Perché celebrare la Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2024?
La FAO ha istituito la Giornata Mondiale dell’Alimentazione per sensibilizzare le persone su una delle grandi sfide che dobbiamo affrontare: sconfiggere l’insicurezza alimentare.
Pertanto, la Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2024mantiene alta l’attenzione su una serie di problemi non ancora risolti a livello globale, e quelli dell’insicurezza alimentare sono ancora molto lontani dall’essere risolti.
Non per questo si deve abbassare la guardia: non solo si deve cercare di garantire cibo per tutti, ma garantire cibo sano e di qualità, e questo è forse l’aspetto più spinoso della faccenda.
Una dieta inadeguata è tra le cause delle malattie non trasmissibili (obesità, diabete, tumori, malattie cardiovascolari, respiratorie e renali) insieme alla scarsa attività fisica e al consumo di alcool e tabacco.
La data del 16 ottobre vuole ricordare la fondazione della FAO avvenuta nel 1945.
L’insicurezza alimentare in cifre
Guardiamo qualche cifra. Nel 2022 (dati FAO, The state of food security and nutrition in the world) circa 735 milioni di persone hanno sofferto di sottoalimentazione (impossibilità di soddisfare il fabbisogno energetico nel lungo termine); 2,4 miliardi di persone erano in stato di insicurezza alimentare moderata o grave (mancanza di accesso regolare a cibo sufficiente); 258 milioni di persone erano in condizioni di insicurezza alimentare acuta (talmente grave da mettere a repentaglio la vita o i mezzi di sussistenza).
La situazione cambia rispetto alle diverse regioni del mondo. Se la sottoalimentazione e l’insicurezza alimentare moderata o grave sono diffuse a livello globale, l’insicurezza alimentare acuta è specifica di 58 paesi e territori che sono afflitti da crisi alimentari.
Come cambierà lo scenario globale?
Nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2024 le previsioni sull’insicurezza alimentare non sono incoraggianti: si prevede che nel 2030 quasi 600 milioni di persone soffriranno di denutrizione cronica.
Secondo le previsioni, entro il 2050 quasi sette persone su dieci vivranno in città. Questo “esodo” inciderà anche sui sistemi agroalimentari per quanto riguarda l’intera filiera (produzione, trasformazione, distribuzione, approvvigionamento, consumo).
Sarà necessario rivedere il rapporto tra città e campagna, pensando a una maggiore interconnessione tra aree urbane, periurbane e rurali.
Lo scenario geopolitico, afflitto da crisi sempre più aspre, risente della mancanza di equilibrio dovuto a cause diverse che si sovrappongono tra loro e accomunate dagli effetti del cambiamento climatico che ha un ruolo tutt’altro che secondario.
Giornata Mondiale dell’Alimentazione e Obiettivo 2 dell’Agenda 2030
Conflitti, crisi economiche, disuguaglianze sociali mantengono il mondo in uno stato di precarietà che allontana il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.
La Giornata Mondiale dell’Alimentazione ci ricorda che l’Obiettivo 2 (Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile) è talmente in affanno che nel 2030 sarà ancora un obiettivo lontano.
L’Obiettivo 2, in particolare, è strettamente legato agli Obiettivi 1 (Sconfiggere la povertà), 3 (Salute e benessere), 10 (Ridurre le disuguaglianze), 11 (Città e comunità sostenibili), 12 (Consumo e produzione responsabili).
Se l’alimentazione è anche un problema ambientale
Celebrando la Giornata Mondiale dell’Alimentazione dobbiamo però vedere i tanti aspetti rilevanti che rendono importante riflettere sul rapporto con il cibo a livello globale.
Se la lotta alla fame è sicuramente una priorità, anche diminuire l’impatto ambientale dell’agricoltura e degli allevamenti è una questione di sopravvivenza del Pianeta, e quindi anche nostra.
Quale può essere il ruolo dell’agricoltura? Secondo Confagricoltura, la chiave per produrre di più inquinando di meno è nell’innovazione: «Utilizzare tecniche agricole avanzate migliora la resa e riduce le perdite durante la raccolta; le tecnologie di precisione supportano il monitoraggio e la gestione delle colture in modo più efficiente e senza sprechi, grazie all’adozione di strumenti digitali basati su modelli matematici predittivi».
Si possono ridurre gli sprechi nella catena di approvvigionamento alimentare? Confagricoltura sostiene «l’applicazione di un processo di economia circolare a favore del settore primario con misure in grado di valorizzare il riuso degli scarti vegetali e dei sottoprodotti di origine animale per la produzione di energia, o per la produzione di compost e fertilizzanti naturali».
Sempre secondo l’associazione, se gli agricoltori sostengono importanti investimenti a favore di una maggiore sostenibilità il Governo dovrebbe prevedere degli incentivi per portare a compimento una trasformazione di sistema.
Secondo il WWF (Living Planet Report 2024) il 90% della deforestazione è causato dall’alimentazione umana; la produzione di cibo consuma circa il 70% di acqua dolce, causa perdita di biodiversità ed emissioni di gas a effetto serra.
Quello che mangiamo ha un rapporto diretto di causa-effetto con la distruzione di alcuni ecosistemi: siamo disposti a cambiare qualcosa nel nostro stile di vita?
Cosa succede in Italia?
Non è che l’Italia sia messa proprio bene. Nella patria della dieta mediterranea (seguita solo dal 5% della popolazione) più di 3 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare, nel senso che non possono permettersi un pasto sano e nutriente ogni giorno.
Il consumo di cibi processati ricchi di zucchero, grassi e sale fa ma le agli adulti e ancora peggio ai bambini, che sono ai primi posti in Europa per livelli di obesità (9,8%) e sovrappeso (19%) come rileva l’Istituto Superiore di Sanità.
C’è anche un’altra dimensione su cui vale la pena soffermarsi nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione: i disturbi del comportamento alimentare (DCA), che in Italia colpiscono 3 milioni di persone – soprattutto giovani e in prevalenza ragazze –, in aumento vertiginoso dopo il Covid (+30%) e con un preoccupante abbassamento dell’età di esordio dei disturbi (9-11 anni).
Sono patologie costose da curare, richiedono tempi lunghi e un’équipe di figure specializzate: medici, psichiatri, nutrizionisti, infermieri.
Troppo pochi i centri di assistenza, assenza di diagnosi precoci e presenza di pregiudizi: i DCA non sono capricci che si risolvono con la forza di volontà, sono malattie gravi con un’elevata mortalità (3.780 nel 2023, età media 25 anni) che restano silenti per tutta la vita anche dopo un’apparente guarigione.