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Olio d’oliva ai raggi infrarossi: così valutiamo la qualità

Olio d'oliva ai raggi infrarossi: così valutiamo la qualità
Foto di HomeMaker da Pixabay

di Daniela Maurizi

L’olio d’oliva è uno dei prodotti d’eccellenza dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, Italia in primis. Forse non tutti sanno che è anche fra i prodotti più sottoposti a frode alimentare, in particolare può venire etichettato come “extra vergine” un olio che in verità non presenta le caratteristiche per poter essere definito tale.

Per valutare la qualità dell’olio d’oliva e tutelare i consumatori da prodotti fraudolenti, la tecnologia è negli anni sempre stata di grande supporto per riconoscere le bottiglie autentiche e sicure da quelle manomesse. Un recente studio spagnolo a cura dell’Università di Córdoba, dell’Università di Siviglia e dell’Instituto de la Grasa (CSIC) ha effettuato un confronto tra il potenziale delle tecniche a raggi infrarossi spettroscopiche e la gascromatografia per la classificazione delle categorie di olio di oliva vergine e valutarne, pertanto, la qualità.

Vediamo, dunque, come viene classificato l’olio d’oliva e come le ultime tecnologie sono in grado di aiutarci per la tutela di questo prodotto d’eccellenza dalle truffe alimentari. 

La classificazione dell’olio d’oliva

La classificazione dell’olio d’oliva avviene tenendo conto di due elementi: i parametri chimici e gli aspetti organolettici. Entrambi questi valori servono ad attestarne la qualità.

I vari tipi di olio e i metodi di analisi per la verifica della conformità dell’olio di oliva sono stati definiti inizialmente dal Regolamento europeo 2568/91, modificato poi dai Regolamenti n. 1513/2001, n. 1234/2007, n. 640/2008 e n. 1348/2013, quest’ultimo relativo proprio alle caratteristiche degli oli d’oliva e degli oli di sansa d’oliva.

Sulla base di queste normative, l’olio d’oliva può essere classificato in:

  1. Oli ottenuti per spremitura meccanica: oli vergini estratti dall’oliva soltanto mediante processi meccanici o fisici (pressione o centrifugazione). Fra questi si distinguono:
    1. Olio d’oliva extravergine: acidità libera ≤ 0,8%; gusto perfetto, privo di difetti;
    2. Olio d’oliva vergine: acidità libera ≤ 2%; gusto con qualche difetto;
    3. Olio d’oliva vergine lampante: acidità libera > 2%, con caratteristiche non alimentari, ma destinato alla raffinazione; gusto con difetti più o meno evidenti.
      L’olio lampante deriva dalla spremitura di olive particolarmente scadenti, tanto da essere incommestibile; possiede sapore e odore così sgradevole che necessita di essere trattato industrialmente al fine di eliminare i difetti organolettici e di correggere i valori analitici entro i limiti previsti dalla legge.
  2. Oli raffinati, ottenuti da oli vergini lampanti: oli contenenti oli di oliva che hanno subito un processo di raffinazione, che includono:
    1. Olio di oliva raffinato: si ottiene per rettifica di oli lampanti; acidità libera ≤ 0,3%; è un olio incolore, inodore, insapore, non commercializzabile al dettaglio, ma viene miscelato con olio vergine per produrre olio di oliva;
    2. Olio di oliva: ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine diverso dall’olio lampante, con acidità ≤ 1%
  3. Oli di sansa: contenenti oli provenienti dal trattamento della sansa di oliva, ovvero sia quel residuo solido che permane dopo l’estrazione dell’olio. In questa categoria rientrano:
    1. Olio di sansa di oliva greggio: ottenuto da sanse di oliva per estrazione con solventi (esano), lavaggi e distillazioni; non è direttamente commestibile, ma necessita di trattamenti successivi di rettifica;
    2. Olio di sansa di oliva raffinato: derivante dall’olio di sansa greggio, sottoposto a raffinazione. Non commercializzabile al dettaglio; acidità ≤ 0,3%;
    3. Olio di sansa di oliva: ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e olio di oliva vergine diverso dall’olio lampante, con acidità ≤ 1%.

Definire la qualità dell’olio d’oliva con la tecnologia a infrarossi

Abbiamo visto quanto può essere ricca e complessa la classificazione dell’olio, ma in questa sede ci concentreremo solo quello che segue processi industriali e viene quindi estratto per mezzo di spremitura meccanica. Come abbiamo avuto modo di vedere, esso comprende tre categorie: extravergine, vergine e lampante. 

Il metodo ufficiale per questa classificazione, basato sull’analisi fisico-chimica e sull’assaggio sensoriale, è considerato utile ed efficace, sebbene si tratti di un processo costoso e lungo. Infatti, per definire la conformità di un campione di olio a una specifica categoria non è sufficiente individuare l’acidità libera, vale a dire quel valore che esprime la percentuale di acidi grassi liberi contenuti nell’olio; un’analisi di qualità completa richiede di prendere in considerazione una vasta serie di parametri chimici, che servono a valutare altri aspetti legati alla qualità del prodotto finale – e in particolare della materia prima –, al grado di maturazione alla raccolta, ai criteri di lavorazione operati e così via.

Lo studio spagnolo sopracitato ha valutato il potenziale di alcune tecniche analitiche per la classificazione e la previsione di diverse categorie di olio d’oliva, a supporto dei metodi ufficiali e per fornire alle aziende olearie uno strumento più rapido per valutare la qualità del prodotto. Per raggiungere questo scopo sono state prese in considerazione diverse tecniche, come le spettroscopie del medio e vicino infrarosso (MIR e NIR) e la gascromatografia dello spazio di testa accoppiata a uno spettrometro a mobilità ionica (HS-GC-IMS). 

La spettroscopia del medio e vicino infrarosso non è una tecnica nuova nelle analisi delle olive. Grazie all’utilizzo della luce a infrarossi, questa tecnica è in grado di determinare la quantità di grassi, umidità e acidità presenti nel campione sottoposto a esame, dando la possibilità di stabilire i corretti tempi di raccolta e stimare la resa industriale. 

L’olio d’oliva ha una composizione chimica molto complessa e affascinante. La spettroscopia a infrarossi riesce a fornire dati numerici esatti che informano su come è composto il campione d’olio analizzato, trasformando i numeri in risultati chimici: questa tecnica è detta “chemiometria”. In parole povere, la chemiometria funziona come un software, ossia un programma informatico, che riesce a trasformare i dati matematici e statistici in dati chimici corrispondenti ai costituenti del campione analizzato. 

La spettrometria a mobilità ionica (IMS), invece, viene considerata una tecnica dagli innumerevoli vantaggi. Originariamente definita “cromatografia al plasma”, il suo brevetto risale addirittura al 1969. Grazie alla sua notevole sensibilità molecolare, la IMS trova varie applicazioni nel settore alimentare e l’olio d’oliva non è da meno. Quando abbinata alla gascromatografia, una tecnica comunemente usata per separare e analizzare i composti all’interno di una miscela, essa si rivela una potente scelta analitica per osservare le componenti dell’olio d’oliva. La GC-IMS, infatti, costituisce uno dei metodi analitici più avanzati per l’identificazione e la quantificazione di sostanze organiche nell’olio d’oliva. 

Grazie a questa tecnologia possiamo ricavare informazioni preziose quali:

Proprio sulla base dell’esito delle analisi compiute in laboratorio e come dimostrato dallo studio spagnolo, quindi, è possibile classificare con grande precisione l’olio d’oliva nelle varie categorie così come previste dalla normativa europea.

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