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Microplastiche nel piatto, una minaccia per la salute

Microplastiche
Immagine di rorozoa su Freepik

Microplastiche, quanto è indigesto il nostro menù?

Le microplastiche entrano a gamba tesa nella nostra alimentazione e nelle nostre bevande. Con quali effetti è facile immaginarlo. Ma è proprio impossibile farne a meno? È giusto preoccuparsi?

Il fatto è che non ci pensiamo perché non le vediamo: talmente piccole che riescono a penetrare le membrane cellulari. Le microplastiche sono particelle di dimensioni che variano da 0,001 a 5 millimetri; le nanoplastiche sono frammenti ancora più piccoli (inferiori a 0,001 millimetri) e quindi invisibili.

Senza renderci conto, ne produciamo nelle più banali azioni quotidiane, a cominciare dai vestiti che mettiamo in lavatrice. Per non parlare della plastica che finisce in mare e che, con il tempo, si degrada in microplastiche che entrano nella catena alimentare, dal momento che i pesci le ingeriscono.

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Microplastiche nell’organismo

Alcuni studi hanno accertato la presenza di plastica nella placenta, nel latte materno, nel sangue, nei polmoni, e ci sembra già abbastanza grave. Ma quello che è peggio è che l’accumulo di microplastiche nell’organismo aggrava alcune patologie perché crea uno stato infiammatorio che altera lo stato dei tessuti. Senza contare che la sovraesposizione alle microplastiche ne aumenta la tossicità per il nostro organismo.

In Could Microplastics Be a Driver for Early Onset Colorectal Cancer? gli studiosi ipotizzano che dietro all’aumento dell’insorgenza precoce dei tumori del colon-retto ci siano cause ambientali correlate al maggiore uso di materiali plastici, quindi all’inquinamento da plastica e alla degradazione di questi materiali in microplastiche.

Queste, quando attraversano il tratto gastro-intestinale, interagiscono con i normali meccanismi fisiologici.

Alla stessa conclusione è arrivato lo studio Analysis of Microplastics in Human Feces Reveals a Correlation between Fecal Microplastics and Inflammatory Bowel Disease Status: la maggiore esposizione alle microplastiche aumenta significativamente il tasso di patologie infiammatorie a carico dell’apparato gastro-intestinale.

Siamo tutti produttori quotidiani di microplastiche

Normalmente pensiamo alle microplastiche come qualcosa di estraneo al nostro vivere quotidiano, relegato a prodotti industriali come vernici o pneumatici. Invece siamo tutti in prima fila come produttori di microplastiche, presenti praticamente ovunque.

La Commissione Europea ha adottato un Regolamento per limitare la diffusione delle microplastiche, con particolare riferimento a quelle aggiunte intenzionalmente a determinati prodotti che vengono rilasciate  nell’ambiente in modo incontrollato.

Molti i prodotti “incriminati”: il materiale di rivestimento delle superfici sportive, gli ingredienti di alcuni cosmetici (in primis i microgranuli), detergenti e ammorbidenti per i tessuti, glitter, fertilizzanti, prodotti fitosanitari, giocattoli, vestiti sintetici, contenitori per alimenti, bottiglie di plastica e posate di plastica, salviettine umidificate.

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Cosa possiamo fare?

Cominciamo da due cose banalissime, alla portata di tutti. La prima è sostituire le bottiglie di plastica monouso per l’acqua con contenitori riutilizzabili, visto che sono tra i principali imputati. La seconda è evitare di scaldare i cibi al microonde nei contenitori di plastica, dato che le alte temperature causano un degrado in micro e nanoplastiche che finiremmo per ingerire.

Come dimostrano i ricercatori della Columbia University nello studio Rapid single-particle chemical imaging of nanoplastics by SRS microscopy, pubblicato in “PNAS”, in ogni litro di acqua bottiglia sono presenti più di 105 particelle di plastica, soprattutto nanoplastiche, le cui dimensioni ridotte fanno sì che entrino più facilmente nel nostro corpo.

Allo stesso rischio sono esposti perfino i bambini alimentati con latte artificiale preparato nei biberon di plastica.

Alcuni ritengono che forse più delle microplastiche in sé la pericolosità è data dalla quantità e dalla frequenza dell’esposizione; ma, come si è detto, la plastica ormai è nel nostro menù quotidiano.

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