel 2018 è nata a Chicago Nature’s Fynd, un’azienda alimentare che produce alimenti proteici basati sul Fusarium flavolapis.

Partendo da una cellula messa in acqua e nutrita con zucchero, il fungo è cresciuto e si è replicato in poche ore (pensiamo ad esempio alla fermentazione del lievito quando si fa l’impasto per il pane o per la pizza). È stato inserito in un bioreattore e poi in un vassoio con altra acqua, zucchero e sali.

In tre giorni si è trasformato in un “panetto” di proteine che conteneva i nove aminoacidi necessari per l’alimentazione umana. Ogni vassoio conteneva tante proteine quanto quelle di 25 polli.

L’ulteriore scoperta è stata che, aggiungendo opportune quantità di acqua o di aromi, il panetto poteva trasformarsi in hamburger, latte, yogurt, crema di formaggio spalmabile o proteine in polvere.

Da qui alla nascita di Nature’s Fynd il passo è stato breve. I prodotti hanno incontrato il favore degli assaggiatori, ma c’è un difetto: sono molto costosi, perché la produzione è ancora limitata.

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La NASA vuole portare le nuove proteine alternative nello spazio

Cosa si prevede per il futuro? La NASA sta già pensando a quando potrà portare le nuove proteine nello spazio (sembra incredibile, ma non aveva mai esplorato la possibilità di estrarre proteine da un fungo). A dire il vero, una prima sperimentazione positiva è stata fatta nel 2022 nella Stazione Spaziale Internazionale con un bioreattore grande quanto una scatola da scarpe.

Nella previsione di un’esplosione demografica nei paesi equatoriali da qui a pochi decenni, la Bill & Melinda Gates Foundation ha deciso di finanziare la ricerca di Nature’s Fynd.

Infatti, produrre proteine da un fungo potrebbe rappresentare una rivoluzione alimentare nei paesi della fascia equatoriale dove il cambiamento climatico si manifesta con maggiore violenza. Per ora i nuovi prodotti proteici sono in vendita online sul sito di un rivenditore di alimenti naturali e biologici negli Stati Uniti. Ma tra breve potrebbero andare letteralmente in orbita.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.