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Agronetwork, indagine sui costi della sostenibilità

Quanto costa la sostenibilità ambientale ed economica in agricoltura? Agronetwork ha presentato i risultati di un’indagine da cui emerge che più della metà delle aziende investe nella sostenibilità, anche a fronte di notevoli difficoltà, oneri burocratici e scarsi aiuti pubblici. Eppure la sostenibilità non dovrebbe rappresentare una criticità per le imprese

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Foto di PayPal.me/FelixMittermeier da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Si fa presto a parlare di sostenibilità. Ma cosa significa in concreto per le aziende? Quali sono le difficoltà che un’impresa del settore agroalimentare deve affrontare per coniugare la sostenibilità ambientale con quella economica?

La sostenibilità richiede costi e competenze

Se le grandi aziende possono sopportare questo costo, nel caso di una piccola o media impresa – come sono la maggior parte delle imprese italiane, e quelle agricole in particolare sono molto spesso aziende familiari – cosa comporta in termini di costi? Anche le aziende più motivate sanno che la sostenibilità comporta un costo elevato e richiede competenze specifiche.

Agronetwork – l’associazione costituita da Confagricoltura, Nomisma e LUISS – è nata con l’obiettivo di promuovere l’agrindustria, valorizzare il Made in Italy e favorire la competitività delle imprese agroalimentari attraverso l’integrazione tra produzione, trasformazione industriale e nuovi modelli di business.

Format Research – un istituto di ricerca specializzato nelle indagini sulle imprese – ha condotto per Agronetwork una ricerca su un campione di oltre 1600 imprese agricole e piccole e medie aziende dell’industria alimentare per capire quale sia la loro posizione nei confronti della sostenibilità.

Politiche per la crescita

«Agronetwork ha deciso di affrontare il tema della sostenibilità economica delle aziende agricole e di quelle industriali affinché la resilienza del food system possa esser tale da assorbire gli shock energetici e delle materie prime e consentire in futuro il mantenimento degli obiettivi di natura ambientale e sociale, nonché quelli altrettanto importanti di natura nutrizionale.

I valori ambientali, ormai diventati un prerequisito delle aziende agroalimentari del Paese, non devono assolutamente rappresentare una grave criticità per la redditività delle imprese e la loro vitalità.

Le 350.000 aziende agricole e le 68.000 piccole e medie aziende industriali alimentari costituiscono la spina dorsale del Paese e attendono politiche che possano facilitarne una dinamica evolutiva ed espansiva su scala europea ed internazionale», ha dichiarato Sara Farnetti, presidente di Agronetwork.

Più della metà delle imprese investe nella sostenibilità

Negli ultimi cinque anni il 54,8% delle imprese ha investito nella propria sostenibilità ambientale. Tuttavia, hanno incontrato molte difficoltà a causa dei costi energetici e della carenza di materie prime che hanno caratterizzato il 2022.

Il 45,2% degli intervistati invece ha dichiarato di non avere fatto alcun investimento per diventare più sostenibile.

Diverse le cause: costi rilevanti (45,8%), quadro normativo troppo complesso (24,5%), difficoltà di implementazione di azioni sostenibili (21,8%), mancanza di competenze (20,1%). Non c’è quindi un’esclusione a priori, tanto che il 55% afferma che probabilmente (42,4%) o certamente (12,2%) lo farà nel prossimo futuro.

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Gli ostacoli

Il 75% delle aziende che hanno optato per la sostenibilità mette il peso della burocrazia al primo posto tra gli ostacoli verso la transizione verde (33%).

Un fatto estremamente grave, perché gli impedimenti burocratici sono istituzionali e riesce francamente incomprensibile, oltre che preoccupante, che si remi contro chi vuole essere virtuoso.

Anche per i più “bravi” hanno pesato la mancanza di budget (27,1%), l’impennata dei costi nel corso del 2022 (26%), la complessità delle norme (19,1%) e la mancanza di risorse qualificate (11,7%).

I problemi derivanti dall’attuale scenario internazionale continueranno a pesare anche nel prossimo anno. Guardando ai primi sei mesi del 2023, il 41,4 % delle imprese si vedono costrette a operare con difficoltà o con molte difficoltà (26,6%), il 3,5% saranno costrette a chiudere l’attività.

Manca l’attenzione da parte dello Stato

Il legame tra sostenibilità ambientale ed economica si dimostra indissolubile. Il 53% delle aziende aveva pianificato investimenti nei primi sei mesi del 2023, meno del 60% di esse li effettuerà regolarmente, il 24,2% si dichiara costretta a rinunciarvi in tutto o in gran parte.

Solo il 18% ci crede fino in fondo, tanto che rinuncerà ad altri investimenti ma non a quelli nella sostenibilità ambientale.

Il rapporto con lo Stato si conferma difficile, e non solo per il peso della burocrazia. Infatti per l’87% delle imprese che investono in sostenibilità ambientale lo Stato dovrebbe farsi carico dei costi, o almeno dare un contributo importante.

Tra le richieste delle aziende sono menzionati: incentivi pubblici a sostegno delle imprese (54,3%), detrazioni fiscali o semplificazioni amministrative per le imprese virtuose (46,9%), incentivi per i progetti di reti di imprese per la sostenibilità delle filiere (29,4%), incentivi pubblici per collaborazioni con università ed enti di ricerca (26,7%), campagne di comunicazione per sensibilizzare consumatori e imprese (21,1%).

In merito agli ultimi due punti, gli intervistati ritengono che gli enti e le istituzioni nazionali, locali e comunitarie, come pure le università e gli istituti di ricerca rivestano un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’adozione di policy di sostenibilità ambientale.

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La burocrazia mina la competitività del Made in Italy

Volendo tirare una rapida conclusione, possiamo affermare che più della metà delle aziende agroalimentari italiane crede nella sostenibilità, ma per continuare a farlo ha bisogno di una collaborazione costruttiva da parte dello Stato.

L’Italia ha un peso burocratico che manca in altri Paesi. Questo costituisce un grosso handicap per le imprese, ed è un tema da risolvere subito se non si vuole minare la competitività del Made in Italy.

In ballo non c’è solo l’allineamento alle strategie europee per la transizione verde, ma anche il conseguimento degli obiettivi per accedere ai fondi del PNRR.

Tra le sei missioni indicate, ricordiamo che la prima voce della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” riguarda “Agricoltura sostenibile ed economia circolare”. Sarà bene tenerlo a mente e agire di conseguenza, non solo per una questione puramente economica, ma perché è la direzione giusta da prendere.