Rinnovabili

Nanoplastiche negli alimenti: ecco perché è (ancora) importante parlarne

Rimuovere le nanoplastiche dall'acqua

via depositphotos

Rimuovere le nanoplastiche dall'acqua
via depositphotos

di Daniela Maurizi

Nonostante la consapevolezza sulla necessità di limitare l’utilizzo di plastica monouso, e la certezza che le microplastiche provengano delle fonti più inaspettate (ricordiamo indumenti in pile e lenti a contatto) rimangono ancora delle lacune fondamentali nella conoscenza delle nanoplastiche a causa della mancanza di tecniche analitiche efficaci. Vediamo allora insieme cosa hanno scoperto i più recenti studi in materia e capiamo, come consumatori, cosa possiamo fare per tutelare la nostra salute e quella del Pianeta.

Cosa ci fa la plastica nel nostro cibo?

Per aprire questo discorso, sarà importante chiarire un aspetto fondamentale: quando parliamo di microplastiche ci riferiamo a residui che vanno da 1 µm a 5 mm di lunghezza; le nanoplastiche, invece, hanno dimensioni decisamente più ridotte, addirittura al di sotto di 1 μm. Sono in particolare queste ultime ad aver sollevato più preoccupazioni, dal momento che si ritiene che siano più tossiche: le loro dimensioni più piccole le rendono, infatti, molto più adatte, rispetto alle microplastiche, a entrare nel corpo umano.

Ma come arriva la plastica nel nostro cibo? Purtroppo, nessun tratto della filiera alimentare è esente dal rischio di contaminazione. Questo dipende dal livello di inquinamento ambientale a cui gli ecosistemi, nella loro integrità, sono oramai esposti. Si pensi ad esempio ai nostri mari: non è un segreto che vi sia un’enorme concentrazione di plastiche negli oceani a causa dell’inquinamento proveniente soprattutto dai centri abitati che, scaricando nei fiumi o direttamente in mare, devastano l’ecosistema marino. Questo vuol dire che tante specie animali acquatiche, a cominciare da pesci e molluschi – che sono delle vere e proprie spugne per gli agenti inquinanti –, ingeriscono molte di queste micro e nano particelle di plastica, che naturalmente finiscono sulle nostre tavole insieme a loro. 

Non solo: la contaminazione può avvenire a più livelli, non solo per inquinamento ambientale. Infatti, le nano e microplastiche possono subentrare negli alimenti anche in fase di stoccaggio, dal momento che luce e temperatura favoriscono la migrazione dei contaminanti dal packaging al cibo. Non a caso i MOCA, i materiali e oggetti a contatto con gli alimenti, sono sottoposti a rigida normativa europea, nello specifico:

I rischi effettivi per la nostra salute

Vista la loro pericolosità, le nanoparticelle sono state oggetto di molti studi, per valutare la reale entità del rischio di contaminazione alimentare. Un recente studio, promosso dalla Columbia University e pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ha sviluppato una potente tecnica di imaging ottico per l’analisi rapida delle nanoplastiche con sensibilità e specificità senza precedenti. Fino ad oggi, infatti, il grande limite è sempre stata l’impossibilità di osservare con analitica precisione il rilevamento delle nanoplastiche, riuscendo a individuare esattamente solo residui di microplastiche, quindi di dimensioni maggiori. Grazie a questo studio concentratosi principalmente sulla presenza di nanoplastiche all’interno delle bottiglie d’acqua da un litro, è stato possibile quantificare la presenza di oltre 105 particelle in ogni litro di acqua in ciascuna bottiglia, un valore superiore di due o tre ordini di grandezza rispetto ai risultati riportati da studi precedenti, che si concentravano solo sulle microplastiche di grandi dimensioni.

All’interno dell’Unione Europea è l’EFSA, l’Autorità per la sicurezza alimentare europea, a vigilare sulla salute dei cittadini. Puntualmente, infatti, questo organismo si preoccupa di monitorare il mercato alimentare e di sottoporre i propri pareri scientifici alla Commissione europea, che si incarica di formulare e aggiornare di conseguenza le normative in vigore. Un esempio è dato dalla nuova valutazione dei rischi per la salute causati dal bisfenolo (BPA), una sostanza chimica usata in genere in associazione con altre sostanze per produrre plastiche e resine. Esso viene usato per esempio per produrre contenitori riutilizzabili per distributori d’acqua, bevande e conservazione di alimenti, ma anche per resine epossidiche impiegate in pellicole e verniciature interne per lattine e contenitori destinati a cibi e bevande.

Secondo quanto emerso dall’analisi dell’EFSA, i prodotti a base di BPA possono trasmigrare in quantità esigue verso gli alimenti e le bevande che essi contengono: ecco perché gli scienziati dell’EFSA ne rivedono periodicamente la sicurezza alla luce dei nuovi dati disponibili. Non voglio generare allarmismi, ma è giusto specificare che la conclusione del comitato scientifico è stata quella di dichiarare il BPA pericoloso per la salute, poiché può influire sull’organismo, la genetica e la nutrizione.

Diventare consumatori consapevoli: come proteggere le nostre tavole

Spesso mi sento chiedere da chi ogni giorno cerca di fare una spesa salutare e sicura come comportarsi di fronte a questi rischi. Il primo pensiero che bisogna sempre tenere a mente è che, per nostra fortuna, nel momento in cui i prodotti alimentari arrivano sui banchi del supermercato, essi hanno già affrontato un lungo iter di controlli di sicurezza e qualità, con la vigilanza costante delle Autorità nazionali ed europee pronte a scongiurare il pericolo di attività fraudolente. 

Questo ovviamente non ci esime dal prestare qualche attenzione in più, non solo per la nostra salute, ma anche per il rispetto dell’ambiente: cercare di ridurre al minimo, se non di eliminare, il consumo di plastiche monouso dentro casa è un ottimo modo per evitare di reimmetterle nel grande ciclo di smaltimento che potrebbe, purtroppo, portarle a inquinare gli ecosistemi. Ad esempio, laddove possibile, preferiamo sempre il consumo dell’acqua del rubinetto, al massimo applicando dei depuratori nei nostri lavabi, piuttosto che acquistare casse d’acqua in bottiglia.

Per tutti quei materiali destinati al contatto con il cibo (i MOCA), se vogliamo essere certi che siano idonei, possiamo individuare sul packaging dei simboli che certificano la provenienza dei materiali d’imballaggio. Ad esempio, il marchio FSC (il cui logo raffigura un alberello) indica che la carta utilizzata per produrre quel packaging proviene da materie prime derivanti da foreste correttamente gestite nel rispetto dell’ambiente. 

Infine, il mio consiglio è sempre quello di leggere le etichette e preferire gli alimenti biologici: sarà facile individuarli poiché non basterà che vi sia scritto “bio” o “biologico” sulla confezione, ma deve essere presente il simbolo del biologico, ovvero una foglia bianca su sfondo verde formata da delle stelline. 

Exit mobile version