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Alimentazione, riusciremo a diminuire il suo impatto ambientale?

Cambiamo alimentazione e cambieremo il mondo. Più facile da dire che da fare, anche perché l’impatto ambientale dei sistemi alimentari è un problema globale. Uno studio sostiene che si dovrebbe ridurre del 50% l’uso delle proteine animali, ma quale sarebbe il prezzo sociale da pagare?

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Image by Eszter Miller from Pixabay

di Isabella Ceccarini

Abitudini alimentari e rischi ambientali

(Rinnovabili.it) – Alimentazione e impatto ambientale sono temi strettamente collegati. A dire il vero, l’alimentazione è costantemente sotto accusa e negli anni a venire la situazione promette di diventare sempre più difficile. Un fatto rimane incontrovertibile: entro il 2050 la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere i 10 miliardi di persone, che avranno diritto a un’alimentazione sana e sufficiente. Con questi numeri, la salute del Pianeta sarà sempre più compromessa. Numerosi studi dimostrano che il clima e la biodiversità potrebbero migliorare sensibilmente se cambiassero le abitudini alimentari delle persone.

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Se la sensibilità ambientale sull’alimentazione non è globale non ha senso

Su questi temi l’Unione Europea è particolarmente sensibile, ma la spinta del Green Deal non è sufficiente se la stessa sensibilità non ha dimensioni globali. Quindi va bene la posizione green dell’Europa, ma è ben poca cosa rispetto ai grandi inquinatori del resto del mondo dal momento che viviamo tutti sullo stesso Pianeta.  

“Nature Communications” ha pubblicato uno studio (Feeding climate and biodiversity goals with novel plant-based meat and milk alternatives) che analizza le conseguenze dell’alimentazione sull’ambiente. Gli autori dello studio fanno parte di International Institute for Applied System Analysis, Alliance Bioversity and CIAT, USAID Center for Development, Democracy and Innovation, e Impossible Foods (un’azienda che sviluppa sostituti della carne a base vegetale).

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Cambiare alimentazione per dimezzare il declino dell’ecosistema

Lo studio esamina i risultati ambientali dei cambiamenti nella dieta se si sostituiscono i prodotti di origine animale (manzo, maiale, pollo, latte) con altri a base vegetale, progettati per avere lo stesso valore nutrizionale. Il risultato è che se si diminuisse del 50% il consumo di proteine animali (carne e prodotti lattiero-caseari) si dimezzerebbe il declino dell’ecosistema: nel 2050 le emissioni di gas serra si abbasserebbero del 31% rispetto al 2020 e si fermerebbe il degrado delle foreste e dei terreni. Il beneficio ambientale migliora ulteriormente con il rimboschimento dei terreni agricoli prima riservati agli allevamenti. Inoltre, con il ripristino degli ecosistemi forestali migliora anche la biodiversità.

Rimboschimento e ripristino dei suoli

Il rimboschimento, secondo lo studio, porterebbe un beneficio ambientale sul ripristino dei suoli che arriverebbe al 25% dei bisogni globali stimati. Lo studio valuta lo scenario del 2050 rispetto al 2020: se la superficie agricola diminuisce del 12%, si arrestano il declino delle aree forestali e il consumo di suolo, si dimezza l’azoto nei terreni, il consumo di acqua diminuisce del 10%, le emissioni di gas serra calano del 31%, la denutrizione scende del 3,6% a livello globale.

Lo studio evidenzia le differenze su base regionale, con la relativa differenza di abitudini alimentari e densità di popolazione, nonché di produzione agricola e di accesso ai mercati internazionali.

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Obiettivi climatici e transizione socialmente sostenibile

La drastica riduzione delle proteine animali nell’alimentazione accelera il raggiungimento degli obiettivi climatici e di biodiversità, ma senza politiche mirate rimane un libro dei sogni. Gli stessi ricercatori riconoscono che l’agricoltura e l’allevamento sono le uniche fonti di reddito per i piccoli agricoltori, ma hanno anche un ruolo culturale e di coesione sociale per il territorio.

Qui deve subentrare un’azione politica globale mirata e lungimirante, in grado di accompagnare i piccoli produttori nella transizione dei sistemi alimentari. Pertanto, è giusto e doveroso valutare i rischi ambientali e fare il possibile per evitarli, ma è altrettanto indispensabile che la transizione sia socialmente sostenibile, specie in uno scenario mondiale in cui la sicurezza alimentare globale è un concetto che somiglia a un miraggio.