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Alimentazione, una crisi nella crisi

Secondo la Fao 130 milioni di persone in più soffrono la fame a causa della pandemia. Tra le possibili soluzioni, investire in tecnologia e innovazione per migliorare la produttività agricola e potenziare i meccanismi di protezione sociale

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Foto di Thomas Meyer da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – La Fao ha lanciato l’allarme. La crisi sanitaria che sta sconvolgendo il mondo potrebbe trasformarsi in un’altra crisi globale altrettanto grave: la crisi alimentare. Nel 2019 hanno sofferto la fame 690 milioni persone; secondo le stime, a questa cifra già drammatica, quest’anno si aggiungono altri 130 milioni di persone in condizione di fame cronica per gli effetti della pandemia; circa un terzo della produzione alimentare globale va sprecata. Come arginare la situazione? Secondo il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, l’unica strada possibile è investire in innovazione e tecnologia per migliorare la produttività agricola e contemporaneamente potenziare i meccanismi di protezione sociale.

Esaminando la situazione attuale nel suo complesso, un nodo cruciale sembra essere proprio quello sociale. Ci sono intere categorie professionali che hanno visto crollare improvvisamente il proprio reddito e quindi diminuire drasticamente il loro potere d’acquisto. La vera innovazione nell’agroalimentare, da questo punto di vista, sarebbe l’inclusione anche se ci sono aziende che stanno puntando su innovazioni radicali, come Beyond Meat e Impossible Foods che producono sostituti della carne (alla cui salubrità si dovrebbe dedicare un capitolo a parte, perché non è necessariamente sano tutto quello che non è carne) o come Planet Farms o AeroFarms che puntano sull’agricoltura verticale e idroponica. Se anche da queste innovazioni si ottiene cibo a prezzi inferiori bisogna tenere conto delle implicazioni sociali che riguardano chi lavora nel campo dell’agricoltura o dell’allevamento.

Il costo dell’alimentazione

La nostra alimentazione ha un costo ambientale (circa un terzo delle emissioni di gas serra, inquinamento dell’aria e dell’acqua), sociale come abbiamo accennato, sanitario (un’alimentazione scorretta può causare o aggravare alcune patologie, come obesità e problemi cardiovascolari) ed economico (si calcola che solo nell’UE i danni ambientali costino circa 320miliardi di euro l’anno). 

È ormai evidente l’urgenza di nuovi modelli di alimentazione e di produzione del cibo sia per sfamare una popolazione in crescita, sia per non portare gli ecosistemi a una distruzione senza ritorno. Serve la collaborazione di tutti, governi, imprese, cittadini, istituzioni, a livello pubblico e privato: la crisi ambientale riguarda il Pianeta, ovvero ognuno di noi. Il Green Deal europeo e la strategia Farm to Fork vanno in questa direzione, ma non è scontato il passaggio dalle idee ai fatti. Serve un’informazione corretta per far capire i motivi che sono dietro l’urgenza di una transizione verso pratiche sostenibili, altrettanto urgente è il sostegno economico a coloro che si impegnano per realizzare una transizione che comporta dei costi rilevanti. I consumatori mostrano interesse verso cibi più sani e sono disposti a spendere di più per questo, tuttavia per molti un’alimentazione sana non è economicamente sostenibile: la grande sfida è proprio questa.