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Packaging alimentare, c’è ancora troppa plastica nel carrello della spesa

In Europa si fa troppo uso di packaging alimentare in plastica. In Italia, ad esempio, il 46% del packaging alimentare dei supermercati è composto da plastica, il più delle volte non necessaria. Una ricerca ha indagato nei carrelli della spesa e ha sondato la disponibilità di produttori e rivenditori a usare materiali alternativi

Packaging alimentare, c’è ancora troppa plastica nel carrello della spesa
Immagine di freepik

Esistono alternative alla plastica per il packaging alimentare?

La maggior parte del packaging alimentare è fatto di plastica. È necessario un cambio di passo per rendere il comparto agroalimentare più sostenibile, proprio mentre l’agricoltura sta facendo grandi passi avanti grazie all’adozione di soluzioni innovative.

Il packaging alimentare in plastica è sempre necessario?

Ci sono prodotti che effettivamente non possono fare a meno degli imballaggi in plastica, ma in molti casi è possibile pensare a sistemi alternativi.

Il 46% del packaging alimentare dei supermercati italiani è composto da plastica, il più delle volte non necessaria, come si evince dalla ricerca Material Change Index, commissionata da DS Smith (leader negli imballaggi di cartone ondulato e partner della Ellen MacArthur Foundation) e condotta da Retail Economics (società indipendente di ricerca economica).

Questo significa che quasi la metà degli articoli di cibo e bevande presenti nei supermercati italiani sono confezionati in plastica che si potrebbe sostituire con materiali alternativi.

La quantità di plastica inutile usata ogni anno è impressionante: solo in Italia si tratta di 27,3 miliardi di pezzi.

Dove si usa di più il packaging alimentare in plastica?

La maggior parte degli imballaggi proviene da pane, riso e cereali (87%), carne e pesce (86%), bevande analcoliche (85%), latticini (81%).

La ricerca di Retail Economics apre comunque qualche spiraglio. Quasi tutti gli intervistati (98%), tra produttori e distributori di beni alimentari, si sono attivati per trovare una soluzione alternativa agli imballaggi in plastica, o almeno si stanno impegnando a ridurli.

Tre su cinque (60%) ritengono che in due anni o meno potranno raggiungere i propri obiettivi, ma un quarto (25%) di essi afferma di essere ancora decisamente fuori strada.

Due su cinque (40%) hanno identificato il costo delle materie prime come il più grande ostacolo all’innovazione, mentre quasi altrettanti (39%) temono che i consumatori non accettino i cambiamenti del packaging alimentare.

Un’altra preoccupazione sia dei produttori che dei rivenditori di prodotti alimentari è che con il packaging di un altro materiale perderebbero in competitività.

Infatti, sette su dieci (72%) ritengono che i consumatori non vorrebbero pagare di più per un imballaggio sostenibile, mentre quasi due terzi degli intervistati (65%) non vorrebbero sacrificare la praticità per sostituire la plastica.

In Europa si eccede

Il Material Change Index ha analizzato i materiali di imballaggio in 25 dei supermercati più popolari in sei paesi europei: Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna e Polonia.

Il Regno Unito è il paese che usa di più la plastica per gli imballaggi: il 70% di tutti gli articoli alimentari e delle bevande sugli scaffali britannici contengono plastica. Seguono Spagna (67%), Italia (66%), Polonia (62%) e Francia (59%).

Solo in Francia meno della metà (49%) dei generi alimentari è confezionata con la plastica, probabilmente perché sono molto numerosi i banchi del fresco dove soprattutto pane e formaggi sono venduti sciolti, come pure i reparti bio (dove si possono acquistare le ricariche per articoli come i cereali).

La Francia, inoltre, ha introdotto il divieto graduale di usare gli imballaggi in plastica per frutta e verdura fresche. A metà del 2026 entrerà in vigore un divieto assoluto per il packaging alimentare in plastica.

Plastica rimovibile o riducibile

L’analisi di Material Change Index ha riguardato 1.500 prodotti alimentari e bevande e si è basata su due misure chiave:

  • Analisi del carrello – La proporzione di articoli acquistati di routine in un tipico carrello della spesa alimentare che contiene imballaggi in plastica. Il carrello era composto da cinquanta articoli rappresentativi degli acquisti regolari di cibo e bevande per una famiglia tipica in ogni mercato, ponderati in base all’importanza di ogni articolo nella spesa alimentare complessiva, incorporando la quota di mercato del rivenditore, i modelli di spesa dei consumatori e le ponderazioni CPI armonizzate per ogni paese.
  • Analisi dell’inventario del negozio – La proporzione di una gamma di articoli di cibo e bevande confezionati in plastica in diverse aree del negozio. Questa analisi è stata ponderata in base alla quota di mercato del rivenditore e alle dimensioni del negozio per tenere conto della diversità di prodotti e tipi di imballaggio disponibili sugli scaffali dei supermercati.

Inoltre, gli specialisti degli imballaggi di DS Smith hanno condotto un’analisi per determinare dove gli imballaggi in plastica potessero essere rimossi in modo sicuro o ridotti in modo significativo passando a soluzioni alternative esistenti. La plastica è stata classificata come:

  • Rimovibile, se il contenuto di plastica in una soluzione alternativa (ad esempio fibra, vetro) è inferiore all’1% in peso, compresi gli articoli venduti sfusi o confezionati con un rivestimento o sigillo di plastica minimo.
  • Riducibile, se la plastica può essere significativamente ridotta a meno del 5% in peso, rimanendo riciclabile all’interno dei normali processi di riciclaggio.

È necessario un percorso comune

Come spiega Paolo Marini, Managing Director di DS Smith Packaging Italia, «le aziende alimentari stanno compiendo passi avanti nella sostituzione degli imballaggi in plastica, ma per ottenere un cambiamento importante è necessario creare norme condivise a livello globale.

L’Unione Europea ha già avviato questo percorso, ma la strada è ancora lunga. Per garantire una trasformazione sostenibile e competitiva è fondamentale un Trattato globale sulla plastica che unisca gli sforzi di tutti, con l’UE e gli Stati Uniti a guidare il cammino.

Non tutta la plastica può essere sostituita subito, ma regolamentare per ridurne l’uso è la chiave per un futuro senza rifiuti inutili».

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